Dal Complesso di lancio numero 17 della Cape Canaveral Air Force Station sono decollate molte delle missioni planetarie robotizzate della Nasa, ma presto le due massicce torri che un tempo reggevano i missili Delta II, verranno abbattute per fare spazio a un nuovo inquilino: Moon Express, una piccola azienda statunitense con la grande ambizione di sbarcare su quello che lei stessa definisce l’ottavo continente, la Luna, per estrarre e sfruttare, rivendendole, le sue risorse minerarie. Come primo passo, l’anno prossimo l’azienda, con soli trenta dipendenti, cercherà di vincere il Google Lunar X Prize, quale prima entità privata ad atterrare sulla Luna con un piccolo rover robotico. Successivamente, Moon Express ha pianificato una missione che prevede l’atterraggio sul nostro satellite nel 2020 per raccogliere campioni lunari e riportarli sulla Terra: sarebbe il primo carico di rocce lunari a rientrare sulla Terra dopo quello della sonda robotica sovietica nel 1976!
Moon Express è solo una piccola azienda che si sta muovendo in un panorama ormai vasto di società private il cui principale obiettivo è l’esplorazione spaziale mirata allo sfruttamento delle risorse del Sistema solare; obiettivo che fino a pochi anni fa era considerato fantascienza, ma che ora sta diventando realtà.
Per capire meglio quali sono gli attori principali di questa nuova realtà, abbiamo fatto qualche domanda a Fabio Tronchetti, co-director all’Institute of Space Law and Strategy, “Zhuoyue” Program associate professor alla Beihang University (Pechino, Cina) e adjunct professor alla School of Law dell’Università del Mississippi (Stati Uniti).
Quali sono le società oggi in corsa per lo sfruttamento e il commercio spaziale?
«Le principali società che stanno puntando sullo sfruttamento delle risorse minerarie sono Planetary Resources e Deep Space Industries, due compagnie americane. Queste due compagnie hanno infatti tra i loro obiettivi primari l’estrazione e utilizzazione per fini commerciali di risorse naturali contenute in asteroidi o, in generale, in corpi celesti. Per raggiungere questo obiettivo, hanno pianificato una strategia a due fasi, che consiste dapprima in una serie di missioni esplorative aventi il fine di identificare gli asteroidi più ricchi dal punto di vista delle risorse contenute, per poi procedere alla fase di sfruttamento minerario vero e proprio. È importante ricordare che sia Planetary Resources che Deep Space Industries hanno concluso col governo del Lussemburgo una serie di accordi di collaborazione per lo sviluppo di tecnologie e per la creazione di opportunità commerciali nel settore dell’utilizzazione delle risorse minerarie spaziali».
E al di fuori degli Stati Uniti?
«A parte le due società americane menzionate, è possibile citare altre compagnie non americane che hanno interesse in questo settore, tra le quali spicca la giapponese ispace. ispace ha come suo centro d’attenzione la Luna, in particolare l’utilizzazione delle risorse lunari e lo sviluppo di tecnologie che consentano un giorno di abitare la superficie lunare. ispace è inoltre una delle cinque compagnie finaliste nella competizione internazionale denominate Google Lunar X Prize che prevede di assegnare un premio di 30 milioni di dollari alla prima compagnia privata in grado di far atterrare un oggetto sulla Luna, farlo viaggiare per 500 metri ed essere in grado di inviare sulla Terra immagini e video ad alta risoluzione».
Ci sono altri interessi commerciali, oltre allo sfruttamento delle risorse naturali presenti nel Sistema solare?
«A parte il settore dello sfruttamento delle risorse naturali spaziali, le compagnie private sono ormai diventate degli attori primari nell’uso dello spazio, con la capacità di lanciare oggetti nello spazio (per esempio l’americana SpaceX) e di fornire vari tipi di servizi, tra i quali comunicazione, internet e la produzione di immagini ad alta risoluzione».
Gli ambiziosi piani di queste società sembrerebbero poter essere potenzialmente intralciati da un accordo internazionale noto come Trattato sullo spazio extra-atmosferico, che riguarda i principi che governano le attività degli Stati in materia di esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, compresa la Luna e gli altri corpi celesti. Il trattato enuncia ciò che i paesi sono e non sono autorizzati a fare nello spazio e proibendo alle nazioni di rivendicare la sovranità su qualsiasi parte del resto del Sistema solare. In che modo questo trattato può ostacolare le missioni private?
