Avvio d’anno spumeggiante per il team di Pepsi (Potsdam Echelle Polarimetric and Spectroscopic Instrument), uno degli strumenti scientifici installati al Large Binocular Telescope, il grande telescopio binoculare situato sul monte Graham in Arizona. Sono infatti appena stati pubblicati in tre diversi articoli sulla rivista Astronomy&Astrophysics i primi spettri stellari raccolti da Pepsi, che possono essere considerati una sorta di Dna di questi oggetti celesti. La loro analisi può infatti rivelare caratteristiche e proprietà uniche di ciascuna stella.
Gli spettri ottenuti da Pepsi hanno una elevatissima risoluzione e abbracciano la banda che va dalla luce visibile a quella nel vicino infrarosso. Uno di essi, riportato nel primo articolo, riguarda il Sole. Grazie ad esso i ricercatori sono stati in grado di confermare alcune modalità di pulsazione della nostra stella, ovvero delle sue regolari – seppur piccole – contrazioni ed espansioni. In più, i dati hanno permesso di rivisitare l’abbondanza del litio nel Sole. Matthias Steffen, uno degli scienziati coinvolti nel progetto, ricorda perché è importante conoscere questo dato: «Il litio è un elemento chiave per la nucleosintesi nell’universo ed è anche un tracciante dei processi di mescolamento della materia all’interno delle stelle».
Pepsi ha poi passato al setaccio la luce di 48 stelle distanti, che erano finora considerate una sorta di “spartiacque” per gli spettrografi ad alta risoluzione installati sui più grandi telescopi del mondo. Dove gli altri strumenti finora non erano riusciti, Pepsi ha restituito spettri con un alto grado di accuratezza e grande risoluzione. Spettri che sono contenuti nel secondo articolo pubblicato.
Una stella vecchissima, con un’età stimata di oltre dieci miliardi di anni, che dunque si sarebbe formata “solo” tre miliardi di anni dopo il Big Bang, è stata oggetto del terzo paper realizzato grazie ai dati di Pepsi. L’analisi della luce proveniente dalla stella Kepler 444 – questo il suo nome – ha confermato nella sua composizione chimica una bassa presenza di elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio, che gli astronomi chiamano genericamente “metalli”. Questa caratteristica si ripercuoterebbe anche sulla composizione dei cinque piccoli pianeti che le orbitano attorno. «Le informazioni raccolte grazie al nostro strumento suggeriscono che i pianeti attorno a stelle madri povere di metalli sono meno densi di quelli rocciosi, con dimensioni simili, in orbita a stelle con valori di metallicità più elevati, come il nostro Sole» commenta Claude Mack, project scientist delle osservazioni di Kepler 444.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo PEPSI deep spectra. I. The Sun-as-a-star di K. G. Strassmeier, I. Ilyin, e M. Steffen, in pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics
- Leggi l’articolo PEPSI deep spectra. II. Gaia benchmark stars and other M-K standards di K. G. Strassmeier, I. Ilyin, e M. Weber in pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics
- Leggi l’articolo PEPSI deep spectra. III. A chemical analysis of the ancient planet-host star Kepler-444 di C. E. Mack III, K. G. Strassmeier, I. Ilyin, S. C. Schuler, F. Spada, e S. A. Barnes, in pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics