Chi non ha mai sognato di esplorare il Polo sud? Grazie all’iniziativa australiana “Homeward Bound”, per qualcuno – o meglio, per qualcuna – questo sogno presto diventerà realtà. Lunedì 12 febbraio (esattamente il giorno successivo allo #womenscienceday, la Giornata Internazionale per le donne e le ragazze nella scienza) 80 donne provenienti da 14 paesi, salperanno da Ushuaia (Argentina) alla volta del Continente antartico. Il progetto, nato da un’idea di Fabian Dattner, è partito nel 2016 e ha come obiettivo quello di creare una rete di donne provenienti da tutto il mondo – tutte con un background scientifico – per intraprendere un programma all’avanguardia, della durata di un anno, con lo scopo di sviluppare capacità strategiche e di leadership, in un luogo simbolico per i problemi legati all’ambiente: il Polo sud.
Tra loro ci saranno anche, per la prima volta, due italiane: Gaia Dell’Ariccia, ricercatrice postdoc a Montpellier, ed Elena Joli, autrice e traduttrice di testi scientifici e docente di fisica presso l’Istituto tecnico per geometri “Garibaldi/Da Vinci” di Cesena.
«I punti di forza sono essenzialmente due: uno è promuovere la visibilità delle donne nelle Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica)», dice Joli a Media Inaf, «l’altro è la necessità di migliorare le politiche ambientali rivolte al cambiamento climatico. Il fatto che siamo donne scienziate può avere un impatto positivo sulle motivazioni o su eventuali vocazioni scientifiche al femminile: sicuramente, nel mondo scientifico-tecnologico, la componente femminile è sottorappresentata nelle posizioni di leadership».
Per superare la selezione internazionale ed entrare a far parte di questa spedizione al Polo sud, sono state fondamentali la passione per l’Antartide e le competenze trasversali di Joli. Ha aiutato anche un Master in comunicazione della scienza, conseguito alla Sissa di Trieste. Ma una parte del merito spetta pure a suo figlio: è infatti stato lui a girare la presentazione video da due minuti, da allegare al curriculum, che ha convinto la commissione del progetto. Nonostante Joli non sia una biologa, né una climatologa in senso stretto, né un’esperta di ghiacci. «Non ho un curriculum scientifico tagliato su temi ambientali, ho studiato fisica teorica e buchi neri», dice, ma questo, evidentemente, non è stato un ostacolo, e si è rivelato addirittura un valore aggiunto.
Il progetto è cominciato più di un anno fa, ma la spedizione ha assunto fattezze concrete solo il mese scorso, quando Joli si è vista recapitare un pacco con la dotazione completa per affrontare il freddo antartico: «zaino, giubbotto e berretto», elenca. «Sono previsti perfino gli stivali, ma quelli mi aspettano a Ushuaia: troppo ingombranti da spedire». Tutte le comodità sono insomma assicurate, pasti compresi. «Ci hanno chiesto di compilare un questionario con le nostre particolari esigenze alimentari. Francamente è l’ultima delle mie preoccupazioni: penso che potremo mangiare come in Europa. Sarà comunque cibo di ottima qualità, con chef a bordo!».
Il gruppo di lavoro di cui fa parte Joli si occupa di scienza del cambiamento climatico e dei suoi impatti, ed è formato da neozelandesi, americane e inglesi: immaginate per un momento la difficoltà di tenersi in contatto attraverso 11 fusi orari, e con gli impegni scolastici, per preparare insieme la presentazione da esporre agli altri gruppi. Contemporaneamente hanno dovuto svolgere un corso di preparazione psicologica e una serie di attività di formazione incentrate in particolare su temi quali: scienza, ambiente e comunicazione strategica. Formazione che continuerà anche durante la spedizione. «L’attività quotidiana consisterà anche nel visitare stazioni scientifiche antartiche, in particolare americana, ucraina, inglese e la cinese Great Wall, per incontrare gli scienziati residenziali che lavorano e vivono in questi siti isolati, dove studiano biologia marina, fisica dell’atmosfera, geomagnetismo, glaciologia continentale e marina e tanto altro».
Non solo ricerca scientifica, quindi, ma anche ricadute dal punto di vista scolastico ed educativo, perché in fondo Joli parte anche come insegnante. «I miei studenti sono molto felici per me, eccitati. Alcuni mi dicono “no prof io non ci andrei mai, è lontanissimo, fa freddo, è un viaggio molto lungo”. Altri invece hanno gli occhi che brillano, perché vedono il lato avventuroso, quindi davvero ci sono le proiezioni di ognuno di loro – e forse di noi – in questa mia missione. Da un lato sono dispiaciuti perché mi assento per alcune settimane, però sanno che tornerò con un bagaglio che poi sfrutteremo».
Il confronto con loro è stato anche un modo per affrontare la disinformazione su temi come inquinamento, impatto dell’uomo sull’ambiente, effetto serra e – perché no – per ripassare un po’ il mappamondo. «Secondo me il senso di responsabilità è importantissimo. D’altra parte vedo nei miei studenti una grande confusione anche solo, banalmente, riguardo alla geografia. Dov’è l’Antartide? Polo nord e polo sud sono due poli quasi interscambiabili, per alcuni di loro orsi polari e pinguini fanno colazione insieme. Insomma ci sono temi fisici, geografici, sociali legati all’ambiente che possono e devono essere approfonditi a scuola, sono sicura che sarà una bellissima esperienza anche per loro».