Dopo aver individuato centinaia di pianeti extrasolari, analizzato la variabilità di innumerevoli stelle e fornito informazioni sulla loro struttura interna, il telescopio spaziale Kepler aggiunge un’altra scoperta nel suo già notevole palmarés scientifico, riuscendo ora a cancellare l’alone di mistero che aleggiava sui cosiddetti FELT, Fast-Evolving Luminous Transient, ovvero eventi luminosi transienti a rapida evoluzione. Negli ultimi decenni molti FELT, veri e propri lampi che appaiono improvvisamente per scomparire nell’arco di solo qualche giorno, sono stati osservati dagli astronomi con tempi e luminosità non facilmente spiegabili dai tradizionali modelli di supernova. Molti, spesso, non vengono proprio osservati e anche per quelli immortalati da qualche telescopio sono risultati troppo brevi per essere studiati con un dettaglio tale da permetterne di scoprire la loro natura.
L’arma vincente di Kepler, in questo caso, è stata la metodicità delle osservazioni. Pensato per studiare i pianeti extrasolari nella nostra galassia tramite le variazioni di luminosità delle stelle madri dovute al loro passaggio davanti ad esse, raccoglie infatti i dati sulla luminosità di porzioni di cielo selezionate ogni 30 minuti. I FELT abbastanza brillanti che si trovassero ad accendersi in quelle zone non avrebbero possibilità di sfuggire a Kepler. E così è stato: «Siamo riusciti a raccogliere indizi sul meccanismo e le proprietà delle esplosioni: potremmo escludere teorie alternative e arrivare alla spiegazione del modello “dense shell” che rappresenta un modo nuovo per descrivere la fine delle stelle massicce e distribuire materiale nello spazio», commenta Armin Rest dello Space Telescope Science Institute di Baltimora, nel Maryland.
Prima di questo studio le ipotesi intorno ai FELT erano alquanto disparate. Alcuni ritenevano fossero l’afterglow di lampo di raggi gamma, altri delle supernove i cui effetti sono amplificati da magnetar (stelle di neutroni con un potente campo magnetico), altri ancora suggerivano che fossero supernove di Tipo Ia mancate.
«Il fatto che Kepler abbia catturato completamente la rapida evoluzione limita i possibili scenari esotici che descrivono la fine delle stelle. La ricchezza di dati raccolti ci ha permesso di districare le proprietà fisiche dell’esplosione fantasma, come la quantità di materiale che la stella ha espulso alla fine della sua vita e la velocità ipersonica raggiunta dal materiale espulso: questa è la prima volta che possiamo testare i modelli FELT con un alto grado di precisione e collegare davvero la teoria alle osservazioni», ha affermato David Khatami dell’Università della California a Berkeley.
In realtà i FELT sembrerebbero un fenomeno provocato dalla “premorte” di una stella che, meno di un anno prima di esplodere come una supernova, espelle, come piccole eruzioni, diversi gusci concentrici di materia che si allontanano velocemente. Quando lo tsunami di energia esplosiva proveniente dall’esplosione stellare investe questo materiale, il violentissimo impatto trasforma la maggior parte dell’energia cinetica in luce, che dura solo pochi giorni. Ovvero circa un decimo del bagliore tipico prodotto da una supernova.
per saperne di più:
- leggi l’articolo pubblicato su Nature Astronomy A fast-evolving luminous transient discovered by K2/Kepler, di A. Rest et al.