Chi l’avrebbe mai detto che Giove, il pianeta più grande del Sistema solare (equatore dal diametro di 143 mila chilometri), avesse avuto dei problemi durante la sua “adolescenza”! Ebbene sì, una sorta di disturbi nella fase di crescita ricostruiti ora da un gruppo di astrofisici del centro di ricerca svizzero Nccr PlanetS e dell’Eth Zürich, i quali hanno pubblicato i loro risultati sulla rivista Nature Astronomy.
Oggi il quinto pianeta del Sistema solare ha 300 volte la massa della Terra, ma per arrivare a questo punto Giove ha dovuto attraversare tre turbolente fasi (vedi schema qui a fianco). In un primo tempo, l’embrione planetario ha attraversato una rapida fase di accrescimento iniziale assemblando piccoli ciottoli di dimensioni centimetriche (pebbles) – frammenti che, nel primo milione di anni di vita di Giove, hanno formato il nucleo del pianeta (arrivando a 20 masse terrestri). I seguenti due milioni di anni sono stati dominati da un accrescimento più lento, dovuto alla collisione e fusione di rocce di dimensioni più grandi, circa un chilometro, chiamate planetesimi. «Durante la prima fase i ciottoli hanno portato la massa», distingue Yann Alibert, primo autore dello studio per il Nccr PlanetS. «Nella seconda fase, i planetesimi hanno portato energia», perché gli scontri violenti tra i giganteschi massi rilasciavano grandi quantità di calore. Dopo tre milioni di anni, Giove era diventato un corpo di 50 masse terrestri. Durante la terza fase di formazione è iniziato l’accumulo di gas che ha portato al gigante gassoso di oggi.
Con i loro calcoli, i ricercatori hanno mostrato che il tempo trascorso dal giovane pianeta tre le 15 e le 50 masse terrestri è stato molto più lungo di quanto si pensasse in precedenza. Durante questa fase di formazione le collisioni con le rocce di dimensioni chilometriche fornivano energia sufficiente per riscaldare l’atmosfera gassosa di Giove, impedendo un rapido raffreddamento e un’ulteriore accrescimento tramite gas.
Il nuovo modello elaborato dagli scienziati svizzeri corrisponde ai dati emersi dalla misurazioni della composizione dei meteoriti nel Sistema solare. Ai tempi della sua prima formazione, la nebulosa solare era divisa in due regioni: una dicotomia durata due milioni di anni. Durante la fase di accrescimento da 20 a 50 masse terrestri, Giove ha agito come una specie di barriera. Questo perché il giovane pianeta in via di formazione perturbava il disco di polvere, creando una zona densa e viscosa che intrappolava i ciottoli esterni alla sua orbita. Impedendo così il mescolamento fra le due regioni, fino a quando il pianeta non ha raggiunto una massa sufficiente a sparpagliare verso l’interno il materiale proveniente dalle regioni esterne.
I ricercatori sono convinti che i loro risultati forniscano anche elementi chiave per risolvere i problemi sulla formazione di Urano e Nettuno e degli esopianeti di masse simili.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “The formation of Jupiter by hybrid pebble–planetesimal accretion” di Yann Alibert, Julia Venturini, Ravit Helled, Sareh Ataiee, Remo Burn, Luc Senecal, Willy Benz, Lucio Mayer, Christoph Mordasini, Sascha P. Quanz e Maria Schönbächler