Le iniziali stanno “Transient High-Energy Sky and Early Universe Surveyor”, dunque un indagatore dei transienti – i fenomeni di breve durata – nel cielo ad alta energia e nell’universo primordiale. Ma la parola che formano, in quel gioco degli acronimi al quale nessun ricercatore intento a formulare una proposta sembra in grado di sottrarsi, è Theseus. E come l’eroe dell’antica Grecia anche Theseus ha una sfida davanti a sé, un dedalo insidioso dal quale – se vuole continuare a esistere – dovrà riemergere vincitore: la selezione per M5, la quinta missione di classe media dell’Agenzia spaziale europea (Esa). In palio un budget da 550 milioni di euro, tanto l’Esa è intenzionata a mettere sul piatto, ai quali andranno aggiunti i contributi dei singoli paesi europei per la realizzazione degli strumenti scientifici e del segmento di terra, contributi che nel caso di Theseus significano altri 115 milioni di euro.
Nel labirinto sono rimaste tre proposte soltanto, e Theseus è l’unica a guida italiana. Tre proposte che, oggi e nel corso delle prossime settimane, proveremo a illustrarvi con altrettante interviste ai protagonisti scientifici delle missioni. Partendo, appunto, dal principal investigator di Theseus, l’astrofisico Lorenzo Amati, dirigente di ricerca all’Inaf Oas di Bologna.
Amati, qual è l’obiettivo scientifico della vostra proposta?
«Theseus è un cacciatore di transienti nel cielo di alta energia: di gamma ray burst (Grb) ad alto redshift, in particolare, ma anche di tutti i tipi di Grb e quasi tutte le classi di transienti nei raggi X e gamma. Queste sorgenti sono seguite da emissioni ottiche e infrarosse prodotte da diverse fenomenologie. Per esempio, nel caso dei gamma ray burst c’è il cosiddetto afterglow, la luminescenza che segue il lampo: catturare questa emissione ottico-infrarossa permette la misura del redshift, dunque della distanza, che è uno dei nostri obiettivi principali. Oppure, nel caso della fusione di due stelle di neutroni, come dimostrato dalle storiche osservazioni di Gw 170817, può produrre contestualmente onde gravitazionali, un lampo gamma corto e l’emissione di kilonova nel vicino infrarosso. Per sorgenti di questo tipo Theseus sarà in grado di rivelare e localizzare accuratamente e in brevissimo tempo sia l’emissione gamma che quella infrarossa, oltre all’eventuale emissione nei raggi X di bassa energia prevista da diversi modelli».
Dove verrà posto in orbita?
«Theseus è un satellite che dovrebbe volare nella cosiddetta “orbita equatoriale bassa”, a un’altitudine di circa 600 km e con un’inclinazione rispetto all’equatore celeste al massimo di pochi gradi: è un’orbita usata spesso da questo tipo di satelliti per l’astronomia X e gamma, perché permette di sfruttare il campo magnetico della Terra come schermo per le radiazioni ionizzanti e mantenere così il fondo strumentale il più basso e stabile possibile».
Fra le tre proposte in gara per M5, dicevamo, Theseus è l’unica a guida italiana. Ma oltre a ciò qual è il contributo del nostro paese alla missione?
«L’Italia svolge in Theseus un ruolo di primo piano sia dal punto di vista scientifico che tecnologico, ruolo esercitato con la leadership dell’Inaf, il fondamentale supporto dell’Asi e il contributo di diverse università, di alcune sezioni dell’Infn e della Fondazione Bruno Kessler di Trento. In particolare, l’Italia ha avuto e ha il coordinamento del consorzio internazionale, con me come lead proposer, e di alcuni working group scientifici, e ha la responsabilità del monitor di alte energie Xgis, l’X-Gamma-ray Imaging Spectrometer».
Ecco, a proposito di strumenti scientifici: quali saranno?
