Un team internazionale di ricercatori ha costruito un sistema sperimentale a due dimensioni (una sorta di “fibra ottica”, come vedremo) che permette di simulare le proprietà fisiche di materiali teoricamente esistenti solo nello spazio quadridimensionale. In uno nuovo studio, pubblicato sulla rivista Nature, i ricercatori hanno dimostrato, per la prima volta, che il comportamento dei fotoni in una matrice bidimensionale di “guide d’onda” può essere utilizzato per prevedere la versione a quattro dimensioni dell’effetto Hall quantistico.
È un fenomeno importante sia per la comprensione di certi stati della materia che per le applicazioni elettroniche future, tanto che è stato alla base di svariati premi Nobel per la fisica.
In sintesi, quando una carica elettrica è intrappolata fra due superfici si comporta agli effetti pratici come un materiale bidimensionale. Quando tale sistema elettronico bidimensionale viene raffreddato fino a quasi lo zero assoluto e sottoposto a un forte campo magnetico, mostra un comportamento molto differente rispetto a quanto previsto dalla teoria classica. In particolare, la quantità di carica che può condurre diviene “quantizzata”, ovvero fissata a una costante fondamentale della natura. Inoltre, la quantizzazione della conduttanza di Hall ha la caratteristica di essere estremamente precisa.
«Questa quantizzazione è sorprendente perché, anche se il materiale è “disordinato”, ovvero presenta molti difetti, la conduttanza di Hall rimane estremamente stabile», spiega Mikael Rechtsman della Penn State University, fra gli autori della ricerca. «Questa stabilità del flusso degli elettroni – l’effetto Hall quantistico – è universale e può essere osservato in svariati materiali in condizioni molto diverse».
La quantizzazione della conduttanza – che, come detto, riguarda sistemi bidimensionali – non può essere osservata in un materiale tridimensionale ordinario. Nell’anno 2000 è stato però dimostrato teoricamente che una simile quantizzazione potrebbe essere osservata in quattro dimensioni spaziali.
«Quando è stato teorizzato che l’effetto Hall quantistico potrebbe essere osservato nello spazio quadridimensionale», prosegue Rechtsman, «non sembrava d’interesse pratico, perché il mondo reale si compone di solo tre dimensioni spaziali. Era, più o meno, solo una curiosità. Ma ora abbiamo dimostrato che la fisica quadridimensionale dell’effetto Hall quantistico può essere emulata usando semplici particelle di luce, fotoni che scorrono attraverso un pezzo di vetro lavorato a formare una matrice di guide d’onda».
Ogni guida d’onda è essenzialmente un “tubicino” in cui la luce può scorrere al pari della corrente in un filo elettrico. Per formare la matrice, svariate di queste guide d’onda vengono incise da un potente laser in maniera estremamente precisa e ravvicinata in un unico pezzo di vetro.
E la quarta dimensione? I ricercatori hanno utilizzato una tecnica sviluppata solo di recente per codificare “dimensioni sintetiche” nelle posizioni delle guide d’onda. In altre parole, gli schemi complessi delle posizioni delle guida d’onda agiscono come manifestazione delle coordinate spaziali di dimensioni aggiuntive.
Codificando due dimensioni sintetiche supplementari nella complessa struttura geometrica delle guide d’onda, i ricercatori sono stati in grado di modellare un sistema bidimensionale come se avesse un totale di quattro dimensioni spaziali. Gli autori del nuovo studio hanno poi misurato come la luce scorresse attraverso il dispositivo, riscontrando che si comportava esattamente secondo quanto previsto per l’effetto Hall quantistico quadridimensionale.
Un risultato affascinante, ma non sarebbe ingiustificato chiedersi quale rilevanza potrebbero avere studi di questo tipo per la scienza e la tecnologia nel nostro mondo, limitato a tre banali dimensioni spaziali. «Ci sono già pronti una serie di casi», risponde pronto Rechtsman. «I quasicristalli, ad esempio, leghe metalliche che sono cristalline pur non presentando struttura periodica e vengono, tra l’altro, utilizzati per rivestire alcune pentole antiaderenti. Questi materiali hanno dimostrato di avere “dimensioni nascoste”: le loro strutture possono essere interpretate come proiezioni da dimensioni spaziali di ordine superiore nello spazio nel mondo reale tridimensionale. Inoltre, è possibile che una fisica a più di tre dimensioni venga usata come principio di progettazione per nuovi dispositivi fotonici».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature “Photonic topological boundary pumping as a probe of 4D quantum Hall physics”, di Oded Zilberberg, Sheng Huang, Jonathan Guglielmon, Mohan Wang, Kevin P. Chen, Yaacov E. Kraus, Mikael C. Rechtsman