I buchi neri oggi noti vestono taglie ben precise. La famiglia comprende buchi neri di massa stellare, da poche volte a qualche decina di masse solari, che si formano alla morte delle stelle più massicce, e buchi neri supermassicci, con masse milioni o miliardi di volte quella del Sole, che si pensa siano al centro della maggior parte delle galassie e sulla cui formazione esistono numerose teorie. Nel mezzo, un tassello confermato da poco: i buchi neri di massa intermedia. Sono rari e un metodo per trovarli potrebbe essere l’osservazione degli effetti di distruzione mareale che provocano in stelle e altri oggetti celesti che si trovassero a passargli troppo vicino.
Una nuova ricerca, accettata per la pubblicazione su The Astrophysical Journal e condotta da un team di ricercatori guidato da Peter Anninos del Lawrence Livermore National Laboratory, si concentra sul caso in cui una nana bianca passa relativamente vicino a un buco nero di massa intermedia, da circa mille a 10mila volte la massa del Sole.
Le simulazioni a computer mostrano come, a seconda della massa del buco nero e della distanza a cui avviene l’interazione con la nana bianca, la stella venga squarciata dalle estreme forze mareali dovute al buco nero. Durante questo evento violento, la nana bianca viene simultaneamente tesa e compressa in direzioni opposte e questo potrebbe risultare sufficiente a riaccendere brevemente le fusioni nucleari al suo interno, riportandola in vita, anche se solo per pochi secondi.
I detriti risultanti verranno in parte inghiottiti dal buco nero, accrescendolo e producendo flares e getti osservabili in diverse lunghezze d’onda ( soprattutto raggi X e gamma), mentre una frazione significativa di essi verrà gettata nello spazio circostante, diventando materiale utile alla formazione di future generazioni di stelle e pianeti.
La composizione chimica dei detriti può allora avere conseguenze importanti: quei pochi istanti di combustione nucleare avvenuti durante la distruzione mareale della nana bianca diventano interessanti, poiché convertono la maggior parte degli elementi in essa presenti (elio, carbonio, ossigeno) in elementi più pesanti, prossimi al ferro. Le simulazioni condotte da Anninos e colleghi indicano che la combustione nucleare sia un risultato comune in questo tipo di incontri, la cui efficienza di conversione della massa – che può arrivare fino al 60 per cento – e i cui prodotti dipendono sensibilmente da quanto la nana bianca si avvicini al buco nero: a distanze maggiori si ottiene soprattutto calcio con bassa efficienza, mentre a distanze minori tra i due corpi si produce soprattutto ferro e l’efficienza aumenta notevolmente. Sempre secondo queste simulazioni tridimensionali, attualmente quelle a più alta risoluzione per eventi di distruzione mareale dovuta a buchi neri intermedi, il fenomeno genera anche brevi segnali di onde gravitazionali, con frequenze e ampiezze che potranno essere rilevate da strumenti futuri, come Lisa.
Finora solo una dozzina di eventi rilevati mostra le firme di una distruzione mareale, ma nessuno di questi sembra essere la distruzione di una nana bianca, evento la cui rilevazione è comunque attesa da parte di molte missioni in corso e future. Secondo Chris Fragile, professore di fisica e astronomia al College of Charleston ( South Carolina) e coautore dello studio, «trovare buchi neri di massa intermedia tramite eventi di distruzione mareale sarebbe un enorme progresso. È importante sapere quanti buchi neri di massa intermedia esistono, in quanto ciò aiuterà a rispondere alla domanda sulla provenienza dei buchi neri supermassicci».
Per saperne di più:
- Leggi su arXiv.org il preprint dell’articolo “Relativistic Tidal Disruption and Nuclear Ignition of White Dwarf Stars by Intermediate Mass Black Holes“, di Peter Anninos, P. Chris Fragile, Samuel S. Olivier, Robert Hoffman, Bhupendra Mishra e Karen Camarda