«Il set di strumenti proposto è una coppia di monitor per le alte energie: uno per i raggi X “soffici” (ovvero meno energetici, da circa 0.3 keV a qualche keV) e uno – l’Xgis, appunto, quello a responsabilità italiana – per i raggi X “duri” (ovvero più energetici, da 1-2 keV fino ad almeno una decina di MeV). Avrà inoltre un telescopio sensibile alla radiazione nel vicino infrarosso, con lunghezza d’onda da circa 0.7 a circa 1.8 micron. Tutto questo abbinato alla capacità del satellite di effettuare una velocissima “slew” per puntare il telescopio infrarosso nella direzione del gamma-ray burst o della transiente di interesse rivelata e localizzata dai monitor».
Ricorda molto un altro cacciatore di Grb, il telescopio spaziale Swift…
«Theseus, come Swift, ha dei monitor che localizzano e identificano accuratamente i gamma ray burst, o altre classi di transienti nei raggi X e gamma, e ha la capacità del satellite di fare il cosiddetto slewing, ovvero di puntare il telescopio nella direzione localizzata dai monitor in pochi minuti. Le differenze sostanziali rispetto a Swift – che permetteranno per esempio di aumentare enormemente l’efficienza per la rivelazione, localizzazione e identificazione dei lampi gamma esplosi nell’universo primordiale, o delle emissioni elettromagnetiche associate a segnali di onde gravitazionali – consistono nella banda energetica molto più larga, in una sensibilità molto maggiore nei raggi X di bassa energia e nell’utilizzo di un telescopio infrarosso anziché X».
Circa la capacità di slewing, per compiere questo puntamento in modo rapido Swift adotta una tecnologia in qualche modo “segreta”. Voi come farete?
«In effetti la tecnologia che utilizza Swift è ritenuta ancora non disponibile dall’Agenzia spaziale europea, quindi per la nostra proposta – essendo richiesto un livello di tecnologia già ritenuto realizzabile da Esa – abbiamo individuato una tecnologia che non ha gli stessi tempi di reazione di Swift, pari in media a circa 50 gradi in un minuto, ma un po’ peggiori, di qualche minuto. Diciamo che nella baseline attuale è previsto che Theseus riesca a puntare il telescopio infrarosso nella direzione del transiente o del gamma ray burst rivelato da uno o entrambi i monitor nell’arco di 5-10 minuti al massimo».
Rispetto a Swift sarà dunque più lento?
«Attualmente sì, è previsto che sia in qualche modo più lento, ma comunque veloce a sufficienza per catturare l’emissione ottico-infrarossa quando è ancora sufficientemente brillante da permettere le misure di imaging e spettroscopia fondamentali per i goal scientifici della missione. Al tempo stesso è molto probabile che da qui al 2032, data del lancio, performance analoghe a quelle di Swift saranno possibili anche per le missioni dell’Esa, permettendo a Theseus di ottenere risultati ancora migliori».
È la prima volta che Theseus partecipa alla selezione per una missione dell’Agenzia spaziale europea?
«No, una proposta molto simile – più o meno lo stesso consorzio e più o meno lo stesso concetto di missione – era stata sottomessa per la selezione di M4, ma era stata giudicata troppo costosa per Esa. Occorre però ricordare che il budget per M4 era significativamente minore di quello attuale».
Ragioni di budget, dunque. Era emerso anche qualche problema tecnico?
«Erano state segnalate alcune criticità, in particolare sulla stabilità del puntamento del telescopio infrarosso. Criticità segnalate in giallo, non in rosso, che è il colore che ti fa escludere dalla successiva fase di valutazione scientifica – e noi il rosso lo avevamo sul costo. In ogni caso, abbiamo sfruttato il feedback tecnico dell’Esa per M4 per migliorare il nostro concetto di missione. Per esempio, la stabilità del puntamento richiesta era di circa un secondo d’arco per poter fare spettroscopia ad alta risoluzione, la cosiddetta “spettroscopia a slit”, ma a questa caratteristica abbiamo rinunciato, dunque non è più un problema».
Così facendo non avete sacrificato un po’ le capacità spettroscopiche della missione?
