Una svolta? Una scoperta fondamentale? Non c’è un termine italiano soddisfacente per tradurre l’inglese breakthrough. Forse l’espressione che più ci si avvicina è: “una scoperta che spacca”. E la scoperta che spacca, nel 2017, è stata quella del 17 agosto scorso, annunciata al mondo il 16 ottobre e passata alla storia con la sigla Gw 170817: la prima osservazione di una fusione di stelle di neutroni. A decretarlo, la rivista statunitense Science, che ha appena pubblicato la tradizionale top ten di fine anno Breakthrough of the Year 2017.
Non era difficile indovinarlo. Per la prima volta nella storia, di uno stesso evento – avvenuto circa 130 milioni di anni fa – sono state osservate sia le onde gravitazionali sia le onde elettromagnetiche. Unendo così nello sforzo due comunità, quella dei fisici e quella degli astronomi: non a caso, è una scoperta che ha visto 3674 ricercatori da 953 istituzioni in tutto il mondo collaborare assieme per mesi. Una scoperta che apre la strada a un modo assolutamente inedito di studiare l’universo: quello che è stato chiamato multimessenger astronomy, ovvero un’astronomia che non si avvale più di un unico messaggero – il fotone – ma anche delle onde gravitazionali.
«L’osservazione concomitante, da parte degli interferometri per onde gravitazionali e dei telescopi, della fusione di due stelle di neutroni, eletta da Science scoperta “breakthrough” del 2017, ha visto una fondamentale partecipazione dell’Italia», ricorda il presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica, Nichi D’Amico, commentando la decisione di Science, «e in particolare delle astrofisiche e degli astrofisici dell’Inaf, protagonisti di tutto il follow-up elettromagnetico, come testimoniano i numerosi articoli firmati, anche a primo nome, dai nostri ricercatori usciti il 16 ottobre scorso sulle principali riviste internazionali».
«Ricordo inoltre», continua D’Amico, «che il tema della coalescenza di stelle di neutroni ha una lunga storia, nel nostro ente. Parlo della scoperta della pulsar doppia, avvenuta da parte di un team del nostro istituto nel 2003: una scoperta che certamente ha contribuito a sostenere dalle origini le attività di Virgo e Ligo, avendo messo in evidenza come esista un tasso di coalescenza di questi sistemi binari molto più elevato di quello che si pensava. In base a quella scoperta, fu stimata una coalescenza di almeno un evento all’anno, mentre prima si riteneva che accadesse assai più raramente».
«Tornando dunque all’evento di fusione di stelle di neutroni registrato l’estate scorsa», conclude D’Amico, «questo non solo ha rivitalizzato le attività di ricerca di onde gravitazionali, ma ha anche confermato che sono eventi frequenti: dunque in prospettiva possiamo attenderci che – fra quelli all’origine di onde gravitazionali – saranno dominanti. Ed essendo eventi dei quali possiamo studiare, a differenza di quanto accade per la fusione di buchi neri, tutti gli aspetti complementari nello spettro elettromagnetico, sicuramente ci consentiranno nuove importanti scoperte».
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “Cosmic convergence” di Adrian Cho