Il tempo che impiega la Terra a ruotare attorno al proprio asse definisce la durata del giorno sul nostro pianeta. Il tempo che la Terra impiega a compiere un’orbita completa attorno al Sole ne definisce l’anno. Ora uno studio pubblicato su The Monthly Notices of the Royal Astronomical Society si è spinto a indagare sul tempo che impiegano le galassie a ruotare su sé stesse e ha scoperto che si comportano come orologi. Certo, la precisione non è quella di un orologio svizzero, mette le mani avanti il primo autore dello studio, Gerhardt Meurer del UWA node of the International Centre for Radio Astronomy Research (Icrar), «ma a prescindere dal fatto che la galassia sia molto grande o molto piccola, se immagini di sederti sul bordo esterno del suo disco di stelle, gas e polveri, impiegherai circa un miliardo di anni per completare tutto il giro». Questo risultato è stato ottenuto tramite misurazioni nell’ottico, nell’ultravioletto e nell’emissione HI (idrogeno neutro monoatomico) di un campione di galassie che coprono un fattore 30 in termini di dimensioni e velocità, dalle piccole galassie nane irregolari alle più grandi spirali.
Usando una matematica semplice, sostiene Meurer, è possibile dimostrare che tutte le galassie della stessa dimensione hanno la stessa densità interna media. «Scoprire una tale regolarità nelle galassie ci aiuta a capire meglio i meccanismi che le sostengono: non troverai mai una galassia densa che ruota velocemente, mentre vedrai che un’altra galassia con le stesse dimensioni ma una densità inferiore ruoterà sicuramente più lentamente», ha spiegato il ricercatore.
Meurer e i suoi collaboratori hanno anche trovato l’evidenza di stelle più vecchie al limite estremo delle galassie. «Sulla base dei modelli esistenti, ci aspettavamo di trovare una popolazione di stelle giovani al limitare dei dischi galattici che abbiamo studiato. Ma invece di trovare solo gas e stelle appena formate, ai bordi dei loro dischi, abbiamo trovato anche una significativa popolazione di stelle più vecchie, insieme alle giovani stelle e al gas interstellare. Questo è un risultato importante, perché ci permette di sapere dove finisce una galassia, e quindi di limitare le nostre osservazioni senza sprecare tempo, sforzi e risorse di calcolo nello studio dei dati oltre quel confine», sottolinea Meurer. «Grazie a questo lavoro, ora sappiamo che le galassie compiono una rotazione ogni miliardo di anni, e hanno un bordo popolato da una miscela di gas interstellare, stelle vecchie e stelle giovani».
Meurer ha infine ricordato che la prossima generazione di radiotelescopi, come lo Square Kilometer Array (Ska), produrrà enormi quantità di dati, e il fatto di riuscire a stabilire dove si trova il margine di una galassia ridurrà la potenza di elaborazione necessaria per analizzare questi dati in maniera significativa. «Quando Skasarà pronto, nel prossimo decennio, avremo bisogno del massimo aiuto possibile per caratterizzare i miliardi di galassie che questi telescopi metteranno a nostra disposizione».
Per saperne di più:
- Leggi su The Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “Cosmic clocks: A Tight Radius – Velocity Relationship for HI-Selected Galaxies” di Gerhardt R. Meurer, Danail Obreschkow, O. Ivy Wong, Zheng Zheng, Fiona M. Audcent-Ross e D.J. Hanish