Che suono hanno i raggi cosmici? Beh, non possiamo ancora dirlo con esattezza, ma quello che è possibile fare è una scrivere una melodia basata sui dati raccolti dalle sonde che viaggiano nello spazio. Nello specifico parliamo delle informazioni “portate a casa” in 40 anni dalla sonda Nasa Voyager 1. Due ricercatori e compositori hanno creato un’intera melodia (tre minuti di orchestra e strumenti classici) basandosi sui dati invitati a terra dalla sonda americana. L’opera verrà presentata al pubblico lunedì 13 novembre.
Domenico Vicinanza (Anglia Ruskin University e Geant) e Genevieve Williams (University of Exeter) hanno deciso di celebrare in musica il 40esimo compleanno di Voyager 1 (lanciata nel 1977 da Cape Canaveral in Florida) trasformando in note (in suoni) i dati catturati dallo strumento Low-Energy Charged Particle (Lecp), cioè uno speciale telescopio progettato dalla Nasa per “catturare” protoni, raggi alfa e nuclei pesanti nello spazio.
Il processo di sonificazione, cioè trasformare i dati in suono, è entrato a far parte della routine di molti gruppi di ricerca. È una delle tante forme di divulgazione che avvicinano gli scienziati al pubblico generalista: descrivendo la scienza in musica, gli esperti cercano di spiegare in maniera accattivante le loro scoperte (come il suono della cometa 67P) e ci riescono per il filone “musica dallo spazio” ha un grande successo sui media.
Ogni singolo numero e dato raccolto dal 1977 dalla sonda Voyager 1 è stato convertito in nota musicale, creando una melodia suonata da un’orchestra vera e propria (violini, flauti, pianoforte e corno francese). Vicinanza e Williams si sono occupati di tutto il processo, dalla melodia alle armonie passando per l’orchestrazione.
Abbiamo fatto qualche domanda al compositore, Domenico Vicinanza, per capire meglio il processo che ha portato alla nascita di questa colonna sonora spaziale.
Come è stata creata questa melodia cosmica?
«La melodia è stata creata in fasi, dapprima creando una melodia attraverso un procedimento chiamato sonificazione dei dati sperimentali, in seguito attraverso l’arrangiamento per orchestra sinfonica della melodia».
Come si passa da numeri e freddi dati scientifici a vere e proprie note musicali?
«I dati raccolti dal Low Energy Charged Particle detector, a bordo della Voyager 1, sono stati associati a note musicali. Il processo di conversione è una vera e propria mappatura, intervalli tra numeri sono trasformati in intervalli tra note musicali. Crescita e decrescita del numero di particelle che arrivano al Lecp diventano quindi sequenze di note, melodie crescenti e decrescenti».
Quali sono gli strumenti coinvolti e perché sono stati scelti proprio questi? Hanno un legame preciso con i dati raccolti da Voyager 1?
«Gli strumenti sono stati scelti in base alla loro capacità di suonare in modo naturale le note generate dalla sonificazione. I dati dal 1977 al 2012 sono suonati dai violini secondi, raddoppiati dai corni e dal pianoforte durante i periodi in cui la sonda ha visitato (è entrata ed è uscita dall’orbita) Giove e Saturno. Nel 2012, Voyager 1 lascia il Sistema solare, le note diventano più acute e i violini secondi lasciano il posto a flauto, ottavino, glockenspiel (metallofono) con accompagnamento di arpa e celesta. La tonalità cambia da do maggiore a mi bemolle maggiore. L’orchestrazione segue, sottolinea, mette in evidenza i cambiamenti, esattamente come i cambi di colore e spessore delle linee rendono porzioni di un grafico più evidenti».
I tre minuti di musica raccontano la storia osservativa della sonda. La trasposizione in musica dei dati numerici è un ottimo strumento per la divulgazione scientifica. Cosa ne pensa?
«Assolutamente, nonostante questo brano sia stato scritto per celebrare i 40 anni di Voyager, l’approccio che Genevieve ed io abbiamo seguito nella mappatura e rappresentazione dei dati è assolutamente rigoroso. La musica è un linguaggio incredibilmente ricco ed è un ottimo strumento per la divulgazione scientifica e la comunicazione di risultati e scoperte».