Utilizzando i dati raccolti con la rete di radiotelescopi Very Long Baseline Array (Vlba) della National Science Foundation, un gruppo di astronomi guidati dall’italiano Alberto Sanna (in forza all’Istituto di radioastronomia Max Planck in Germania) ha misurato direttamente la distanza di una regione di formazione stellare all’estremità opposta della Via Lattea rispetto al Sole. Il risultato della misurazione è quasi il doppio rispetto ai dati raccolti in passato. Fondamentale è stato l’utilizzo della rete Vlba, oggi ancora il più grande network di radiotelescopi al mondo (fino all’arrivo, fra qualche anno, dello Square Kilometre Array). Si tratta di 10 antenne sparse dalle Hawaii alle isole Vergini americane che funzionano come un unico grande radiotelescopio di ben 8.000 chilometri di diametro. Utilizzando queste antenne sarà possibile in poco tempo (la stima è di 10 anni al massimo) “disegnare” una mappa dettagliata di tutta la Via Lattea, dicono gli esperti.
Le recenti osservazioni Vlba, effettuate nel 2014 e nel 2015, hanno misurato una distanza di oltre 66 mila anni luce dalla regione stellare chiamata G007.47+00.05 sul lato opposto della Via Lattea rispetto alla Terra e al Sole, ben oltre il centro della Galassia dunque, che è distante da noi più di 27 mila anni luce. Il dato precedente per una misurazione di parallasse era di circa 36 mila anni luce.
Sanna ha detto a Media Inaf che la Via Lattea sempre essere più massiccia di quanto atteso: «Le nostre misurazioni permettono un’accurata determinazione della curva di rotazione della Via Lattea, che dipende, ad esempio, dalla quantità di materia oscura nell’alone galattico. Quello che si osserva è che la Via Lattea ruota più velocemente di quanto si pensasse, e confrontando questa curva di rotazione con quella di Andromeda (M31), si ricava che le due galassie sono molto più simili di quanto si pensasse in precedenza».
Gli esperti hanno utilizzato la tecnica della parallasse trigonometrica, fondata su un principio piuttosto semplice che permette di effettuare la misura diretta della distanza di una stella (o di una regione stellare) basandosi interamente sulla geometria e le dimensioni dell’orbita terrestre. Volendo mappare i bracci spiraleggianti della Via Lattea e dovendo misurare la distanza di oggetti situati sull’altro lato del piano galattico, questa è una delle pochissime tecniche davvero utili (ancora più utile sarebbe mandare una sonda oltre la galassia per effettuare delle osservazioni “dall’alto”, ma è fantascienza per adesso!). «Questo metodo, puramente geometrico, consiste nel misurare lo spostamento apparente di un oggetto astronomico nel piano del cielo, dovuto a due diversi punti di osservazione dello stesso oggetto, in particolare, quando la Terra si trova ai due estremi dell’orbita attorno al Sole», spiega Sanna.
Usato per la prima volta nel 1838 per misurare la distanza da una stella, la tecnica della parallasse annua permette di misurare lo spostamento apparente nella posizione di un oggetto celeste visto dai due estremi opposti dell’orbita terrestre intorno al Sole. Questo effetto può essere dimostrato con un giochino che abbiamo fatto tutti almeno una volta da bambini: tenendo un dito davanti al naso e chiudendo alternativamente ogni occhio, il dito sembra saltare da destra a sinistra. Applicare semplici regole trigonometriche al piccolo angolo che corrisponde allo spostamento apparente dell’oggetto permette agli astronomi di calcolare direttamente la distanza da quell’oggetto. Più piccolo è l’angolo, maggiore è la distanza. La potenza delle antenne Vlba sta proprio nel fatto di essere in grado di misurare gli angoli minuscoli associati alle grandi distanze. In questo caso, la misura era approssimativamente uguale alla dimensione angolare di una palla da baseball sulla Luna, con un’incertezza equivalente alle dimensioni di un penny!
Le osservazioni effettuate con i radiotelescopi Vlba consentono di poter misurare “facilmente” la distanza delle stelle appena nate nella nostra galassia, anche quelle più periferiche. Nelle regioni “incubatrici” si formano le molecole di acqua e metanolo che agiscono come amplificatori naturali dei segnali radio. Questo effetto, noto come maser, rende i segnali radio brillanti e facilmente osservabili – appunto – con i radiotelescopi. Dato che nella Via Lattea ci sono molteplici regioni in cui la formazione stellare è ancora attiva, sarà facile in futuro captare il loro segnale per rendere più precisi i “confini” della mappa galattica.
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “Mapping spiral structure on the far side of the Milky Way“, di Alberto Sanna, Mark J. Reid, Thomas M. Dame, Karl M. Menten e Andreas Brunthaler
- Il risultato fa parte della “The BeSSeL Survey”. Puoi trovare qui ulteriori info sul progetto.
Integrazione del 13/10/2017: nella versione attuale è stato esplicitato il riferimento ai maser, prima solo implicito