Nella notte di venerdì 27 luglio 2018, molti occhi saranno puntati verso la Luna, che lentamente entrerà nel cono d’ombra della Terra, eclissandosi completamente per 103 minuti. Il viaggio della Luna attraverso l’ombra della Terra produce uno degli spettacoli più drammatici e impressionanti della natura. Può, questo raro e particolare evento, aiutarci ad approfondire la nostra comprensione del mondo che ci circonda?
Lo abbiamo chiesto a Michele Maris, ricercatore dell’Istituto nazionale di astrofisica all’Osservatorio Astronomico di Trieste, coinvolto nelle missioni spaziali Planck e Euclid dell’Agenzia spaziale europea, nello sviluppo dello strumento Lspe/Strip, appassionato astrofilo, divulgatore scientifico, membro della Associazione di Animazione Scientifica ScienceIndustries e, last but not least, avventuroso speleologo.
Possono essere condotte ricerche scientifiche particolari durante le eclissi?
«Sicuramente oggi si possono studiare molto meglio le occultazioni lunari. Negli ultimi anni stiamo assistendo a un revival dell’uso delle occultazioni lunari, che si verificano quando una stella, un asteroide, una galassia, viene coperta dal disco lunare. Per seguire una occultazione occorre osservare l’oggetto che viene occultato dall’istante in cui la Luna comincia a coprirlo fino a quando il bordo lunare lo occulta completamente. Ma ovviamente la luce riflessa dalla Luna rappresenta un forte disturbo, che sparisce quasi completamente durante le eclissi di Luna. Nel caso di stelle o asteroidi, siccome la Luna può occultare completamente questi oggetti nel giro di un decimo di secondo, servono camere molto veloci, in grado di fare centinaia di riprese al secondo, ragion per cui questo genere di studi aveva perso interesse negli ultimi decenni visto che le camere elettroniche usate in astronomia avevano Ccd che non erano abbastanza rapidi. La situazione però è cambiata, dato che i nuovi rivelatori permettono di arrivare a centinaia di immagini al secondo. Lo studio delle occultazioni permette di fare misure di diametri e posizioni di stelle con risoluzioni angolari dell’ordine del millesimo di secondo d’arco, che in ottico equivale a fare la misura usando un telescopio di 150 metri di diametro, o un interferometro costruito da telescopi posti a una distanza equivalente. Solo che, con le occultazioni, non c’è bisogno di un telescopio così grande. Lo svantaggio evidente è che non è possibile scegliere gli oggetti da studiare e bisogna accontentarsi di quello che passa sotto il disco lunare».
Come si riescono a fare queste misure così precise?
«Studiando la figura di diffrazione che si forma quando la stella viene occultata, ossia quando si immerge o riemerge nel bordo lunare. Ovviamente è più facile durante l’immersione perché si puntano i telescopi sulla stella quando è ancora visibile e si aspetta che si immerga».
Perché l’eclissi è un momento favorevole per fare queste misure?
«Questo genere di misure si può fare sempre ma è molto più facile durante le eclissi perché altrimenti si deve combattere con la luce della Luna, che è molto forte. Ci si propone di guardare una stella di decima o dodicesima magnitudine (circa 250 volte più debole della stella più debole visibile a occhio nudo) con tempi di esposizione di un millesimo di secondo, o meno, con telescopi relativamente piccoli. Avere una Luna meno brillante aiuta molto.
Ad esempio, con telescopi da un metro di diametro, sfruttando le occultazioni, è possibile misurare la distribuzione di luminosità sulla superficie della stella, semplicemente studiando come varia l’intensità della luce ricevuta a terra man mano che le varie parti della stella vengono nascoste dalla Luna. Parti diverse della stella vengono nascoste dal bordo lunare e quindi dalla variazione di luminosità e dalla figura di diffrazione che si forma è possibile ricostruire com’è distribuita la luminosità della stella. Inoltre, è possibile misurare bene il diametro della stella. Sono misure che in realtà si possono fare con interferometri a lunga base, ma i telescopi al mondo che le possono fare sono molto pochi. Di conseguenza, c’è l’interesse per questo genere di misure perché possono essere fatte anche con telescopi più piccoli, potendo raggiungere risoluzioni angolari del millesimo di secondo d’arco. Ad esempio, misurando un’occultazione di Aldebaran, che è una stella piuttosto brillante, hanno osservato asimmetrie nella struttura fotosferica. Inoltre, nel caso delle stelle binarie strette, è possibile misurare molto bene la separazione tra le due componenti».
Cos’altro si può fare durante l’eclissi?
«Un gruppo di ricerca giapponese, lo scorso anno, ha osservato come cambia lo spettro della Luna, via via che l’eclissi avanza, nella parte illuminata dalla luce cinerea. La luna durante l’eclissi viene illuminata dalla luce che attraversa l’atmosfera (ragione per cui la Luna non sparisce completamente e diventa rossa), un fenomeno chiamato luce cinerea. Centrando il telescopio sulla stessa regione della Luna, in modo che la riflettività non cambi, hanno visto come varia lo spettro della radiazione solare mentre attraversa l’atmosfera terrestre. Sostanzialmente, in questo modo si riesce a fare una migliore analisi dell’atmosfera terrestre globale. Una cosa interessante è che la maggioranza della luce cinerea è quella che viene rifratta dall’atmosfera terrestre, verso la Luna, a un’altezza di circa 10 km dalla superficie terrestre. Al di sotto probabilmente le nubi bloccano la maggioranza della luce e al di sopra l’atmosfera diventa troppo tenue per produrre una rifrazione significativa. Quindi, studiare la luce cinerea significa sondare uno strato relativamente ristretto di atmosfera».
