L’osservatorio per raggi gamma e raggi cosmici High-Altitude Water Cherenkov (Hawc), situato su un fianco del vulcano di Sierra Negra, in Messico, a 4100 metri, ha catturato la prima immagine ad ampio campo di raggi gamma di due pulsar in rapida rotazione. Il risultato, pubblicato oggi su Science, pone severi limiti alla possibilità che questo tipo di eventi possa essere la causa della presenza di un eccesso di particelle di antimateria attorno alla Terra.
Nel 2008 gli astronomi avevano osservato un numero inaspettatamente elevato di positroni – i cugini antimateria degli elettroni – in orbita a poche centinaia di chilometri sopra l’atmosfera terrestre. Da allora, cercando di spiegare l’anomalia, gli scienziati si sono divisi su due teorie concorrenti. Alcuni hanno suggerito una spiegazione semplice: le particelle in più potrebbero provenire da pulsar a noi vicine, che ruotando diverse volte al secondo spargerebbero con violenza elettroni, positroni e altro tipo di materia. Secondo altri scienziati, invece, i positroni in eccesso potevano essere dovuti a processi che coinvolgono la materia oscura – la sostanza invisibile ma pervasiva per la quale abbiamo fino a ora come unica prova la sua attrazione gravitazionale.
Utilizzando i nuovi dati dall’osservatorio Hawc, i ricercatori hanno effettuato le prime misure dettagliate di due pulsar, precedentemente identificate come possibili sorgenti d’eccesso di positroni. Ma il conto delle particelle provenienti da questi due residui di stelle non è risultato compatibile con l’ipotesi che le responsabili fossero proprio loro, nonostante avessero l’età e la distanza giuste per esserlo. Si è infatti scoperto che le due pulsar sono circondate da una nube torbida ed estesa che impedisce alla maggior parte di positroni di fuggire.
Tra gli scienziati del team internazionale che ha firmato la scoperta e il cui primo autore è Francisco Salesa Greus, post doc dell’Istituto di fisica nucleare di Cracovia (Polonia), c’è anche Sabrina Casanova, professore associato che dirige in Polonia il gruppo di ricerca, interamente finanziato con un grant del Polish Science Centre e che si è occupata in particolare dell’interpretazione teorica dei risultati sperimentali ottenuti. Dopo aver vinto, nel 1998, una borsa di dottorato a Pavia con una tesi di fisica adronica, svolta per lo più all’Università di Wuppertal in Germania, dal 1999 Casanova si è trasferita all’estero, prima in Germania, poi negli Stati Uniti, a Los Alamos. Oggi vive con la famiglia a Heidelberg, e lavora principalmente al Max Planck Institute for Nuclear Physics di Heidelberg, dove nell’ambito di Hawc svolge il ruolo di fenomenologa. Media Inaf l’ha intervistata.
Casanova, cosa ha visto Hawc che altri osservatori non hanno visto?
«Grazie al suo esteso campo di vista ed alla sua ottima sensibilità per fotoni con energie superiori al TeV (1 TeV = 1012 eV), Hawc è fino ad ora l’unico strumento in grado di osservare le estese nubi (nebulae) di fotoni gamma attorno alla pulsar Geminga e alla pulsar Psr B0656+14. Tali nubi hanno origine dalle interazioni degli elettroni e positroni ultrarelativistici con i fotoni della radiazione di fondo cosmico. In altre parole, osservando le nubi gamma attorno alle due pulsar si ha informazione diretta sugli elettroni e sui positroni accelerati da tali sorgenti astrofisiche. Inoltre dalla morfologia della radiazione gamma si possono ottenere informazioni circa le modalità del trasporto delle particelle nelle nubi».
Come siete giunti a escludere queste due pulsar come fonti dell’eccesso di positroni rilevato vicino alla Terra?
«Dal flusso e dalla morfologia della radiazione gamma misurata da Hawc proveniente dalle due pulsar, abbiamo dedotto che pulsar di media età, quali Geminga, sono ancora in grado di accelerare elettroni e positroni ad altissime energie. Tuttavia queste particelle vengono confinate a lungo nelle nubi, e non hanno avuto il tempo di raggiungere la Terra da quando Geminga e la sua cugina si sono formate».
Quindi cos’avete concluso?
«La misurazione di Hawc mette in discussione l’idea che i positroni in eccesso misurati vicino alla Terra siano prodotti dalle pulsar più prossime al Sistema solare. Ciononostante, va detto che tale risultato dipende dall’assunzione che i positroni si diffondano dalle stelle di neutroni fino a noi, e non si muovano invece lungo traiettorie, per esempio balistiche, come proiettili. La misurazione di Hawc non decreta in maniera definitiva che l’eccesso di positroni abbia origine dalla materia oscura, ma sicuramente ogni nuova teoria che si proponga di spiegare tale eccesso dovrà necessariamente tenere in conto il nostro risultato.»
Pur non avendo la certezza che si tratti di materia oscura, avete avanzato l’ipotesi che possa essere l’unica spiegazione possibile. Quale esito sarebbe per voi più sorprendente: la conferma che si tratti realmente di materia oscura o che il modello di studio delle pulsar sia da rivedere?
«La conferma che i positroni in eccesso sono prodotti da materia oscura sarebbe per me estremamente sorprendente. A mio avviso si può chiamare in causa la materia oscura solo quando tutte le possibili spiegazioni astrofisiche sono state contraddette. Per esempio, vi sono ricercatori italiani, come Paolo Lipari, che sostengono che l’eccesso di positroni sia perfettamente spiegabile considerando correttamente la propagazione di particelle nella Galassia. Voglio aggiungere che l’astronomia gamma, sebbene sia una branca molto giovane dell’astronomia, conta su una variegata popolazione di sorgenti, dalle pulsar ai resti di supernova, dal centro galattico ai Grb, ma anche stelle binarie, Agn, eccetera. Questo ci dice che moltissimi oggetti astrofisici realizzano le condizioni estreme per accelerare le particelle ad energie migliaia, o addirittura milioni, di volte superiori a quelle raggiunte negli acceleratori terrestri quali Lhc. Quindi non escludo che anche questa volta si possa trovare una spiegazione astrofisica all’eccesso di positroni, magari proprio riconsiderando il modello di pulsar».
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “Extended gamma-ray sources around pulsars constrain the origin of the positron flux at Earth“, di A. U. Abeysekara et al.