È una storia a lieto fine quella di Sn 2015J, una supernova tanto brillante e peculiare quanto inizialmente senza una dimora certa. Scoperta il 27 aprile del 2015 all’Osservatorio di Siding Springs in Australia, è stata classificata come supernova di tipo IIn, una categoria alquanto rara per questa classe di oggetti celesti. Ma tra i suoi dati identificativi era rimasta tristemente vuota la casella del “domicilio”, ovvero la galassia all’interno della quale è esplosa. Tanto che gli astronomi l’avevano etichettata come “orfana”, andando così ad aggiungersi al nutrito gruppo di oltre cinquemila supernove ad oggi nelle stesse condizioni. Supernove che potrebbero effettivamente essere esplose nel bel mezzo del nulla (lontano cioè dalle galassie), originate da stelle massicce alla fine del loro ciclo vitale espulse a gran velocità dal loro sito originario di formazione. Ma che, invece, potrebbero sembrarci tali solo perché le loro galassie ospiti sono troppo lontane o troppo deboli.
Per risolvere il caso di Sn 2015J, un gruppo di ricercatori, guidato da Achille Nucita (Università del Salento e Infn sezione di Lecce, nonché associato Inaf) e a cui ha partecipato Vincenzo Testa dell’Istituto nazionale di astrofisica di Roma, ha organizzato una campagna osservativa che ha utilizzato la camera Fors2 montata sul telescopio da 8,2m Vlt dell’Eso e le camere Imacs (nell’ottico) e FourStar (nel vicino infrarosso) montate al telescopio Magellan da 6,5 m dell’osservatorio Las Campanas, sempre in Cile. Le immagini raccolte hanno confermato che Sn 2015J una casa in effetti ce l’ha: si trova all’interno di una galassia molto compatta e debole, con un’estensione pari a circa un trentesimo della nostra, la Via Lattea.
«Che il fenomeno fosse particolarmente interessante è dimostrato dal fatto che due osservatori importanti come il Paranal dell’Eso e il Las Campanas della Carnegie Institution di Washington ci hanno concesso tempo di osservazione straordinario con i loro telescopi giganti» commenta Testa, in forza all’Inaf-Osservatorio astronomico di Roma. «Grazie alle osservazioni nella bande ottiche e del vicino infrarosso siamo riusciti a identificare la galassia ospite che si presenta come una galassia nana dotata di un debole disco e di un nucleo più brillante nel quale è avvenuta l’esplosione di Sn 2015J. Le galassie nane sono di particolare interesse perché pensiamo che siano i mattoni fondamentali con cui si formano le galassie più grandi. In questo caso, si tratta di una galassia circa 30 volte più piccola della nostra Via Lattea, dove eventi di supernova di questo tipo sono quindi molto più rari».
Altre interessanti informazioni sulla supernova ci arrivano dalle osservazioni nei raggi X condotte dai telescopi spaziali. All’epoca dell’esplosione, Sn 2015J è stata studiata con la camera Xrt del satellite Swift e, circa un anno dopo la sua prima apparizione, la stessa sorgente è stata identificata in maniera occasionale durante osservazioni eseguite ancora da Swift e dal satellite dell’Esa Xmm-Newton. E proprio le eccellenti caratteristiche di Xmm-Newton hanno permesso di identificare, in soli 7 secondi (un tempo molto breve per osservazioni nei raggi X), la controparte nei raggi X di Sn2015J che, un anno dopo l’esplosione, mostrava ancora un flusso 30 volte superiore rispetto a quello iniziale nella banda compresa tra 0.3 e 10 keV (kilo elettronvolt).
Successive osservazioni con Swift/Xrt hanno mostrato che la sorgente è ancora attiva nei raggi X e che risulta una delle più brillanti supernove giovani mai osservate nei raggi X. «Sono state le osservazioni in banda X da parte dei satelliti Xmm-Newton e Swift che hanno portato a pensare che Sn 2015J sia stata una supernova di tipo IIn» dice Nucita, primo autore dell’articolo che descrive l’indagine sulla supernova, pubblicato oggi sul sito web della rivista The Astrophyiscal Journal. «Se quest’ipotesi fosse confermata, essa porrebbe Sn 2015J tra gli eventi di questo tipo più luminosi finora osservati nei raggi X. A maggior ragione per il fatto che all’inizio sembrava un evento orfano, ovvero avvenuto nello spazio intergalattico, e non in una galassia ospite come di solito avviene. A onore del vero, la curva di luce non esclude però completamente che possa anche essere stato un caso di distruzione mareale – altri casi simili sono stati osservati in passato – e questa prospettiva rende questa ricerca ancora più eccitante».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “Optical, Near-IR, and X-Ray Observations of SN 2015J and Its Host Galaxy“, di A. A. Nucita, F. De Paolis, R. Saxton, V. Testa, F. Strafella, A. Read, D. Licchelli, G. Ingrosso, F. Convenga e K. Boutsia