Studiando la rotazione di un campione di stelle simili al Sole, i ricercatori hanno riscontrato che, proprio come avviene per la nostra stella, la maggior parte delle stelle girano più velocemente all’equatore rispetto ai poli. Questo fenomeno, per il quale le diverse parti di un corpo non ruotano alla stessa velocità angolare ma a velocità differenti, è chiamato rotazione differenziale. La rotazione differenziale non si manifesta solo sul Sole, bensì anche su pianeti gassosi a noi vicini, come Giove e Saturno.
Una migliore comprensione della rotazione differenziale che interessa le stelle potrebbe essere di grande aiuto per lo studio dell’astrofisica stellare, che si basa sulla comprensione dei meccanismi fisici che agiscono in una stella. Nonostante si ritenga che la rotazione differenziale degli strati esterni delle stelle abbia un ruolo cruciale nel guidare la loro attività magnetica, attraverso un meccanismo di tipo dinamo, i meccanismi che generano e sostengono tale rotazione sono attualmente ancora poco compresi.
Finora si sapeva ben poco della rotazione differenziale delle stelle e i metodi classici per compiere queste indagini si sono sempre rivelati sensibili solo agli strati più vicini alla superficie. La maggior parte degli studi si è basata sulla variabilità fotometrica delle macchie solari (sunspot) a differenti latitudini (più in generale, per le stelle, si parla di starspot). Altri metodi hanno riguardato l’effetto Doppler, per tracciare caratteristiche magnetiche sulla superficie e il loro spostamento in latitudine, oppure la trasformata di Fourier dei profili spettroscopici.
L’asterosismologia rappresenta un’ulteriore opportunità per sondare la rotazione interna delle stelle misurandone le oscillazioni acustiche, in particolare le frequenze di risonanza delle onde acustiche all’interno della stella stessa, che possono essere usate per inferire le proprietà di rotazione delle stelle, sia in funzione del loro raggio che della latitudine.
Osservazioni di macchie solari sulla superficie del Sole evidenziano che l’equatore ruota il 30% più velocemente rispetto ai poli e l’analisi delle oscillazioni acustiche del Sole mostra che questa rotazione differenziale si estende in profondità, verso l’interno.
Il satellite Kepler della Nasa ha fornito lunghe serie temporali con la fotometria di molte stelle, utilissime per studiare la rotazione differenziale delle stelle simili al Sole con l’asterosismologia. In questo contesto, Othman Benomar e i suoi colleghi hanno usato i dati di Kepler per monitorare le oscillazioni stellari di 40 stelle simili al Sole, con una massa compresa tra 0.9 e 1.5 masse solari.
Le simulazioni mostrano che le rotazioni veloci implicano una rotazione come quella che si vede sul Sole, con l’equatore che ruota più velocemente dei poli, mentre rotazioni più lente sembrano condurre ad una rotazione opposta a quella solare, nel senso che i poli ruotano più velocemente dell’equatore.
Analizzando il campione di 40 stelle, i ricercatori hanno trovato che nessuna stella mostra una evidente rotazione antisolare, mentre il 32 per cento (13 stelle) mostra una significativa rotazione di tipo solare. In realtà, l’eccesso delle rotazioni di tipo solare potrebbe essere dovuto a limiti osservativi: i modelli teorici prevedono una rotazione differenziale antisolare per stelle che ruotano lentamente, per le quali però è più difficile compiere questo tipo di misure. Inoltre, il campione che hanno adottato è principalmente costituito da stelle che ruotano velocemente e pertanto potrebbe essere sensibile solo a stelle che manifestano una rotazione differenziale analoga a quella del nostro Sole.
I ricercatori hanno inoltre riscontrato un taglio latitudinale molto più evidente di quello previsto dalle simulazioni numeriche e questo risultato rappresenta una bella sfida per i modelli teorici.
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “Asteroseismic detection of latitudinal differential rotation in 13 Sun-like stars“, di O. Benomar, M. Bazot, M. B. Nielsen, L. Gizon, T. Sekii, M. Takata, H. Hotta, S. Hanasoge, K. R. Sreenivasan e J. Christensen-Dalsgaard
Guarda l’animazione del Mpi for Solar System Research: