Un folto gruppo di ricercatori guidati dagli scienziati dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) ha scoperto un esempio particolare di getto relativistico, la cui emissione – per una specie di effetto faro – viene esaltata a frequenze diverse in tempi diversi. Si tratta di una potente forma di espulsione di plasma ed energia proveniente da un buco nero supermassiccio al centro di un nucleo galattico attivo, ma il getto ha una forma sinuosa – che ricorda quella di un serpente – ed è disomogeneo. I ricercatori dell’Inaf di Torino hanno condotto le osservazioni guidando un’intensa campagna osservativa multifrequenza nell’ambito della collaborazione internazionale Whole Earth Blazar Telescope (guidata da Massimo Villata della sede torinese dell’Inaf).
Nella seconda metà del 2016 il blazar Cta 102 ha mostrato un rapido aumento di luminosità ottica, catturando l’attenzione di tutti gli studiosi del settore. Il picco è stato registrato il 28 dicembre, con una variazione di circa 6 magnitudini rispetto ai livelli di minimo osservati negli anni precedenti. L’evento è stato eccezionale e Cta 102 è stato classificato come il blazar più luminoso mai osservato.
Il getto è stato osservato da più di 40 telescopi in una trentina di osservatori sparsi nell’emisfero nord della Terra, tra cui diversi gestiti dall’Italia. Gli scienziati guidati dall’Inaf hanno raccolto migliaia di dati in diverse frequenze dello spettro, nell’ottico, radio e vicino infrarosso, permettendo la ricostruzione delle curve di luce nel dettaglio. Durante la campagna osservativa della sorgente (iniziata nel 2008) è stato possibile acquisire informazioni polarimetriche e spettroscopiche. Tra gli strumenti dell’Inaf coinvolti ci sono il Telescopio nazionale Galileo (Tng) alle Canarie, il telescopio ottico Schmidt e quello nel vicino infrarosso entrambi a Campo Imperatore.
«Tutti i dati raccolti ci hanno permesso di convalidare l’ipotesi che la variabilità mostrata da questo oggetto sia dovuta a cambiamenti del fattore Doppler relativistico», ha commentato Claudia M. Raiteri, prima autrice dello studio pubblicato oggi sulla rivista Nature nonché ricercatrice astronoma presso Inaf di Torino. «L’emissione dei blazar è dominata, infatti, dalla radiazione proveniente da uno dei getti relativistici, che punta verso di noi. L’allineamento, grazie all’effetto di beaming relativistico, amplifica il flusso osservato e causa anche un aumento Doppler delle frequenze e una contrazione dei tempi scala di variabilità», ha spiegato.
È proprio questa contrazione dei tempi, insieme all’aumento dell’ampiezza delle variazioni di flusso, che gli scienziati del team internazionale hanno potuto verificare osservando l’eccezionale outburst (esplosione di luminosità) di Cta 102, al culmine del quale la luminosità ottica del getto ha superato di 3500 volte il suo livello minimo.
Villata ha specificato: «La nostra interpretazione è che il getto sia curvo e disomogeneo, cioè che emetta radiazione con frequenza diversa da regioni diverse, e che queste regioni cambino orientamento nel tempo a causa di instabilità sorte nel getto e/o di moti orbitali, ipotizzando che il motore centrale del nucleo galattico attivo sia un sistema binario di buchi neri, o di precessione. Secondo tale interpretazione il formidabile aumento di luminosità è stato il risultato di un maggiore allineamento (avvenuto circa 8 miliardi di anni fa) della regione del getto responsabile dell’emissione ottica alla nostra linea di vista».
Raiteri ha concluso dicendo che «la nostra interpretazione trova supporto sia teorico che osservativo. Le simulazioni numeriche magnetoidrodinamiche relativistiche in 3D realizzate dai colleghi simulatori, in particolare qui all’Osservatorio di Torino dell’Inaf, mostrano l’insorgere di instabilità nel getto, che lo distorcono. D’altra parte, l’analisi di immagini ottenute con interferometria radio rivelano che sulle scale di qualche anno luce il getto sembra elicoidale e vorticoso».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “Blazar spectral variability as explained by a twisted inhomogeneous jet”, di C. M. Raiteri et al.