ANCORA NESSUN SEGNALE DAL ROVER

Aspettando Oppy

È dallo scorso 10 giugno che il rover Opportunity della Nasa non dà segni di vita. Ma la tempesta di polvere che lo ha costretto all’isolamento sembra placarsi, e i tecnici della missione si preparano a tentare di ristabilire un collegamento

     17/08/2018

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L’ultimo contatto risale al 10 giugno scorso. Da allora nessun segnale è più arrivato da Opportunity, il piccolo rover della Nasa in azione sul Pianeta rosso dal 2004. La causa è quasi certamente l’intensa tempesta di polvere che da inizio giugno imperversa su Marte. Tempesta che sembra però finalmente intenzionata a placarsi: le ultime osservazioni, riferisce la Nasa, mostrano che la quantità di polvere che si sta depositando ha finalmente superato quella sollevata dal maltempo. Insomma, il peggio potrebbe essere passato. Cosa possiamo dunque attenderci? È ragionevole sperare che per Opportunity non sia ancora arrivato il momento di dichiarare la fine della missione, come invece già accaduto da tempo per il suo rover gemello, Spirit, le cui trasmissioni sono terminate oltre otto anni fa?

Gli scienziati sono ottimisti. Le batterie di bordo dovrebbero essere ancora in buono stato, ed è dunque sufficiente che – calando la polvere – la luce che arriva ai pannelli solari superi la soglia critica, ridando così fiato all’elettronica di bordo. Quale soglia? I conti degli ingegneri della missione dicono che occorre una profondità ottica al di sotto di 2. La profondità ottica – una sorta di misura dell’opacità – si misura in tau: più il valore è alto, più l’ambiente è opaco, mentre un valore di tau pari a zero indica la trasparenza massima. In condizioni normali, nella regione di Marte battuta da Opportunity tau si aggira attorno a 0,5. Ma a causa della tempesta il valore è schizzato a oltre 10 (vedi animazione qui sotto): l’ultimo bollettino meteo inviato a terra da Opportunity mostrava un preoccupante 10,8. Se tornerà a scendere al di sotto di 2, appunto, la radiazione che colpisce i pannelli solari sarà sufficiente a ricaricare le batterie.

Ecco com’è variata l’opacità dell’atmosfera marziana a causa della tempesta di polvere. Crediti: Mars Color Imager camera onboard Nasa’s Mars Reconnaissance Orbiter

A quel punto, se Opportunity si trovasse in stato di ibernazione (uno stato, detto in gergo low-power fault, nel quale il rover entra automaticamente quando l’energia disponibile non è più sufficiente a condurre le normali operazioni), ecco che dovrebbe risvegliarsi automaticamente e riprendere le trasmissioni. Lo stesso dovrebbe avvenire anche se il rover si trovasse in uno degli altri due possibili stati previsti dalla Nasa: in clock fault, ovvero senza più riferimenti temporali, come se si fosse rotta la sveglia, ma in questo caso dovrebbe essere sufficiente l’incremento della luce ambientale a segnalare al rover che è giunta ora di ridestarsi; o in uploss fault,  una situazione in cui il rover comprende di non essere più in grado di comunicare ma non sa perché, e dunque esegue periodicamente una serie prestabilita di test e tentativi di ristabilire i contatti.

Contatti che difficilmente ripartiranno di colpo a pieno ritmo. La ripresa sarà verosimilmente molto lenta, simile a quella di un paziente che esce da uno stato di coma, spiega la Nasa. Al primo segnale di vita potrebbero seguire giorni di silenzio, forse anche settimane. Le prime comunicazioni saranno tutte dedicate a diagnosticare lo stato del rover: temperatura, capacità delle batterie, stato dei pannelli solari… Se necessario verrà resettato il clock di bordo, verrà chiesto a Opportunity di compiere una serie di movimenti e – per capire se la polvere si è infiltrata in parti critiche – di scattarsi qualche foto.

Solo a quel punto partiranno i tentativi per un recupero. Recupero che comunque, avvisano i tecnici della missione, non è affatto garantito possa essere completo: dopo la batosta subita, il piccolo Oppy potrebbe non essere più lo stesso. Le batterie, per esempio, avendo quasi esaurito la carica, potrebbero aver perso per sempre buona parte della loro capacità di accumulare energia. D’altronde, per una missione che doveva durare 3 mesi e che invece si accinge a compiere 15 anni, qualche acciacco va pure messo in conto.