«Sono un abruzzese doc, nato a Pescara nel 1954 in una famiglia originaria di un paesino vicino L’Aquila, San Demetrio ne’ Vestini. Devo dire che due aspetti del mio carattere tipicamente abruzzese, la perseveranza nel raggiungimento di un obiettivo e l’apprezzamento delle qualità umane nel prossimo, mi hanno sempre aiutato nel lavoro e nelle relazioni con i colleghi». E devono averlo aiutato davvero bene: Roberto Bruno, primo ricercatore all’Istituto di astrofisica e planetologia spaziali dell’Inaf di Roma, è l’unico italiano ad aver ricevuto, nel 2018, uno dei premi annuali dell’American Geophysical Union (Agu): lo Space Weather and Nonlinear waves and Processes Prize. Riconoscimento che viene attribuito da due sezioni congiunte dell’unione geofisica d’oltreoceano: quella di geofisica non lineare e quella di fisica spaziale e aeronomia.
Geofisica non lineare, aeronomia… dottor Bruno, che settori della scienza sono mai, questi per i quali è stato premiato?
«L’aeronomia è una branca delle scienze planetarie – quali la meccanica celeste, la geologia, la biologia, eccetera – e studia le atmosfere planetarie e i processi che le caratterizzano. Con il termine “non lineare” si fa invece riferimento a tutti quei sistemi per i quali le ampiezze delle fluttuazioni dei parametri che li descrivono non sono affatto trascurabili rispetto ai valori medi dei parametri stessi. Questo può spingere il sistema verso un comportamento complesso che non può essere descritto ricorrendo a metodi analitici generali. In particolari condizioni, alcuni di questi sistemi possono assumere un comportamento caotico, non prevedibile, come ad esempio non è prevedibile conoscere la posizione esatta di una particella di acqua, nello scorrere turbolento di un torrente, al tempo t+dt conoscendone la posizione al tempo t».
Sono questi comportamenti caotici, l’oggetto delle sue ricerche?
«Sì. Onde e processi non lineari e caos giocano un ruolo fondamentale nella generazione della turbolenza e nell’accelerazione e riscaldamento dei plasmi astrofisici e di laboratorio, nonché nella modulazione dei raggi cosmici e delle particelle energetiche solari. Io, in particolare, mi occupo di studiare gli aspetti più rilevanti della turbolenza nel vento solare con particolare riguardo ai meccanismi che la generano o la dissipano, facendo largo uso di osservazioni da satellite».
Ed è per questi studi che i geofisici americani hanno deciso di dare a lei il premio?
«A dire il vero non ho ancora ricevuto la motivazione. Quello che so è soltanto ciò che ho letto sul sito web del premio, e cioè che fu istituito nel 2013 e ha lo scopo di riconoscere i meriti e l’attività scientifica svolta durante la carriera di ricercatori nel campo della meteorologia spaziale e dei processi non lineari che sono alla base del comportamento dei plasmi spaziali. Il premio si basa su un ciclo biennale, alternandosi fra space weather e nonlinear waves and processes, e il 2018 è la volta di quest’ultimo. Nel mio caso specifico, credo che il premio sia stato dato sulla base degli studi condotti in collaborazione con alcuni colleghi sui processi non lineari rilevanti per la dinamica del vento solare. Colgo quest’occasione per esprimere un sentito ringraziamento a tutti i colleghi con i quali ho collaborato nel corso degli anni. Senza il loro contributo non avrei mai ricevuto questa onorificenza».
Quando l’ha saputo?
«Il 9 luglio mi è giunta una comunicazione ufficiale da Annick Pouquet, presidente della Nonlinear Geophysics Section, con la raccomandazione di non divulgarne il contenuto fino all’annuncio ufficiale del 30 luglio scorso da parte dell’Agu. Devo dire che non ci contavo affatto: avevo accettato di candidarmi solo perché un caro amico mi ha chiesto di farlo. Quando ho letto l’intestazione della mail che cominciava dicendo “Congratulations you have been selected…”, per un attimo ho pensato si trattasse di spam, ma poi ho realizzato che era tutto vero. Una sensazione bellissima che corona tanti anni di lavoro».
Quando le verrà consegnato, il premio?
«Lo ritirerò personalmente durante lo svolgimento del prossimo congresso dell’Agu, nella settimana dal 10 al 14 dicembre, a Washington, città dove ho iniziato la mia carriera scientifica quasi 40 anni fa, quando ero borsista presso il Goddard Space Flight Center della Nasa»
Come ci era arrivato, alla Nasa?
«Avevo frequentato il corso di Fisica presso l’università di L’Aquila, laureandomi con una tesi sulle prime osservazioni in situ del vento solare che giungevano, alla fine degli anni ‘70, dalle sonde Helios 1 e 2 – le prime a raggiungere un perielio situato all’interno dell’orbita di Mercurio. In quei tempi non si sapeva molto della struttura a grande scala del mezzo interplanetario, e nel gruppo di Fisica dello spazio di Umberto Villante, mio relatore di tesi, c’era tantissimo entusiasmo per un tipo di ricerca che per alcuni aspetti era davvero pionieristica. Più tardi, dopo 18 mesi passati in Marina, vinsi una borsa per l’estero del Cnr, e dal 1980 al 1982 passai un periodo presso il Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland (Usa), lavorando sotto la guida di Leonard Burlaga sui recenti dati dei Voyagers. Periodo veramente straordinario, durante il quale ebbi anche la fortuna di conoscere mia moglie».
Le hanno già fatto sapere in cosa consiste, concretamente, il premio?
«Sì. Devo dire che è stata una piacevole sorpresa scoprire che al riconoscimento intellettuale è associato un premio in denaro di diecimila dollari».
Ha già pensato a come spenderli?
«Lascerò che siano i miei cari a decidere cosa farne. Devo molto a mia moglie Adelina, che troppe volte nel corso degli anni ha dovuto chiedermi: “torni a casa per cena stasera? Sì o no?!”. E mi piace condividere questo premio con i miei figli – Alessandro, Francesco e Maria – con i quali, guardando indietro negli anni, avrei dovuto trascorrere molto più tempo».
Scienza, famiglia, Abruzzo… c’è qualcos’altro che la appassiona?
«Be’, di interessi extra-scientifici ne ho parecchi. Uno in particolare: adoro aggiustare elettrodomestici. Può sembrare strano ma è così. Se per altri un elettrodomestico che non va può rappresentare un problema, per me è un’occasione per mettermi alla prova, una sfida personale. Quando la sfida termina con una mia vittoria sulla macchina sono l’uomo più felice del mondo, e devo dire che questo accade quasi sempre, per fortuna!».