Guardate l’immagine a fianco: probabilmente è la più noiosa e insignificante mai pubblicata da Media Inaf, ma contiene un ingrediente tecnologico nascosto, cruciale per lo sviluppo delle telecomunicazioni e del commercio mondiale. Si tratta di una videoconferenza tra l’Accademia delle Scienze cinese e quella austriaca, svoltasi lo scorso 29 settembre e durata 75 minuti.
Dov’è la novità? È che la trasmissione è stata crittografata con un sistema quantistico basato su connessioni in fibra ottica e satellitari. Rappresenta, quindi, il primo passo verso una rete internet quantistica globale.
Ma andiamo con ordine, e cerchiamo di capire perché mai dovremmo complicarci la vita aggiungendo l’elemento quantistico alla nostra quotidianità di navigatori internet. La sicurezza è un elemento fondamentale delle reti informatiche, in particolare per tutte quelle applicazioni – il commercio elettronico, per dirne una – in cui è vitale che i nostri dati non vengano rubati. Per questo si usa la crittografia, una codifica che può essere letta solo disponendo di una cosiddetta chiave.
La crittografia a chiave pubblica attualmente utilizzata funziona bene, ma ha il problema che può essere violata disponendo di computer abbastanza potenti, come saranno gli ormai non più fantascientifici computer quantistici.
Al contrario, la distribuzione a chiave quantistica (Qkd) utilizza quanti di luce individuali – fotoni, insomma – per implementare un sistema di crittografia la cui inviolabilità deriva direttamente dai fondamenti della meccanica quantistica. Gli stessi principi su cui era basata l’idea di denaro quantistico non falsificabile, un’idea nata quasi 50 anni fa e che ultimamente ha ripreso vigore.
Tuttavia, a causa della perdita di segnale, la distribuzione quantistica a chiave pubblica su fibra ottica (o su altri mezzi trasmissivi di luce in campo libero) è stata finora limitata a qualche centinaio di chilometri. La più estesa dorsale di comunicazione quantistica in fibra ottica è stato recentemente realizzata in Cina, con un percorso tra Pechino a Shanghai di circa 2000 km.
Inoltre, nel 2016 l’Accademia delle Scienze cinese ha lanciato il primo satellite sperimentale per comunicazioni quantistiche, conosciuto col nomignolo Micius, dal nome di un antico filosofo e scienziato cinese. Alle quattro stazioni a terra in Cina, più una in Tibet, si è aggiunta un’ulteriore stazione a Graz, vicino Vienna, gestita dall’Accademia delle Scienze austriaca e coinvolta negli esperimenti di trasmissione quantistica di singoli fotoni.
Dopo avere dimostrato che il satellite Micius poteva gestire la distribuzione a chiave quantistica tra due stazioni cinesi, e dopo avere interconnesso il satellite con la rete geografica in fibra ottica a terra, ora un articolo appena pubblicato su Physical Review Letters racconta come sia stata realizzata con successo la comunicazione in crittografia quantistica Qkd tra Xinglong (a 280 km da Pechino) e Graz in Austria, separate da ben 7600 km.
I ricercatori hanno utilizzato il satellite Micius come “ponte” per realizzare una trasmissione dati totalmente sicura, inviando prima delle semplici immagini tra l’Austria e la Cina, e poi instaurando la videoconferenza di cui si parlava all’inizio.
Un aspetto interessante e promettente di questa tecnologia è che sul canale ottico satellitare, che impiega impulsi laser per la trasmissione, deve necessariamente passare solo l’informazione relativa alla chiave pubblica di decodifica, continuamente rigenerata. Ad esempio, lo streaming della videoconferenza ha impiegato circa 2 GB di dati, di cui solo 70 kB per lo scambio di chiavi quantistiche.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo pubblicato su Physical Review Letters “Satellite-relayed intercontinental quantum network”, di Sheng-Kai Liao at al.