«Diciamo che le abbiamo “moderate”, compensando con un particolare sistema a grating. Non ha le stesse capacità della spettroscopia a slit, è un po’ peggiore, ma permette comunque di raggiungere il nostro scopo, che è quello di misurare il redshift dei gamma ray burst esplosi nell’universo primordiale e di compiere anche un’analisi della metallicità e della frazione di idrogeno neutro delle loro galassie ospiti. Insomma, un leggero descoping che non intacca in modo significativo il caso scientifico».
La missione è a guida italiana, ma il sito è ospitato dall’Università di Ginevra. Come mai?
«Per praticità. Una scelta naturale ed efficiente, dato che all’università di Ginevra, nella collaborazione, spetta la guida del science data center e, in queste prime fasi di studio, il project configuration control. Questo ci permette anche di sfruttare la grande esperienza acquisita dai colleghi svizzeri, con un ruolo importante dell’italiano Enrico Bozzo, per i precedenti studi di fase 0/A di Loft (M3) e Xipe (M4)».
Facebook, Twitter… sui social non c’è traccia di pagine dedicate a Theseus. Com’è che siete così poco social?
«È un aspetto sul quale ci attiveremo presto. Fino a qualche mese fa, Theseus era solo una proposta, aveva risorse limitate e ci siamo concentrati molto sul coinvolgimento della comunità scientifica, con workshop, white paper, proceedings. Insomma, abbiamo curato innanzi tutto la comunicazione del progetto agli scienziati. Ora che, dopo la selezione da parte di Esa, Theseus è diventato un progetto vero e proprio, con finanziamenti e personale a esso dedicati in arrivo, cureremo sicuramente anche l’aspetto “social” e la comunicazione rivolta direttamente al pubblico».
Cogliamo l’occasione e cominciamo ora: perché un contribuente dovrebbe preferire Theseus alle altre due missioni in gara, Spica ed Envision?
«Perché Theseus sarà una missione unica per dare un contributo fondamentale a problemi aperti, di grande interesse scientifico e culturale, legati allo studio dell’universo nelle prime centinaia di milioni di anni dopo il big bang. Parliamo ad esempio della nascita, proprietà ed evoluzione delle prime stelle e delle prime galassie, così come delle cause, della fisica e dell’evoluzione del processo di re-ionizzazione cosmica. Al tempo stesso, Theseus sarà una missione fondamentale sia per la neonata astrofisica multi-messaggero che, più in generale, per la time-domain astronomy, fornendo una grandissima sinergia con i futuri grandi osservatori da terra e dallo spazio sia nel dominio elettromagnetico (per esempio, Elt, Tnt, Lsst, Cta, Ska e Athena) che in quello delle onde gravitazionali (penso ai futuri sviluppi di Ligo e Virgo, l’Einstein Telescope) e dei neutrini (per esempio, Km3NeT)».
E dal punto di vista delle ricadute industriali, anche in termini di investimenti?
«Dalla realizzazione di Theseus l’industria italiana potrà trarre diversi vantaggi. A livello di strumento italiano, l’Xgis, la tecnologia abilitante è in gran parte basati su sviluppi industriali italiani – la Fbk di Trento, per esempio, ha un ruolo fondamentale nella produzione dei rivelatori al silicio, i silicon drift detector – e sicuramente le imprese italiane, o le sedi nazionali di imprese multinazionali, con eccellente esperienza nel campo dell’astrofisica spaziale, saranno fortemente coinvolta nelle future fasi di realizzazione. Nella fase realizzativa, gran parte del supporto finanziario di Asi andrà a coprire questi costi industriali. E a livello di sistema, l’auspicio è che l’investimento delle industrie italiane che ci hanno aiutato per la parte ingegneristica della proposta, o anche solo fornito utilissime consulenze e discussioni, possano avvantaggiarsene in fase di appalto dello studio di sistema da parte dell’Agenzia spaziale europea».
Per saperne di più:
- Vai al sito web della missione
- Leggi il preprint dell’articolo “The THESEUS space mission concept: science case, design and expected performances“, di L. Amati et al.