Già solo a scorrere sul sito le fotografie delle passate edizioni si intuisce che sarà un appuntamento non convenzionale, allergico all’incasellamento, ribelle. A metà strada tra la convention e il motoraduno, tra futuro digitale e ingranaggi sporchi di grasso, dove si arriva con i mezzi e si riparte sognando di pilotare uno dei folli veicoli di Mad Max costruito con le proprie mani. È la Maker Faire Rome, il più grande evento europeo sull’innovazione, come recita la locandina. Un evento “family-friendly” ricco di invenzioni, creatività e inventiva. Una celebrazione della cultura e del movimento #makers. Un luogo dove makers e appassionati di ogni età e background si incontrano per presentare i propri progetti e condividere le proprie conoscenze e scoperte.
Teatro della kermesse sarà la Fiera di Roma, a partire da venerdì 12 ottobre, alle 10:30, con il consueto spettacolare evento d’apertura, condotto da Riccardo Luna, per fare il punto con i makers che costruiscono il futuro ogni giorno unendo ingegno e passione. Una novità di questa edizione è l’area dedicata allo Spazio, ideata da Maker Faire Rome in collaborazione con la sezione italiana della British Interplanetary Society e della Scuola di ingegneria aerospaziale dell’Università Sapienza di Roma.
Tra le attrazioni di quest’area – a fianco di oggetti leggendari come l’Apollo Guidance Computer (una delle più grandi innovazioni del programma Apollo), il modello di un razzo Saturno V in scala 1:10, reperti storici originali e simulatori di volo spaziale con cui il pubblico potrà interagire – anche alcuni stand ideati da ricercatrici e ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica: Gelato o lessato?, dove con una schedina Arduino, una lampada led e qualche tortiera il pubblico potrà toccare con mano come gli astronomi siano in grado di decidere se un pianeta di un altro sistema solare possa o meno ospitare la vita; L’officina degli errori, uno spazio dedicato al tinkering e al suo impiego come mezzo per diffondere la cultura scientifica e astrofisica, stimolare l’interesse nell’esplorazione spaziale, nella ricerca scientifica così come nei suoi meccanismi, tecnologie e sfide; Pianeti in una stanza, un kit a basso costo che sfrutta la stampa 3d per permettere a insegnanti, studenti, astrofili e gestori di piccoli musei di realizzare un simulatore di pianeti; e infine Tre, due, uno: Space Spritz!, un exibit che offre la possibilità di mettere il proprio veicolo spaziale sulla rampa di lancio, fare il conto alla rovescia e lanciarlo.
Ma chi sono, esattamente, e cosa fanno questi makers? Lo abbiamo chiesto a Michele Maris, ricercatore all’Inaf di Trieste e ideatore dell’esperimento “Gelato o lessato?”.
«Makers è una parola complicata che si potrebbero tradurre come “artigiani digitali”. Persone che usano tecnologie digitali quali taglio laser, macchine Cnc, stampanti 3d e disegni Cad per trasformare i propri pensieri da sogni a realtà».
E che ci fate voi astronomi, gli eredi di Galileo, in mezzo a tutti questi makers?
«Non tutti sanno che Galileo non era solo un abile matematico, filosofo naturale, umanista e scienziato: era anche un abile artigiano. E per molti secoli l’abilità artigianale è stata una compagna costante di ogni bravo scienziato, al pari della capacità di disegnare, far di calcolo, comunicare il proprio pensiero e le proprie scoperte. In un mondo in cui bastava disporre di un buon orologio per scoprire qualche cosa di nuovo, l’abilità di immaginare nuovi strumenti ed esperimenti era solidamente unita alla capacità di costruirli ed usarli. Come per gli artisti, in quell’epoca il pensiero scientifico passava attraverso il lavoro delle mani».
Poi cos’è accaduto?
«Col passare dei secoli, la complessità della ricerca scientifica e la sofisticazione degli strumenti si è fatta tale da rendere praticamente impossibile per un singolo gruppo di ricerca o un singolo ricercatore pensare di costruire i propri strumenti. Vi sono aree di ricerca in cui la costruzione di un singolo esperimento può impegnare migliaia di persone, centinaia di aziende e decine di enti di ricerca. Piano piano, il mondo della scienza si è diviso tra chi costruisce strumenti ed esperimenti e chi si occupa degli aspetti di analisi scientifica. Curiosamente, questo nuovo modo di far scienza si può far risalire tra l’altro ad Enrico Fermi e al suo gruppo di Via Panisperna a Roma. Che però fu forse uno degli ultimi fisici a sentirsi a proprio agio tanto nel risolvere complesse equazioni matematiche, quanto nel prendere un cacciavite, sporcarsi le mani di grasso e costruire un nuovo apparato».
Fermi sarà pure stato uno degli ultimi, fatto sta che oggi anche lei è qui fra motori e ingranaggi… come ci è arrivato?
«È che per molti di noi la nostalgia del tempo in cui era possibile interrogare la natura tanto col cacciavite quanto con carta e penna non è mai venuta meno. E il mondo emergente degli artigiani digitali, i maker, potrebbe permettere di sanare questa ferita. Così, incuriositi da questa cosa nuova, in questi anni alcuni di noi hanno cominciato a frequentare il mondo maker, a volte spinti dal desiderio di costruire esperimenti per far toccare con mano al pubblico, agli amici o ai propri figli cose come la luce, l’elettricità o le forze che governano il nostro mondo. Ma giocando con le tecnologie di fabbricazione digitale abbiamo acquisito confidenza col mondo maker. Con sorpresa abbiamo scoperto che con queste tecnologie possiamo costruire prototipi di strumenti, di componenti di satelliti artificiali, di nanosatelliti. O di quello strumento che ci sarebbe tanto piaciuto attaccare al telescopio ma che non era più disponibile. E chissà, spingendo avanti lo sguardo, forse le prossime generazioni di scienziati oltre ad essere buoni matematici, programmatori, e scrittori, torneranno ad essere anche buoni artigiani».
I quattro stand Inaf, tutti nell’area Maker for space, dedicata allo spazio:
- Gelato o lessato? Venite a scoprirlo con Simabi
- L’officina degli errori: il tinkering va a scuola!
- Planets in a room
- Tre, due, uno: Space Spritz!
Guarda il servizio video di MediaInaf Tv: