L’EREDE DELLO STRUMENTO HARPS

Espresso fa grande il Vlt

Lo spettrografo di terza generazione inaugurato lo scorso novembre è riuscito per la prima volta a combinare contemporaneamente la luce raccolta da tutti e quattro i telescopi da 8 metri di diametro che compongono il Very Large Telescope (VLT), rendendolo in questo modo il telescopio ottico oggi più grande del mondo, con una superficie di raccolta pari a quella di un singolo strumento con lo specchio da 16 metri di diametro. Determinante è stato il ruolo scientifico e tecnologico Inaf

     13/02/2018

L’immagine mostra in modo semplificato come la luce raccolta dai quattro telescopi del Vlt viene combinata nello strumento Espresso, che si trova al di sotto della piattaforma del Vlt. Crediti: Eso/L. Calçada

Quattro telescopi, quelli che compongono il Very Large Telescope dell’Eso, sulla cima del Cerro Paranal, in Cile, e un solo obiettivo: osservare contemporaneamente la stessa porzione di cielo, per ottenere dati astronomici super dettagliati. La notte tra il 3 e il 4 febbraio scorso la luce raccolta dai singoli telescopi da 8 metri di Vlt è stata combinata con successo nello strumento Espresso, creato appositamente per questo scopo, rendendo di fatto il Very large telescope il più grande telescopio ottico al mondo oggi operativo in termini di superficie di raccolta della luce: tanta quanta quella di un singolo strumento con lo specchio principale da 16 metri di diametro. Importante è la partecipazione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) all’ideazione e alla realizzazione dell’ambizioso progetto.

Le prime osservazioni di Espresso che combinano i quattro fasci luminosi di Vlt sono arrivate a conclusione di una meticolosa campagna di preparazione condotta dal consorzio Espresso, guidato dall’Osservatorio Astronomico dell’Università di Ginevra e con la partecipazione di centri di ricerca dall’Italia con gli Osservatori Astronomici dell’Inaf di Trieste e di Brera, Portogallo, Spagna e Svizzera oltre che da personale dell’Eso. Il Direttore Generale dell’Eso stesso, Xavier Barcons, ha dato l’avvio della storica osservazione attivando un comando dalla sala di controllo del Vlt.

Espresso (acronimo di Echelle SPectrograph for Rocky Exoplanet and Stable Spectroscopic Observations, ovvero Spettrografo echelle per osservazioni di esopianeti rocciosi e spettroscopia ad alta precisione), è uno spettrografo di terza generazione e sarà il successore dello strumento Harps dell’Eso installato all’Osservatorio di La Silla, sempre in Cile. Il salto in avanti rispetto al predecessore sarà enorme, migliorando la precisione delle misure di velocità radiale di parecchie decine di volte. Due tra i principali obiettivi scientifici di Espresso sono la scoperta e la caratterizzazione di pianeti extrasolari simili alla Terra e la ricerca di possibili variazioni nelle costanti fisiche fondamentali. Quest’ultimo compito in particolare necessita di osservazioni di quasar molto lontani e deboli: la possibilità di “sommare” la luce di uno stesso oggetto celeste raccolta da ciascuno dei quattro telescopi di cui è composto Vlt sarà una caratteristica fondamentale per ottenere risultati di altissima precisione.

Il team italiano presente al commissioning dello strumento Espresso che ha visto l’utilizzo contemporaneo di tutti e quattro i telescopi del Vlt. Da sinistra: Giorgio Calderone (Inaf Trieste), Gaspare Lo Curto (Eso), Valentina D’Odorico (Inaf Trieste), Francesco Pepe (Università di Ginevra), Paolo Molaro (Inaf Trieste)

«Per me, il momento più atteso è stato quando abbiamo potuto osservare il primo quasar» racconta Valentina D’Odorico, ricercatrice dell’Inaf di Trieste coinvolta nel progetto Espresso. «Abbiamo scelto Q0347-38, un oggetto relativamente brillante. Tutto è andato liscio e allora siamo passati ad un quasar più debole: la luna stava salendo, quindi sarebbe stato ancora più complesso guidare i quattro telescopi su quell’oggetto sovrastato dalla luminosità del cielo. Eppure Espresso ce l’ha fatta e da una prima analisi dello spettro di un’ora abbiamo potuto individuare delle deboli righe in assorbimento che erano state rivelate da uno spettro di 9 ore preso al telescopio Keck. Un grande risultato».

«Questo importante successo è il coronamento del lavoro svolto da un nutrito gruppo di scienziati e ingegneri nell’arco di molti anni» ricorda Paolo Molaro, Project Scientist di Espresso, anch’egli in forza all’INAF di Trieste. «È una sensazione stupenda vedere Espresso all’opera con tutti e quattro I telescopi del VLT e sono ansioso di vedere i sensazionali risultati scientifici che questa combinazione unica riuscirà a produrre».

L’estrema difficoltà di riuscire a combinare contemporaneamente la luce da tutti e quattro i telescopi nella modalità che prende il nome di “fuoco incoerente” non aveva permesso di ottenere questo risultato prima d’ora. I problemi tecnici sono stati superati costruendo apparati dedicati sulle singole unità del Vlt e strutture sotterranee negli spazi che li separano, all’interno della montagna sulla quale sorge il complesso astronomico del Paranal. Un sistema di specchi, prismi e lenti trasmette la luce da ciascun telescopio allo spettrografo Espresso fino a distanze di 69 metri. Grazie alle sue sofisticate ottiche, Espresso è sia in grado di raccogliere la luce di due, tre o tutti e quattro i telescopi contemporaneamente, ma anche di utilizzare un singolo fascio luminoso per volta, per uno sfruttamento più flessibile del tempo osservativo.

Lo strumento Espresso, montato sul Vlt (Very Large Telescope) dell’Eso in Cile, ha usato per la prima volta la luce combinata di tutti e quattro i telescopi principali (Ut) da 8,2 m di diametro. Combinare così la luce degli Ut rende il Vlt il più grande telescopio ottico in funzione, in termine di area di raccolta. L’immagine mostra alcuni dei dati acquisiti durante la prima luce. Crediti: ESO/D. Mégevand

«La sinergia di Espresso con tutti e quattro i telescopi del Very Large Telescope ci da un allettante assaggio di quel che potranno offrirci i telescopi di nuova generazione, come l’Extremely Large Telescope, che saranno operativi tra una manciata di anni» conclude Xavier Barcons, Direttore Generale dell’Eso.

«È un momento quattro volte bello» aggiunge Stefano Cristiani, dell’Inaf di Trieste e Co-PI del progetto «ma come sempre nella scienza, dopo una breve ma sentita festa, si passa alla prossima sfida: spero che questo successo convinca Eso ad accelerare i tempi per collocare il fratello maggiore di Espresso all’Extremely Large Telescope. Non ci sono problemi tecnici, basta la volontà politica e, come nello sport, tagliare il traguardo prima dei competitori extra-europei è importante».

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