Cose serve per creare una stella? Tanta pazienza, per cominciare, ma se non avete dell’idrogeno sicuramente la ricetta non riuscirà (nell’Universo di idrogeno ce n’è tanto… è l’elemento più abbondante). Nelle regioni di formazione stellare, l’idrogeno è un gas fondamentale per dar vita a nuove stelle. Di recente, però, un gruppo di ricercatori guidati dall’italiano Luca Cortese (in forza all’International Centre for Radio Astronomy Research e all’Università del Western Australia) ha utilizzato i dati delle potenti antenne cilene dell’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (Alma) dell’Eso per dimostrare come, per riuscire perfettamente, il processo di formazione stellare non richieda solo la presenza di idrogeno molecolare, ma soprattutto dell’idrogeno atomico.
Le galassie prese in considerazione dal gruppo di ricerca erano già state studiate da Cortese qualche anno fa con Areceibo, il radiotelescopio non movimentabile più grande del mondo, con il quale il ricercatore italiano e la sua collega Barbara Catinella riuscirono a rilevare il segnale emesso dall’idrogeno atomico a distanze mai raggiunte prima. Si tratta del debole segnale proveniente da galassie lontane 3 miliardi di anni luce dalla Terra: una distanza 500 milioni di anni luce maggiore rispetto al record precedente.
E proprio misurare il segnale di idrogeno atomico emesso da galassie lontane è uno degli obiettivi scientifici di quello che sarà il network di radiotelescopi più grande del mondo, lo Square Kilometre Array (Ska), in costruzione in Sudafrica e in Western Australia e che sarà completato fra qualche anno.
Per adesso si sa che nell’universo locale, vicino a noi, circa il 70 per cento dell’idrogeno si trova sotto forma atomica (singoli atomi), mentre tutto il resto è in forma molecolare. Osservando sempre più indietro verso la nascita delle galassie, gli astronomi si sarebbero aspettati di trovare giovani galassie con una quantità sempre più elevata di idrogeno molecolare, ma hanno visto che l’idrogeno atomico rappresenta la maggior parte del gas anche nelle galassie più giovani.
Perché? Abbiamo chiesto qualche chiarimento proprio al primo autore della scoperta, pubblicata questa settimana su The Astrophysical Journal Letters.
Da tempo siamo consapevoli dell’importanza fondamentale dell’idrogeno molecolare nel processo di formazione stellare. Cortese, cosa avete scoperto di nuovo?
«L’idrogeno molecolare è fondamentale per la formazione di nuove stelle. Tuttavia, nell’universo locale gran parte del serbatoio a disposizione delle galassie per formare nuove stelle è in fase atomica. È solo quando il processo di formazione stellare ha inizio che gli atomi “condensano” in molecole. Quello che non era chiaro è se queste conclusioni fossero valide anche quando l’universo era molto più giovane e le galassie formavano molte più stelle. Infatti, negli ultimi anni diversi studi hanno mostrato la presenza di serbatoi di gas molecolare significativamente più grossi di quanto osserviamo localmente, suggerendo che in passato tutto il gas necessario per formare stelle fosse già in fase molecolare. Il nostro studio dimostra che questo non è il caso. Anche in galassie con masse di idrogeno molecolare dieci volte più grandi che nella Via Lattea, il 70 per cento del serbatoio gassoso è ancora in fase atomica».
L’idrogeno atomico è quindi alla base della ricetta per formare le stelle. Che differenza c’è, banalmente, tra idrogeno molecolare e idrogeno atomico?
«Semplicemente l’idrogeno atomico è più caldo e meno denso di quello molecolare e – di conseguenza – non è in grado di collassare e formare stelle. La formazione d’idrogeno molecolare è un passaggio obbligato verso la formazione stellare».
Le antenne cilene sono talmente potenti da farsi strada “facilmente” tra le nubi di polvere e gas stellare altrimenti imperscrutabili e da osservare oggetti molto lontani dalla Terra. Come avete effettuato le osservazioni e quanto tempo è stato necessario per raccogliere tutti i dati?
«La potenza di Alma in questo caso non è stata tanto l’abilità di “vedere” attraverso la polvere, ma la sua straordinaria sensibilità, che ci ha permesso di osservare idrogeno molecolare a distanze enormi: circa 3 miliardi di anni luce. Per ogni galassia l’osservazione è durata circa 4 ore».
Quanto sono utili questi studi, effettuati su galassie anche giovani, per comprendere meglio le origini dell’Universo?
«Questi studi sono importanti per capire l’origine delle galassie. Capire i processi fisici responsabili della conversione di gas in stelle e metalli e come questi cambiano con l’età dell’Universo è alla fine uno degli obbiettivi chiave dell’astronomia extragalattica».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “Alma Shows that Gas Reservoirs of Star-forming Disks over the Past 3 Billion Years Are Not Predominantly Molecular”, di L. Cortese, B. Catinella e S. Janowiecki