C’è stata un’epoca in cui anche la nostra galassia, la Via Lattea, aveva nel cuore un buco nero supermassiccio in piena attività. Quel buco nero è ancora lì: si chiama Sgr A* (abbreviazione di Sagittarius A* , proprio così, con l’asterisco), “pesa” la bellezza di quattro milioni di soli ma da tempo, ormai, se ne sta abbastanza quieto: trangugia e rumina gas od oggetti di passaggio di tanto in tanto, dimentico della voracità del passato – quand’era nel pieno di quella che gli astrofisici chiamano “fase Agn”, vale a dire quand’era anch’esso un nucleo galattico attivo. E per fortuna: oltre a divorare quel che agguantano, i buchi neri supermassicci attivi, nei periodi di massimo accrescimento, emettono anche una quantità di radiazione spaventosa. Tale da pregiudicare la possibilità di vita in ampie porzioni delle galassie che li ospitano.
Proprio della possibilità di vita in quell’epoca difficile e violenta si occupa uno studio, uscito oggi su Scientific Reports, firmato da due astrofisici dell’Università di Roma Tor Vergata, Amedeo Balbi e Francesco Tombesi. Media Inaf li ha intervistati.
Balbi, nel vostro studio fate riferimento alle “regioni galattiche abitabili”, che un po’ come la fascia d’abitabilità attorno alle stelle indicherebbero dove la vita è forse possibile. Quello di zona Goldilocks è dunque un concetto applicabile anche alle galassie?
«Sì, l’idea che esistano regioni della Via Lattea più favorevoli alla vita è stata esplorata in diversi studi negli anni passati: in linea di massima, è meglio non essere troppo vicini al centro galattico, dove la densità di stelle è più alta e c’è maggiore probabilità di capitare vicino a eventi potenzialmente catastrofici (come esplosioni di supernove, gamma ray bursts, eccetera). D’altra parte, alla periferia galattica c’è minore abbondanza di elementi più pesanti, che servono sia a formare pianeti che molecole utili dal punto di vista biologico. Quindi meglio stare in una zona intermedia, guarda caso quella in cui si trova il Sole! Il nostro studio espande e rafforza queste conclusioni, mostrando per la prima volta che anche il buco nero centrale può essere stato dannoso per la vita e che quindi dobbiamo tenerne conto nel calcolo della zona abitabile galattica».
E il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea, Sgr A*? In che modo può avere avuto impatto sulla vita?
«Gli effetti principali sono due. Intanto, le radiazioni prodotte da Sgr A* possono aver causato l’evaporazione dell’atmosfera di pianeti simili alla Terra, rendendoli meno adatti alla vita. Inoltre, come si sa, le radiazioni ionizzanti non fanno bene agli organismi viventi, soprattutto quelli più complessi, multicellulari. Perciò, sui pianeti privi di protezione atmosferica, la vita di superficie potrebbe aver subito danni molto gravi, fino ad arrivare alla sterilizzazione completa».
Là dove sono giunte con forte intensità, queste emissioni avrebbero sterilizzato proprio tutto, facendo piazza pulita di qualsivoglia eventuale dna in circolazione, o qualche eventuale forma di vita potrebbe essere riuscita a reggere comunque l’impatto?
«Noi oggi sappiamo che sulla Terra esistono organismi unicellulari in grado di tollerare livelli di radiazione molto elevati, e addirittura di sopravvivere nello spazio aperto. Quindi è possibile che qualche organismo particolarmente resistente possa adattarsi e resistere anche in presenza di emissioni molto energetiche. Inoltre, la vita potrebbe trovare nicchie riparate, per esempio nel sottosuolo o sotto oceani abbastanza profondi. Certamente, però, la presenza di una biosfera ricca come quella terrestre sarebbe improbabile in presenza di livelli di radiazione elevati e prolungati nel tempo».
Ecco, a proposito della Terra: l’iperattività del buco nero centrale risale a troppi miliardi d’anni fa, per averci riguardato, oppure qualche effetto potrebbe averlo subito anche il nostro pianeta?
«La fase iniziale di accrescimento di Sgr A*, corrispondente al periodo di massima attività, non dovrebbe aver interessato la Terra, ma non si può escludere qualche episodio di minore attività più recente. Ad ogni modo, secondo i nostri calcoli, la Terra si trova comunque in una regione “sicura”, quantomeno rispetto alle conseguenze più catastrofiche».
Capovolgendo il ragionamento: l’esistenza della vita sulla Terra ci dice qualcosa sulla storia di Sgr*? Intendo, il fatto stesso che ci siamo vi ha aiutato a collocarne e quantificarne l’attività negli ultimi cinque miliardi di anni?
«Come dicevo, noi siamo piuttosto lontani da Sgr A* e gli effetti, ammesso ci siano stati, non devono essere stati troppo violenti. Tuttavia, sarebbe certamente interessante investigare meglio un’eventuale relazione tra l’evoluzione dell’ambiente del nostro pianeta e l’attività passata di Sgr A*, per scoprire magari effetti di minore entità ma interessanti: si tratta di un campo ancora poco esplorato, su cui c’è molto lavoro da fare. Il nostro studio, in effetti, mostra come l’argomento sia meritevole di attenzione e indica una nuova linea di ricerca».
Tombesi, per collocare nel tempo la fase scatenata di Sgr A* mi rivolgo a lei: quando ha avuto inizio, e quanto è durata?
«Utilizzando studi statistici di altre galassie attive si può stimare che la fase di massimo accrescimento di Sgr A* sia sicuramente avvenuta entro qualche miliardo di anni fa. Considerando il “tempo di Salpeter”, che corrisponde al tempo in cui il buco nero raddoppia la propria massa attraverso accrescimento di gas, stimiamo che abbia avuto una durata circa 50 milioni di anni».
Potrà mai riattivarsi? E se sì, ci saranno segnali premonitori?
«Le osservazioni delle “Fermi Bubbles” nella Via Lattea ci indicano che Sgr A* può avere avuto fasi di accrescimento intermittenti anche qualche decina di milioni di anni fa. Inoltre, osservazioni recenti di nubi nelle vicinanze di Srg A* indicano che, se catturate dal buco nero, potrebbero dar vita a nuove fasi di accrescimento. La quantità di gas a disposizione durante questi eventi però è probabilmente limitata e non dovremmo preoccuparci troppo. Sicuramente, però, in tempi molto più lunghi, dell’ordine di alcuni miliardi di anni, la nostra Via Lattea entrerà in collisione con la galassia di Andromeda e i due buchi neri supermassicci nel loro centro potrebbero riattivarsi, grazie alla enorme quantità di gas che verrà messa in moto».
Per saperne di più:
- Leggi su Scientific Reports l’articolo “The habitability of the Milky Way during the active phase of its central supermassive black hole”, di Amedeo Balbi e Francesco Tombesi