Siamo soli nell’Universo? Inutile dire che fin dalla notte dei tempi l’uomo ha sempre mostrato un bisogno impellente di trovare risposte a questa domanda. Che sia per un innato senso di curiosità verso l’ignoto o per un necessario desiderio di stabilire la propria unicità e quella della vita sulla Terra, l’essere umano è sempre stato attratto dalla possibile esistenza di esseri provenienti da altri mondi.
Oltre ad alimentare l’interesse in ambito scientifico, la ricerca di specie senzienti e civiltà simili alla nostra ha stuzzicato l’immaginazione e la fantasia della popolazione soprattutto a partire dalla metà del secolo scorso, quando abbiamo visto nascere una mole pressoché sconfinata di opere letterarie e cinematografiche nelle quali vengono descritti eventuali contatti con entità extraterrestri nelle più svariate maniere possibili. Da scenari catastrofici e apocalittici a incontri con creature benevole e razze coalizzate in gigantesche alleanze galattiche.
Negli ultimi anni, diverse scoperte scientifiche hanno suscitato scalpore mediatico per un possibile collegamento a forme di vita extraterrestre. Basti pensare all’individuazione della prima pulsar nel 1967: alcuni associarono il segnale radio proveniente dalla stella ad un contatto con un’altra civiltà aliena, tanto che il simpatico oggetto celeste fu ribattezzato LGM-1 (“Little Green Man”, il piccolo omino verde). Non dimentichiamoci poi il caso, nel 1996, del meteorite marziano che si riteneva potesse contenere fossili di microrganismi rivelatisi poi strutture minerali naturali.
Al di là dell’enorme impatto nel mondo accademico che potrebbe avere l’effettiva scoperta di una forma di vita extraterrestre, ci siamo mai chiesti quale sarebbe la reazione del grande pubblico, dal punto di vista emotivo e sociale, a una notizia di tale portata? Accetteremmo la scoperta con tranquillità o ne saremmo terrorizzati? Ci sconvolgerebbe ma in senso positivo? Oppure saremmo preoccupati pensando ad eventuali conseguenze nefaste?
Sono proprio le reazioni della popolazione al grido “abbiamo trovato gli alieni” al centro di un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Arizona State University guidato dallo psicologo Michael Varnum.
Il lavoro, presentato oggi, venerdì 16 febbraio, al meeting annuale dell’American Association for the Advancement of Science (Aaas) ad Austin, in Texas, cerca di quantificare in maniera sistematica come il genere umano potrebbe comportarsi davanti alla rivelazione dell’esistenza di altre forme di vita. «Nel corso degli anni ci sono state molte speculazioni su come potremmo rispondere ad una notizia di questo tipo», commenta Varnum, «ma, fino ad ora, quasi nessuna ricerca empirica sistematica».
La prima parte della bizzarra analisi, pubblicata sulla rivista Frontiers in Psychology lo scorso 10 gennaio, ha preso in esame diversi articoli giornalistici su scoperte scientifiche del passato potenzialmente legate alla presenza di vita extraterrestre. Attraverso un software che identifica gli stati psicologici analizzando il contenuto delle produzioni scritte, Varnum e collaboratori hanno stimato quale percentuale delle parole negli articoli fosse indice di uno stato d’animo positivo rispetto a un’emozione negativa, di preoccupazione o di rischio.
Non contenti, gli autori della ricerca hanno chiesto a un campione di circa 500 persone di descrivere come si fossero sentiti davanti ad un’ipotetica notizia della scoperta di vita extraterrestre, indicando anche quale fosse, secondo loro, la reazione dell’intero genere umano a tale notizia.
Come ciliegina sulla torta, il team ha selezionato un ulteriore gruppo di persone chiedendo a ciascuna di leggere uno tra i vecchi articoli del New York Times sulla scoperta dei possibili fossili nel meteorite marziano del 1996 (dopo aver accuratamente eliminato data e fonte) e di scrivere come si sentissero dopo aver appreso una notizia del genere.
L’analisi del “contenuto emotivo” negli articoli della prima parte e nelle risposte dei partecipanti al simpatico esperimento ha rivelato che, in tutti e tre i casi, le reazioni positive hanno superato quelle negative: gli esseri umani sarebbero in media felici nell’apprendere di non essere soli nell’universo. Un “hurrà” per i piccoli omini verdi!
La seconda parte della ricerca presentata dal team di Varnum alla conferenza dell’Aaas ha preso in esame alcuni recenti notizie riguardanti l’asteroide interstellare “Oumuamua”, il primo sassone spaziale proveniente dall’esterno del Sistema solare mai osservato finora. C’è chi ha addirittura ipotizzato – nonostante quei guastafeste degli scienziati non siano riusciti a cogliere il benché minimo afflato di vita – che l’ospite roccioso potrebbe in realtà essere un’astronave aliena in visita nel Sistema solare. Analizzando nuovamente il modo attraverso cui queste notizie sono state comunicate, Varnum ha concluso, ancora una volta, che l’umanità accoglierebbe la scoperta degli alieni con piacere piuttosto che con spavento.
In conclusione, stando ai risultati di questo particolare e divertente studio, sembrerebbe che la nostra razza sia pronta ad un incontro ravvicinato con altre forme di vita, che si tratti di organismi microscopici come batteri oppure esseri intelligenti ed evoluti, lasciando il terrore di scenari disastrosi all’immaginario cinematografico e letterario.
Ora che questa importante questione appare sistemata, non resta che la parte facile: setacciare il cielo e scovare i tanto desiderati mostriciattoli spaziali!
Per saperne di più:
- Leggi su Frontiers in Psicology l’articolo “How Will We React to the Discovery of Extraterrestrial Life?“, di Jung Yul Kwon, Hannah L. Bercovici, Katja Cunningham e Michael E. W. Varnum