È sua la copertina del numero di Nature Astronomy dedicato al tuffo di Cassini nella pancia di Saturno. Come sue, d’altra parte, sono anche tutte le illustrazioni che colorano le conferenze pubbliche cui partecipa come relatore e che, almeno negli Stati Uniti, lo hanno già trasformato in una piccola celebrità.
Il suo nome è James Tuttle Keane ed è uno dei giovani ricercatori dell’Università dell’Arizona dove principalmente si occupa di formazione ed evoluzione dei corpi del Sistema solare: pianeti, satelliti naturali e piccoli oggetti celesti. La sua specialità è lo studio dell’interazione tra dinamiche rotazionali, orbitali e processi geologici che interessano i pianeti, siano essi rocciosi o ghiacciati. Ma se è finito sulla prima pagina di una fra le più prestigiose riviste scientifiche al mondo, Keane lo deve anzitutto alla sua straordinaria capacità di disegnare l’universo a mano libera.
Se siete ancora fermi all’idea dello scienziato in bianco e nero, con camice e folta barba bianca, allora benvenuti nel cosmo a colori di James Tuttle Keane. Il planetologo con il taccuino, quello dove annotare pensieri in libertà e, perché no, dare forma a quello che uno scienziato immagina debba succedere su mondi lontani e su cui non ha ancora avuto la fortuna di mettere piede.
Le illustrazioni scientifiche di Keane sono un bell’esempio della creatività a cui deve ricorrere uno scienziato che voglia far bene il proprio mestiere. «Ricostruire la storia geologica di un pianeta lontano non è solo questione di saper leggere più o meno bene un cumulo di rocce», spiega Keane. «Nel mio lavoro è fondamentale ricorrere ad esperimenti concettuali, provare a ricostruire mentalmente come potrebbero essere andate le cose: è tutto nella nostra immaginazione. Fare uno schizzo su un foglio di carta, dare forma e colore a quello che vediamo oggi e che forse si è formato decine o centinaia di milioni di anni fa, mi aiuta a descrivere e comprendere meglio quello che vedo in forma di dati».
L’arte, come la scienza, è dunque un metodo con cui l’uomo rappresenta a se stesso la realtà che lo circonda per meglio comprendere e sviscerarne i segreti. Del lavoro di matita, inchiostro, vernice acrilica e postproduzione digitale a marchio Keane abbiamo raccolto qui di seguito un piccola selezione.
Per chi vuole approfondire, il consiglio è dare un’occhiata al profilo Twitter di James Tuttle Keane: @jtuttlekeane.
Off to another week of science sketching! #DPS17 pic.twitter.com/WQ8xKhuCYT
— James Tuttle Keane (@jtuttlekeane) 16 ottobre 2017
The road back to Pluto begins here. #DPS17 workshop for Pluto/Kuiper Belt follow on missions. pic.twitter.com/ILSMGdBJOi
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The Kuiper Belt is replete with diverse objects, each worthy of future exploration (hopefully much sooner than the era of Discovery) #DPS17 pic.twitter.com/vf2Tbkf8SY
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Jason Hofgartner—Triton had active plumes, why doesn’t Pluto? Maybe we visited in the wrong season. #DPS17 pic.twitter.com/kFVrpG7mkl
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Peter Buhler—pits on Pluto’s convective cells grow by sublimation as they move towards cell margins at ~7 cm/yr #DPS17 pic.twitter.com/tPJnoTqHUR
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Dale Cruikshank—solid state greenhouse might operate in Pluto’s icy/tholiny regolith, possibly causing blow outs and mobilizing it #DPS17 pic.twitter.com/5VFFu2jzPm
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Orkan Umurhan—Extensive evidence for pervasive paleo-glaciation on Pluto. Still working out exactly how glaciers flow and erode Pluto #DPS17 pic.twitter.com/AvhcSB1QSC
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Tanguy Bertrand—Sputnik Planitia is shaped by feedbacks between climate, dynamics, and ice over a variety of timescales #DPS17 pic.twitter.com/dhypp1qIK4
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Alissa Earle—Methane is widely distributed in unusual ways across Pluto. Methane on peaks and southern slopes of Al-Idrisi montes #DPS17 pic.twitter.com/qZV76i4lnV
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Andy Ingersoll—Juno is revealing the interior of Jupiter. Amongst the many discoveries: the great red spot has a root! #DPS17 pic.twitter.com/cEMSUAaNTf
— James Tuttle Keane (@jtuttlekeane) 16 ottobre 2017