La seconda prova di touchdown è stata eseguita tra il 14 e il 16 ottobre scorso. Il giorno 15, poco prima delle 22:44 ora di Tokyo (15:44 qui in Italia), la navicella spaziale Hayabusa2 ha raggiunto quota 22,3 metri, fotografando con successo la superficie dell’asteroide scoperto per la prima volta nel 1999. Usando il sistema ottico di navigazione a bordo della sonda (Onc, Optical Navigation Camera), costituito da una fotocamera telescopica (Onc-T) e due grandangolari (W1 e W2), l’agenzia spaziale giapponese (Jaxa) è riuscita a portare a casa l’immagine a più alta risoluzione mai ottenuta fino a ora. La risoluzione pari a circa 4,6 mm/pixel – superiore a quella massima di AMICA, la fotocamera della prima missione di Hayabusa, che era di 6 mm/pixel – permette di distinguere anche rocce con un diametro di appena 2 o 3 cm.
Una caratteristica dell’asteroide riportata dall’immagine, di cui in precedenza si aveva solo il sospetto, è l’assenza di regolite. L’elevata risoluzione permette di osservare anche una collezione di ciottoli di colori diversi, che porterebbe a ipotizzare una composizione mista dei materiali di superficie di Ryugu.
Un aspetto non di poco conto è che tali immagini siano state catturate dalla navicella prima di atterrare. Un’immagine talmente dettagliata da consentire di riconoscere visivamente qualsiasi cosa abbia dimensioni di poco superiori a 1 cm è estremamente utile per analizzare le fotografie di superficie restituite dai rover Minerva-II1 e dal lander Mascot, nonché per comprendere la microanalisi dei campioni raccolti una volta che saranno riportati sulla Terra.
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