IN PARTICOLARI GALASSIE “FOSSILI”

La pioggia fredda che ingrassa il buco nero

Alcune rare e antiche galassie, piccole ma molto massicce, sono rimaste isolate per miliardi di anni. Questo provoca che il buco nero centrale cresca a dismisura a scapito della formazione stellare, come ha rivelato un nuovo studio, a cui ha partecipato l’italiano Massimo Gaspari dell’Università di Princeton

     25/06/2018

Mrk 1216 vista da Hubble e da Chandra. Crediti: Nasa/Stsc (sx); Nasa/Cxc/Mta-Eötvös University/N. Werner et al. (dx)

Setacciando le profondità del cielo con il telescopio spaziale Hubble, una decina di anni fa gli astronomi avevano scoperto delle rare galassie isolate, con una massa simile alle prime galassie ellittiche formate nell’universo ma solamente un quinto come dimensioni.

Soprannominate “red nuggets” (letteralmente, pepite rosse), ospitano al loro centro un buco nero supermassiccio e sono ritenute preziose perché rimaste quasi a una condizione primigenia, senza avere scontri o interazioni con altre galassie.

Un nuovo studio basato sui dati dell’osservatorio per raggi X Chandra della Nasa, in via di pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society e coordinato dalla Mta-Eötvös University Lendület di Budapest, ha ora scoperto che in un paio di galassie red nuggets relativamente vicine, classificate come Mrk 1216 e PGC 032673, i buchi neri centrali si sono comportati da “bulli”, inibendo la formazione stellare e ingurgitando il relativo gas per crescere fino a proporzioni insolitamente massicce.

«Le red nuggets sono “oro” per gli astronomi perché galassie compatte e ancestrali, che non hanno subìto interazioni con altre galassie per diversi miliardi di anni, sono molto difficili da trovare. Tuttavia permettono di isolare i processi che si svolgono all’interno della galassia da quelli esterni in maniera molto chiara, proprio perché sono rimaste isolate», commenta a Media Inaf Massimo Gaspari, ricercatore all’Università di Princeton (Usa), tra gli autori del nuovo studio.

Massimo Gaspari. Crediti: Princeton University

«La scoperta di questo tipo di galassie è stata di fondamentale importanza per mettere alla prova i modelli più recenti di feedback e accrescimento sui buchi neri (o Agn, nuclei galattici attivi)», prosegue Gaspari, che nel nuovo studio si è precisamente occupato della parte teorica e di confronto con i modelli numerici dei meccanismi di Agn feeding e feedback.

«Essendo tali galassie rimaste isolate per diversi miliardi di anni, l’unica fonte di accrescimento sostanziale proviene dall’alone di gas caldo che le permea e circonda, fino a decine di migliaia di parsec. Il buco nero al centro di Mrk 1216 è infatti molto massivo, 5 miliardi di masse solari», spiega ancora il ricercatore. «Uno dei risultati dello studio è che il modello primario in grado di spiegare tale rapido accrescimento in maniera consistente con i dati osservativi è la cosiddetta “chaotic cold accretion” (Cca), che ha recentemente rivoluzionato il campo dell’accrescimento sui buchi neri. Durante la CCA, una quantità di gas multifase condensa fuori dall’alone caldo della galassia e produce una “pioggia” sul buco nero – un po’ come succede nei temporali terrestri -, aumentandone rapidamente la massa e innescando l’attività dell’Agn via getti radio, che riscaldano infine l’intera galassia».

Per saperne di più:

  • Leggi l’anteprima dell’articolo in via di pubblicazione su MnrasDigging for red nuggets: discovery of hot halos surrounding massive, compact, relic galaxies”, di N. Werner, K. Lakhchaura, R. E. A. Canning, M. Gaspari, A. Simionescu