Avviso per i cercatori di esopianeti: se volete scoprire o studiare nuovi mondi attorno a stelle con una significativa attività magnetica, potreste incontrare non poche difficoltà nel rivelare quelli di piccola massa. L’attività magnetica di una stella può infatti indurre nelle misure spettroscopiche segnali in grado di sovrastare, fino a “nasconderli”, quelli più piccoli prodotti da pianeti in orbita attorno a essa. Un caso emblematico di questo effetto è riportato nello studio del sistema planetario attorno alla stella nana rossa K2-3, guidato da ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e in pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophyiscs. Da tempo è noto che la stella K2-3 ospita un sistema di tre pianeti di piccolo raggio scoperti con il metodo del transito dal programma scientifico Kepler-2 del telescopio spaziale Kepler della Nasa. Una estesa campagna osservativa con gli spettrografi Harps e Harps-N durata tre anni ha permesso al nutrito gruppo internazionale di ricercatori di ricavare la massa – e quindi desumere la potenziale composizione – dei due dei pianeti più interni che compongono il sistema planetario, tramite l’analisi delle variazioni temporali di velocità radiale della stella. Per il pianeta più esterno, particolarmente interessante perché situato in prossimità della potenziale fascia di abitabilità della stella, quelle informazioni rimangono ancora incerte.
«Il nostro obiettivo era quello di misurare la massa – e quindi la densità, essendo noti anche i raggi – dei tre pianeti, per caratterizzare con precisione il sistema planetario arrivando a definire la composizione media di ciascun pianeta», dice Mario Damasso, ricercatore dell’Istituto nazionale di astrofisica a Torino, che ha coordinato lo studio su K2-3. «Il risultato importante è che, nonostante centinaia di misure e lo sforzo congiunto di più team di ricerca, la massa del pianeta più esterno – prossimo alla zona abitabile – resta non misurata. Le nostre analisi mostrano che l’ostacolo principale all’individuazione di questo pianeta dovrebbe essere il livello di attività della stella, sebbene abbiamo cercato di eliminare i suoi effetti nelle nostre misure per mezzo di tecniche di analisi sofisticate e pur avendo estratto i dati con due diversi algoritmi. Anche sapendo che il pianeta esiste e conoscendo con precisione le informazioni principali sulla sua orbita, i nostri dati non mostrano il segnale atteso: o questo è troppo piccolo per essere rilevato, perché il pianeta è poco massiccio, oppure è l’attività stellare a mascherarlo».
La stella K2-3 si trova a circa 150 anni luce da noi ed è una nana rossa, con una massa di poco superiore alla metà del nostro Sole e decisamente meno brillante. Attorno ad essa sono stati individuati con il metodo del transito almeno tre pianeti che possiedono raggi simili, compresi tra 1,7 e due volte quello della Terra. Il team di ricercatori ha organizzato una estesa campagna osservativa, che tra il 2015 e il 2017 ha raccolto oltre 300 misure di velocità radiale ottenute dagli spettrografi Harps al telescopio da 3,6 metri di La Silla in Cile e Harps-N al Telescopio Nazionale Galileo dell’Inaf, nelle Isole Canarie. Queste misure sono necessarie per ricavare le masse dei pianeti. L’obiettivo è stato raggiunto per i due più interni, che risultano essere rispettivamente 6,6 e 3,1 volte più massicci della Terra.
«Abbiamo così scoperto che, sulla base di modelli teorici, K2-3b e K2-3c potrebbero essere pianeti con un’atmosfera costituita principalmente da idrogeno ed elio, ma non si può escludere che siano costituiti di acqua per più del 50 per cento della loro massa totale», aggiunge Damasso. «La massa del terzo pianeta ci sfugge ancora. Attraverso delle simulazioni abbiamo cercato di capire cosa abbia impedito di misurarla, e queste dimostrano piuttosto chiaramente il ruolo decisivo giocato dall’attività stellare. Abbiamo usato i risultati delle simulazioni per proporre comunque una stima della massa: se il nostro risultato fosse corretto, il terzo pianeta dovrebbe avere una composizione media molto simile a quella degli altri due compagni. Ciò potrebbe implicare che il percorso di formazione e evoluzione è stato simile per tutti e tre i pianeti».
Questo risultato è utile per gli astronomi coinvolti nella ricerca e caratterizzazione di esopianeti di piccola massa, perché dimostra concretamente i limiti imposti dal comportamento fisico di una stella alla misura della massa di un pianeta vicino alla zona di abitabilità di una nana rossa. Ma non è soltanto l’attività stellare che rende difficile la caccia a questi piccoli pianeti. Come sottolinea il direttore del Telescopio nazionale Galileo, Ennio Poretti, «i loro deboli segnali si possono facilmente confondere con gli effetti del campionamento delle misure eseguite da un solo sito. È strategico tenere a disposizione della comunità strumenti molto precisi a diverse longitudini per avere una copertura temporale più continua possibile. In questo contesto, il Tng rimane una struttura insostituibile».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy&Astrophyiscs l’articolo Eyes on K2-3: A system of three likely sub-Neptunes characterized with HARPS-N and HARPS di M. Damasso, A. S. Bonomo, N. Astudillo-Defru, X. Bonfils, L. Malavolta, A. Sozzetti, E. Lopez, L. Zeng, R. D. Haywood, J. M. Irwin, A. Mortier, A. Vanderburg, J. Maldonado, A. F. Lanza, L. Affer, J.-M. Almenara, S. Benatti, K. Biazzo, A. Bignamini, F. Borsa, F. Bouchy, L. A. Buchhave, A. C. Cameron, I. Carleo, D. Charbonneau, R. Claudi, R. Cosentino, E. Covino, X. Delfosse, S. Desidera, L. Di Fabrizio, C. Dressing, M. Esposito, R. Fares, P. Figueira, A. F. M. Fiorenzano, T. Forveille, P. Giacobbe, E. González-Álvarez, R. Gratton, A. Harutyunyan, J. Asher Johnson, D. W. Latham, G. Leto, M.Lopez-Morales, C. Lovis, A. Maggio, L. Mancini, S. Masiero, M. Mayor, G. Micela, E. Molinari, F. Motalebi, F. Murgas, V. Nascimbeni, I. Pagano, F. Pepe, D. F. Phillips, G. Piotto, E. Poretti, M. Rainer, K. Rice, N. C. Santos, D. Sasselov, G. Scandariato, D. Ségransan, R. Smareglia, S. Udry, C. Watson, e A. Wünsche.