Parlando di eruzioni vulcaniche, immaginiamo sempre pericolose colate di lava. Ma se a colare fosse acqua salata? È quanto potremmo aspettarci se sulla Terra fossero presenti criovulcani, cioè letteralmente vulcani di ghiaccio, che eruttano liquidi o gas volatili come acqua, ammoniaca o metano invece di spargere roccia fusa. Un fenomeno ancora poco compreso, ma che presenta già i suoi primi esempi nel nostro Sistema solare. In particolare, l’acqua salata è probabilmente il componente principale delle criolave su Cerere, il solo pianeta nano presente nella fascia principale degli asteroidi.
Un nuovo studio, apparso su Nature Astronomy e diretto da Michael Sori del Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona, ha analizzato le immagini inviate dalla sonda spaziale Dawn della Nasa, in orbita intorno a Cerere dal 2015, per valutare l’impatto del criovulcanesimo su un corpo celeste rispetto al classico vulcanismo basaltico tipico dei pianeti terrestri.
«C’è stato un grande interesse nella ricerca dei criovulcani su Cerere non appena Dawn è arrivata lì, perché i modelli termici avevano predetto che potevano esistere. Ahuna Mons è stato subito un gran candidato. Ho effettuato una ricerca globale che ha identificato trentuno altre grandi cupole, basata sull’analisi delle immagini della Framing Camera di Dawn e dei dati topografici», racconta Hanna Sizemore, senior scientist del Planetary Science Institute e coautrice dello studio. «Affermare che erano vulcaniche era difficile perché erano più antiche di Ahuna e le superfici erano fortemente craterizzate».
Misurando altezza e diametro di ventidue di queste cupole, per poi calcolarne proporzioni e volumi, i ricercatori hanno confrontato le forme delle montagne con modelli numerici i quali, partendo da picchi acuti come Ahuna Mons, hanno consentito il calcolo del tempo necessario al rilassamento utile alla lava ghiacciata per appiattirsi fino a che le cupole raggiungessero la loro forma attuale. I risultati hanno rafforzato l’idea che queste cupole siano caratteristiche vulcaniche, permettendo paragoni con il vulcanismo su altri pianeti. Inoltre, le analisi hanno permesso di assegnare età approssimative alla maggior parte delle cupole, fare un controllo incrociato del modello di età con altri vincoli e approssimare la velocità con la quale esse si sono formate nell’ultimo miliardo di anni, contribuendo a mostrare che Cerere ha sperimentato il criovulcanismo durante tutta la sua storia geologica, con una velocità di espulsione superficiale media di circa 10mila metri cubi all’anno, diversi ordini di grandezza inferiori a quelli del vulcanismo basaltico sui pianeti terrestri.
Infatti, aggiunge Sizemore: «Dato quanto è piccolo Cerere e quanto velocemente si è raffreddato dopo la sua formazione, sarebbe stato interessante identificare solo uno o due possibili criovulcani sulla superficie. Identificare una vasta popolazione di caratteristiche che potrebbero essere criovulcani suggerirebbe una lunga storia di vulcanismo che si estende fino ai giorni nostri, il che è tremendamente eccitante».
«Cerere è un piccolo mondo che dovrebbe essere morto, ma questi nuovi risultati suggeriscono che potrebbe non esserlo. Vedere così tante potenziali prove di criovulcanesimo su Cerere presta anche maggior peso alle discussioni sui processi criovulcanici su grandi lune ghiacciate nel Sistema solare esterno, dove è probabilmente più vigoroso», conclude Sizemore.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Cryovolcanic rates on Ceres revealed by topography” di Michael M. Sori, Hanna G. Sizemore, Shane Byrne, Ali M. Bramson, Michael T. Bland, Nathaniel T. Stein e Christopher T. Russell.