Fino a ieri ad accomunarle era anzitutto l’energia spaventosa che le caratterizza tutt’e tre. Ma ora comincia a farsi strada l’ipotesi che la loro origine – sulla quale grava uno fra i più grandi punti interrogativi della fisica particellare – potrebbe essere una soltanto, un super acceleratore naturale assai più potente di quello del Cern: il getto relativistico emesso dai buchi neri supermassicci. I tre tipi di particelle di cui parliamo sono, in ordine d’energia crescente, i raggi gamma ad alta energia, i neutrini molto energetici e, infine, i raggi cosmici ultra energetici. E la catena di processi fisici che conduce alla produzione dei tre “messaggeri cosmici” – descritta dal primo modello astrofisico di questo genere basato su calcoli numerici dettagliati – è stata pubblicata lunedì scorso su Nature Physics in un articolo firmato da Ke Fang e Kohta Murase, ricercatrice postdoc alla University of Maryland la prima e professore alla Penn State University il secondo.
Fotoni gamma, neutrini e raggi cosmici, dicevamo. I termini inglesi utilizzati per indicare quanto siano energetici quelli considerati nello studio rende ancor meglio la progressione: high, very, ultra. Nella scala dell’energia elettromagnetica, i fotoni gamma sono in cima (il telescopio spaziale Fermi ne ha osservati a energie oltre un miliardo di volte superiori a quella di un fotone di luce visibile). Di neutrini ad altissima energia, l’osservatorio IceCube, in Antartide, ne ha rilevati a più di un milione di mega-elettronvolt. Quanto ai raggi cosmici ultra energetici, sono le particelle più energetiche dell’universo – ognuno di essi trasporta un’energia che nemmeno il Large Hadron Collider, il più potente acceleratore di particelle al mondo, è in grado di produrre. Ma se l’energia delle singole particelle considerate individualmente, osservate da rilevatori a terra e nello spazio, spazia su oltre dieci ordini di grandezza, nel complesso i tre tipi di particelle mostrano, al contrario, quantità sorprendentemente simili di ciò che i fisici chiamano energy generation rates.
«Il fatto che le intensità misurate per i neutrini ad altissima energia, per i raggi cosmici ad altissima energia e per i raggi gamma ad alta energia siano più o meno paragonabili», dice Murase, «ci hanno indotto a chiederci se queste particelle estremamente energetiche non siano in qualche modo collegate dal punto di vista fisico. Il nuovo modello suggerisce che i neutrini energetici e i raggi gamma ad alta energia vengano prodotti naturalmente – a seguito di collisioni fra particelle – come particelle figlie dei raggi cosmici, e che quindi possano ereditare un bilancio energetico paragonabile a quello delle loro particelle madri. Il fatto che le quantità d’energia dei tre messaggeri cosmici siano paragonabili potrebbe dunque non essere una semplice coincidenza».
Già. Ma se neutrini e raggi gamma ad alta energia sono “figli” di raggi cosmici ultra energetici, questi ultimi da dove arrivano? Chi c’è all’origine di tutta questa energia? Secondo Fang e Murase, il sospetto numero uno sono i getti relativistici emessi dai nuclei galattici attivi, buchi neri supermassicci dai cui dintorni vengono proiettati – appunto – raggi cosmici nello spazio a velocità prossime a quella della luce.
«Il nostro studio dimostra che raggi cosmici provenienti dai nuclei galattici attivi e dagli ambienti circostanti – come ammassi e gruppi di galassie – possono spiegare lo spettro e la composizione dei raggi cosmici ad altissima energia, così come alcuni dei fenomeni altrimenti inspiegabili scoperti da esperimenti a terra», osserva Fang. «Al tempo stesso, lo spettro dei neutrini ad altissima energia sopra i cento milioni di mega-elettronvolts può essere spiegato da collisioni di particelle tra i raggi cosmici e il gas in ammassi e gruppi di galassie. Inoltre, l’emissione di raggi gamma proveniente dagli ammassi di galassie e dallo spazio intergalattico corrisponde alla porzione ancora non spiegata del fondo diffuso di raggi gamma ad alta energia che non è associato a un particolare tipo di nucleo galattico attivo».
Insomma un’ipotesi, questa della produzione a cascata di particelle ad altissima energia a partire dai getti dei nuclei galattici attivi, apparentemente in grado di fornire un modello unificato per dar conto dell’origine dei tre messaggeri cosmici. «Tuttavia, ci sono anche altre possibilità», mette in guardia lo stesso Murase, «e molti nuovi enigmi restano senza spiegazione, compresi i dati su neutrini da dieci milioni di mega-elettronvolt registrati dall’osservatorio IceCube in Antartide. Pertanto, ulteriori studi basati su un approccio multi-messenger – combinando la teoria con i dati di tutt’e tre i messaggeri – saranno necessari per mettere alla prova il nostro modello».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Physics lo studio “Linking high-energy cosmic particles by black-hole jets embedded in large-scale structures”, di Ke Fang e Kohta Murase