«Sempre con questo tipo di analisi, hanno analizzato il livello di polarizzazione di questa luce che sembra essere polarizzata al 3 per cento (nell’ottico) con un aumento nel vicino infrarosso, in corrispondenza alla banda di assorbimento dell’ossigeno molecolare (760 nm). Quindi è l’atmosfera terrestre che sta polarizzando questa luce, attraverso la diffusione (scattering), ma è difficile capire il meccanismo esatto per cui avviene questa polarizzazione e su questo si sta ancora indagando».
«Questi due tipi di analisi (spettro della trasmittanza durante l’eclissi e polarizzazione della luce cinerea) sono interessanti perché costituiscono un banco di prova per lo studio dell’atmosfera degli esopianeti. In un certo senso, quando noi analizziamo la luce che viene trasmessa dall’atmosfera terrestre e riflessa dalla superficie della Luna, stiamo rifacendo in piccolo quello che si pensa di fare in futuro con i pianeti extrasolari. Quando questi passano davanti al loro sole (eclissi), è possibile studiare, soprattutto nelle fasi iniziali e finale della piccola eclissi (transito) che si forma quando il pianeta passa davanti alla stella, lo spettro della luce della stella che passa attraverso l’atmosfera del pianeta, ed è pertanto possibile analizzare l’atmosfera del pianeta. L’esercizio è tecnicamente molto complicato ma questo che si può fare con le eclissi costituisce un buon test».
Nello studio della Luna abbiamo un potente alleato, Lro della Nasa, che orbita dal 2009 a 50 km dalla sua superficie. Ci sono novità da parte di Lro, magari legate alle eclissi?
«Lro sta scoprendo una valanga di cose. Quella più divertente, secondo me, sono le fotografie dei pozzi delle grotte lunari. Da speleologo sulla Terra, dico che sarebbe bello andare a fare un giretto sulla Luna per esplorare le grotte lunari. In realtà non sono proprio grotte, bensì si tratta dei cosiddetti lavatube (tunnel di lava), il cui tetto è crollato o e stato sfondato da qualche meteorite. Le caverne lunari ci darebbero la possibilità di accedere al sottosuolo lunare senza fare trivellazioni. Inoltre ci permetterebbero di installare delle basi sicure. Infatti, un conto è andare a fare una passeggiata lunare che dura 48 ore, come è stato fatto negli anni ’60 e ’70, ma diverso, e ben più pericoloso, è mettere una base lunare e rimanere sulla Luna per tanto tempo, anche anni. In tal caso, la probabilità di essere colpiti da meteoriti inizia ad essere significativa. Anche perché non bisogna pensare solo alle collisioni primarie: meteoriti relativamente più grossi producono urti secondari, dovuti a frammenti di luna che si staccano quando il meteorite cade. Inoltre, il vero grosso problema del vivere sulla superficie della Luna è il vento solare e le radiazioni cosmiche. Stare sulla Luna è come stare nello spazio. Potendo mettere la base lunare nel sottosuolo, si riuscirebbe ad essere schermati da queste radiazioni, senza bisogno di costruire una enorme e robusta struttura portante rigida perché ci si potrebbe ancorare alla roccia. Si tratterebbe quindi solo di sigillare la roccia, dandoci la possibilità di entrare. Altro grosso vantaggio, la base sarebbe protetta dalle grandi variazioni termiche tra notte e giorno. Certo, sarebbe sempre molto freddo ma sarebbe un freddo costante. Bisognerebbe fare delle misure interne per vedere l’escursione termica al di sotto della regolite. Probabilmente, già pochi metri sotto la superficie lunare gli sbalzi termici sono molto più limitati rispetto a quelli che si hanno in superficie. Quando arriva l’eclissi sulla Luna la temperatura crolla abbastanza velocemente a livelli paragonabili a quelli della notte, poiché l’eclissi di Luna dura parecchio rispetto a quella di Sole».
Insomma, la Luna continua a essere molto interessante da studiare, nonostante siano già passati 49 anni dallo sbarco del primo uomo sulla sua superficie…
«Sì, assolutamente. Ad esempio, altra cosa che si cerca sulla Luna, indipendentemente dall’eclissi, sono i lampi di luce prodotti da piccoli meteoriti che si infrangono sulla superficie lunare. Anche gli astrofili partecipano a questa ricerca. È una cosa interessante perché ci permette di fare una stima migliore del rischio di impatto degli asteroidi sulla terra, perché sulla Luna, non essendoci l’atmosfera, si riesce a vedere l’impatto anche quando il meteorite è relativamente piccolo. Infine, la Luna sta diventando il bersaglio per una serie di piccole missioni che si propongono di usarla come schermo per occultare artificialmente sorgenti di raggi gamma. Sostanzialmente, si vuole usare la Luna come schermo e usare un telescopio gamma, facendo quello che si fa in ottico con le stelle, ma in questo caso osservando le sorgenti di raggi gamma. Una soluzione che offrirebbe un grande guadagno, perché costruire un’ottica molto direttiva a queste lunghezze d’onda è assai complicato e il fatto di avere qualcosa che blocchi la sorgente in alcune direzioni può fornire un grosso vantaggio, molto maggiore di quello che si ha nell’ottico».
Questi gli articoli di Media Inaf dedicati all’eclissi di luna del 27 luglio 2018: