LO STUDIO SU NATURE ASTRONOMY

Gaia e Hipparcos pesano un giovane pianeta

Combinando i dati più recenti del satellite Gaia dell’Esa con quelli del suo predecessore Hipparcos, attivo all’inizio degli anni Novanta, due ricercatori dell'Università di Leiden, nei Paesi Bassi, hanno misurato per la prima volta la massa di Beta Pictoris b grazie a misure astrometriche

     24/08/2018

Il pianeta Beta Pictoris b è visibile in orbita attorno alla stella ospite in questa immagine composita dai telescopi dell’Eso. Il sistema Beta Pictoris ha solo circa 20 milioni di anni, circa 225 volte più giovane del Sistema Solare. L’osservazione di questo sistema dinamico e in rapida evoluzione può aiutare gli astronomi a far luce sui processi di formazione dei pianeti e sulla loro evoluzione precoce. Crediti: Eso/A-M. Lagrange et al.

Pesare pianeti non è mai una cosa semplice. Non ne vogliono sapere di salire su una bilancia, così per conoscere la loro massa bisogna studiare il movimento non solo loro, ma anche della stella attorno a cui orbitano. Per fortuna, oggi c’è la sonda spaziale Gaia dell’Esa che sta osservando più di un miliardo di stelle della nostra galassia ai fini di misurarne la posizione e i moti, agevolando quindi in futuro la ricerca di esopianeti dall’analisi dei dati ottenuti. Nel frattempo, come fare?

Gli astronomi Ignas Snellen e Anthony Brown dell’Università di Leiden ( Paesi Bassi) hanno studiato la stella Beta Pictoris e il suo pianeta combinando i ventidue mesi di osservazioni incluse nella seconda data release di Gaia, pubblicata nell’aprile scorso, con i dati della missione Hipparcos dell’Esa, che fu attiva tra il 1990 e il 1993. In questo modo hanno aggiunto alla trentina di osservazioni della stella compiute finora da Gaia le centoundici fatte dal suo predecessore.

«La stella si muove per diversi motivi. In primo luogo», dice Snellen, «gira intorno al centro della Via Lattea, proprio come fa il Sole. Questo appare dalla Terra come un movimento lineare proiettato nel cielo. Lo chiamiamo moto proprio. Poi c’è l’effetto di parallasse, che è causato dalla Terra in orbita attorno al Sole. Per questo motivo, nel corso dell’anno, vediamo la stella da angoli leggermente diversi». A questi moti si aggiungono piccole oscillazioni nella traiettoria della stella attraverso il cielo rispetto alle previsioni: oscillazioni dovute all’attrazione gravitazionale del pianeta in orbita attorno alla stella stessa. «Guardiamo alla deviazione da ciò che ci si aspetterebbe se non ci fosse un pianeta, e quindi misuriamo la massa del pianeta dalla significatività di questa deviazione. Più massiccio è il pianeta, più significativa è la deviazione», spiega Brown.

Per poter fare una valutazione del genere, gli astronomi devono osservare la traiettoria della stella per molto tempo, così da comprendere correttamente il moto proprio e l’effetto di parallasse. Per questo motivo i due astronomi hanno combinato i dati delle due missioni spaziali, ottenendo con successo una prima stima della massa di un pianeta giovane, Beta Pictoris b, usando misure astrometriche.

Gli astronomi possono misurare la massa degli esopianeti osservando minuscole deviazioni nelle traiettorie delle loro stelle ospiti causate dall’attrazione gravitazionale dei pianeti orbitanti. Questi possono essere osservati o lungo la linea di vista, cercando piccoli cambiamenti nella velocità radiale di una stella, o sul piano del cielo, usando misure astrometriche. Per essere in grado di effettuare valutazioni accurate, le osservazioni astrometriche devono coprire un periodo di molti anni. In questa immagine, la spirale bianca tratteggiata mostra l’evoluzione della traiettoria di una stella osservabile dalla Terra, causata dalla combinazione di parallasse e moto proprio. La banda marrone mostra la gamma di deviazioni della traiettoria della stella causata da un possibile pianeta in orbita attorno a essa. Crediti: Esa

«Combinando i dati di Hipparcos e Gaia, che hanno una differenza di tempo di circa 25 anni, si ottiene un moto proprio a lungo termine. Questo moto proprio contiene anche la componente causata dal pianeta orbitante», dice Brown, e aggiunge: «Hipparcos da solo non sarebbe stato in grado di trovare questo pianeta, perché sembra una stella singola, perfettamente normale a meno di averla misurata per un tempo molto lungo. Ora, combinando Gaia e Hipparcos e osservando la differenza di moto proprio a breve e a lungo termine, possiamo vedere l’effetto del pianeta sulla stella».

L’esopianeta è stato scoperto nel 2008 attorno alla seconda stella più luminosa della costellazione del Pittore, grazie alle immagini catturate con il Vlt dell’Eso in Cile. La stella – e perciò anche il suo pianeta – ha circa 20 milioni di anni, 225 volte più giovane del nostro Sistema solare; questo rende molto interessante lo studio di questo sistema planetario, poiché «nel sistema Beta Pictoris, il pianeta si è essenzialmente appena formato», commenta Snellen, «quindi possiamo avere un’idea di come si formano i pianeti e come si comportano nelle prime fasi della loro evoluzione. D’altra parte, la stella è molto calda, ruota velocemente e pulsa».

Ciò rende però il sistema molto difficile da studiare, poiché i metodi convenzionali funzionano soprattutto per sistemi che hanno superato la fase iniziale e sono pertanto più stabili, mentre per Beta Pictoris è difficile misurare la sua velocità radiale, cioè la velocità con cui la stella sembra avvicinarsi e allontanarsi periodicamente dalla Terra. È dalle piccole variazioni di velocità radiale che si può ricavare la massa dell’esopianeta e una prima stima dei limiti superiori alla massa era stata fatta anche per Beta Pictoris b con questo metodo, ma per ottenere una migliore stima, Snellen e Brown hanno guardato altrove, combinando i precisi dati di posizione e movimento della stella nell’arco del quarto di secolo coperto dalle due missioni spaziali europee.

L’esito dello studio, pubblicato su Nature Astronomy, è che Beta Pictoris b è un gigante gassoso simile a Giove, ma dalle 9 alle 13 volte più massiccio. Questo risultato rappresenta un passo importante verso una migliore comprensione dei processi coinvolti nella formazione dei pianeti e anticipa le scoperte attese dai futuri dati del satellite Gaia, come afferma Timo Prusti, project  scientist di Gaia: «Gaia troverà migliaia di esopianeti, ma è ancora nella nostra lista delle cose da fare. Il motivo per cui gli esopianeti possono essere attesi solo più avanti nella missione è il fatto che per misurare la piccola oscillazione provocata dagli esopianeti, dobbiamo tracciare la posizione delle stelle per diversi anni».

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