«Il fondamento giuridico del diritto internazionale dello spazio è dato dal trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967 (the Outer Space Treaty). Questo trattato non si occupa in modo diretto della questione dell’utilizzo delle risorse spaziali, anche perché quando fu scritto questa non era una prospettiva realistica. Di conseguenza l’impatto del trattato sullo sfruttamento delle risorse spaziali è fondamentalmente una questione relativa a come il trattato viene interpretato».
Celebre è lo slogan “Space is for everyone — but you can’t claim it!“. Ma vale anche per le risorse naturali che si possono estrarre dai corpi celesti?
«Il trattato proibisce, all’Articolo 2, l’appropriazione della Luna e dei corpi celesti; la domanda fondamentale è se questa proibizione si estende anche alle risorse da loro contenute. A questo proposito le opinioni sono divergenti; da un lato ci sono coloro che rispondono in modo positivo a questa domanda; dall’altro lato ci sono coloro che sostengono la legalità dell’estrazione e utilizzo delle risorse contenute nei corpi celesti, basandosi principalmente su due argomenti: primo, l’Articolo 1 del Trattato sullo spazio riconosce agli Stati il diritto di esplorare ed utilizzare lo spazio, inclusi la Luna ed i corpi celesti: tale diritto viene interpretato come comprensivo anche dell’utilizzo delle risorse lunari e dei corpi celesti; secondo, altri regimi giuridici internazionali simili allo spazio, per esempio l’alto mare, mentre proibiscono l’appropriazione dell’alto mare stesso consentono le attività di pesca e l’appropriazione dell’ammontare pescato».
E questo come si applica alle società private?
«Una delle questioni fondamentali da ricordare è che il trattato sullo spazio si dirige principalmente agli Stati. Le attività private spaziali sono consentite a una condizione precisa: l’essere autorizzate e controllate da uno Stato (Articolo 6 del Trattato). Tale autorizzazione è necessaria per dare garanzia che gli operatori privati rispettino i termini del trattato stesso. A tale proposito ci si deve chiedere se sia possibile per gli Stati autorizzare compagnie private a eseguire attività di sfruttamento delle risorse spaziali, data la controversa natura di tali attività a livello internazionale. Di recente, due Stati, gli Stati Uniti e il Lussemburgo, hanno dato risposta affermativa a tale domanda passando due leggi nazionali che non solo riconoscono a tali Stati la possibilità di autorizzare attività private di space mining ma anche attribuiscono alle compagnie private registrate nel loro territorio il diritto di appropriarsi e utilizzare per fini commerciali le risorse ottenute nello spazio. La legalità di queste leggi è stata contestata a livello internazionale da vari Stati, tra i quali il Belgio e la Russia».
Si sta facendo qualcosa per rivisitare il trattato? Chi ci sta lavorando e in che direzione?
«Non ci sono iniziative ufficiali di revisione del Trattato. Ci si deve ricordare che la possibilità di rivedere trattati importanti e con numerosi Stati membri come il trattato sullo spazio è molto complicata e potenzialmente molto lunga. Al momento, l’iniziativa più importante a livello internazionale è lo sforzo intrapreso dal Legal Subcommittee del Comitato delle Nazioni Unite sugli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico (UN Copuos), che a partire dal marzo di quest’anno si sta occupando delle questioni giuridiche relative all’esplorazione e utilizzo delle risorse spaziali. In tale veste vari Stati hanno espresso la loro opinione riguardo alla legalità di tali attività a livello internazionale e la legalità delle leggi nazionali che autorizzano attività private di uso di tali risorse. È comunque importante ricordare che il subcommittee non ha il mandato di proporre revisioni del trattato ma solo di discutere questioni giuridiche relative all’interpretazione del trattato stesso. A livello nazionale si possono menzionare le sopra citate leggi nazionali degli Stati Uniti e Lussemburgo, che rappresentato degli sforzi interpretativi del trattato sullo spazio. Ovviamente, l’interpretazione data da tali Stati è valida solamente per i soggetti che ricadono sotto la loro giurisdizione e non deve essere necessariamente accettata da altri Stati».
L’Italia è coinvolta in qualche modo in questi progetti?
«L’Italia non ha intrapreso alcuna attività specifica nel settore dello sfruttamento delle risorse spaziali. Va comunque ricordato che a livello diplomatico/giuridico l’Italia prende parte alle discussioni su tali aspetti all’interno dei lavori del Legal Subcommittee dell’UN Copuos».
Insomma, sembrerebbe che già quest’anno ci potrebbe riservare delle sorprese… speriamo di non ritrovare, in questa nuova e bella avventura spaziale, gli aspetti negativi della corsa all’oro del XIX secolo.
Per saperne di più:
- Leggi su New York Times l’articolo di Kenneth Chang ”If No One Owns the Moon, Can Anyone Make Money Up There?”