Le sorprese non finiscono mai quando si parla del buco nero supermassiccio ospitato nel cuore della nostra galassia, noto come Sagittarius A*. Se da una parte la sua attività passata potrebbe seriamente aver inibito il processo di formazione della vita in una ampia zona della Via Lattea, come suggerisce lo studio appena pubblicato su Scientific Reports, dalle lontane terre del Chajnantor, nelle Ande cilene, il telescopio Alma (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) cattura i segni rivelatori di undici giovanissime stelle di piccola massa formatesi a una distanza pericolosamente piccola da esso: appena tre anni luce.
Lo studio, pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal Letters, descrive la presenza di stelle in formazione dove in realtà non dovrebbero esservene: la distanza da Sagittarius A* è infatti così ravvicinata che la zona è dominata da potenti forze di marea prodotte dal buco nero supermassiccio, e immersa in un’area densa di raggi ultravioletti e X così energetici da strappare via materia dalle nubi di polvere e gas da cui possono formarsi nuove stelle di piccola massa, paragonabili al nostro Sole. Invece Alma ha rivelato gli spettri di undici protostelle, una tipologia il cui stadio formativo si frappone tra una densa nube di gas e una stella giovane e splendente. La sorprendente scoperta fa riflettere sulle condizioni necessarie per sostenere la formazione di nuove stelle di piccola massa che, a questo punto, può verificarsi anche in una delle regioni più turbolente della nostra galassia e, forse, in luoghi simili in tutto l’universo.
«A dispetto di tutte le probabilità, abbiamo avuto la migliore controprova di come possano formarsi stelle di piccola massa sorprendentemente vicine al buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea», dice Farhad Yusef-Zadeh, astronomo della Northwestern University di Evanston, Illinois, e primo autore della ricerca. «Questo è un risultato davvero sorprendente e dimostra quanto sia efficiente la formazione stellare, anche nei posti più improbabili».
Ma la sorprese non finiscono qui. Infatti i dati di Alma rivelano agli astronomi che queste protostelle hanno circa 6000 anni. «Questo è importante perché è la primissima fase di formazione stellare che abbiamo trovato in questo ambiente decisamente ostile», ha ribadito Yusef-Zadeh.
Ma come hanno capito che si trattava proprio di protostelle? Il team di ricercatori le ha identificate vedendo i classici “doppi lobi” di materiale che si stagliano da esse. Queste forme cosmiche simili a clessidre segnalano le prime fasi della formazione stellare. Le molecole, come il monossido di carbonio (CO), in questi lobi si illuminano intensamente in una luce di lunghezza d’onda millimetrica, che Alma può osservare con notevole precisione e sensibilità. Yusef-Zadeh e il suo team hanno usato Alma per confermare che le masse e le velocità della materia presente nei getti espulsi sono simili a quelle delle giovani protostelle presenti nel disco della nostra galassia.
«Il passo successivo sarà monitorare il destino delle protostelle per verificare e confermare la presenza di dischi di gas polveroso. È probabile che i pianeti si formeranno all’esaurirsi di questo materiale, come nel caso delle giovani stelle nel disco galattico», conclude Mark Wardle, astronomo della Macquarie University di Sydney, in Australia, anch’egli nel team che ha condotto la ricerca.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “ALMA Detection of Bipolar Outflows: Evidence for Low Mass Star Formation within 1pc of Sgr A*“, di F. Yusef-Zadeh et al.