Le potenti antenne di Alma, l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, si sono spinte fino agli albori dell’universo, quando le prime galassie erano in fase embrionale, scoprendo che alcune di esse si sono formate a “soli” 780 milioni di anni dal Big Bang. Questo suggerisce agli scienziati che gli elementi alla base della formazione galattica sono stati in grado di assemblarsi abbastanza rapidamente in galassie più grandi. E questo già durante l’epoca della reionizzazione, quando la maggior parte dello spazio intergalattico uscì dall’oscurità grazie alla formazione di stelle e galassie che, con la loro energia, ionizzarono l’idrogeno portando la luce nell’universo che conosciamo oggi.
Le antenne cilene hanno rilevato che questa manciata di galassie primordiali (nate quando l’universo aveva il 5 per cento dell’età attuale) erano immerse in una struttura ancora più immensa: un alone di materia oscura diverse migliaia di miliardi più massiccio del Sole. Nello specifico, il gruppo di ricercatori guidati da Dan Marrone, dell’Università dell’Arizona, ha osservato due galassie talmente vicine tra loro (meno della distanza tra la Terra e il centro della Via Lattea) che finiranno presto per fondersi, e per dare origine alla più grande galassia mai osservata nella storia di quel periodo cosmico. Questa scoperta fornisce nuovi dettagli sul ruolo che la materia oscura gioca nella formazione delle strutture più massicce dell’universo.
Secondo quanto riportato sulla rivista Nature, Alma è stato fondamentale per ricostruire la storia di queste prime galassie, note come Spt0311-58. La prima identificazione della coppia galattica è arrivata dal South Pole Telescope, e con Alma è stato poi possibile determinarne la distanza e altre caratteristiche. Alma ha sfruttato la tecnica della lente gravitazionale, per osservare queste lontanissime galassie: la lente d’ingrandimento cosmica fa apparire la galassia sullo sfondo più grande e più luminosa. È necessario che la galassia più distante (il target della ricerca) si trovi quasi perfettamente dietro alla “galassia lente”. Il lensing gravitazionale permette così di vedere oggetti lontanissimi, che né dalla Terra né con i nostri satelliti sarebbe altrimenti possibile osservare.
Dato che le immagini che si ottengono sono distorte a causa dell’effetto lente, gli esperti hanno utilizzato dei potenti supercomputer per “rimodellare” l’immagine. Dai dati ottenuti, gli scienziati ritengono che la più grande delle due galassie stia formando stelle a una velocità di 2.900 masse solari all’anno. Contiene inoltre circa 270 miliardi di volte la massa del nostro Sole in gas e quasi 3 miliardi di volte la massa del nostro Sole in polvere. «Si tratta di un’enorme quantità di polvere, considerando la giovane età del sistema», ha osservato Justin Spilker, ricercatore postdoc all’Università del Texas. L’altra galassie ospita una quantità di stelle pari a 35 miliardi di volte la massa del nostro Sole, e cresce al ritmo spaventoso di 540 masse solari all’anno.
Le antenne cilene hanno contribuito anche a determinare l’esistenza dell’immenso alone di materia oscura che avvolge le due galassie, forse uno dei più massicci che potesse esistere all’epoca.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “Galaxy growth in a massive halo in the first billion years of cosmic history”, di D. Marrone, et al.