Un gruppo di ricercatori ha esaminato un quarzo di silice in un meteorite primitivo scoprendo che si tratta del primo a presentare prove dirette di condensazione di silice all’interno del nostro disco protoplanetario solare. Provenienti dalla Waseda University, dalla Graduate University for Advanced Studies, dalla University of Hawaii a Manoa, da Harvard University e dal National Institute for Polar Research, gli esperti hanno studiato il meteorite primitivo Yamato-793261 (Y-793261), una condrite carbonacea raccolta dai ghiacci vicino al monte Yamato durante la ventesima spedizione di ricerca antartica del Giappone nel 1979.
«Il grado di cristallinità della materia organica in Y-793261 dimostra che non è stato sottoposto a metamorfismo termico», ha spiegato Timothy Jay Fagan, professore di geochimica presso la Waseda University. «Ciò conferma che Y-793261 conserva minerali e strutture della sua origine, fornendoci dati del primo Sistema solare».
Precedenti studi e osservazioni spettroscopiche a infrarossi avevano già suggerito l’esistenza di silice in altre stelle appena formate, ma non è mai stata trovata – finora – alcuna traccia di condensazione “gas-solido” del silice in meteoriti primitivi provenienti dai primi stadi del nostro Sistema solare.
Tra le componenti importanti delle condriti ci sono le inclusioni refrattarie, che si formano ad alte temperature e sono i solidi più antichi del Sistema solare. Le inclusioni refrattarie possono essere suddivise in inclusioni ricche di calcio-alluminio (CAI) e aggregati di olivina ameboide (AOA). Il gruppo di ricercatori ha trovato questa seconda tipologia nel meteorite Y-793261 contenente minerali ultrarefrattari (altissime temperature) di scandio e zirconio insieme al quarzo (che si forma a temperature relativamente più basse). «Tale varietà di minerali implica che questo oggetto sia condensato dal gas nebulare al solido in un ampio intervallo di temperature da circa 1500 – 900° C. Questo aggregato è il primo del suo genere ad essere trovato nel nostro Sistema solare», ha sottolineato Fagan.
Lo studio, che permette agli esperti di compiere un grande passo in avanti nella comprensione della formazione ed evoluzione del Sistema solare, è stato pubblicato in Proceeding of the National Academy of Sciences of the United States of America (PNAS).