Le onde gravitazionali ed elettromagnetiche prodotte da una sorgente all’interno della galassia ellittica Ngc 4993 e captate per la prima volta insieme il 17 agosto del 2017 ci hanno rivelato una fantastica serie di informazioni e aperto di fatto l’era dell’astronomia multimessaggera. Ora sappiamo che quell’evento, siglato dagli astronomi At2017gfo, era una kilonova, ovvero l’ultimo, spettacolare atto della fusione di due stelle di neutroni. Le caratteristiche della radiazione emessa, come la sua lunghezza d’onda, la variazione della sua intensità e profilo al passare del tempo, registrate grazie alle innumerevoli osservazioni in tutto lo spettro elettromagnetico, hanno permesso agli scienziati di capire moltissimi aspetti di questo fenomeno. C’è però un’altra proprietà della radiazione prodotta dalle kilonove che può rivelarsi assai preziosa per comprendere ancora meglio i processi fisici che ne sono alla base: la polarizzazione, ovvero la direzione di oscillazione della radiazione elettromagnetica durante la sua propagazione nello spazio-tempo. E proprio la modellizzazione dell’emissione elettromagnetica polarizzata delle kilonove è l’argomento del lavoro teorico pubblicato sulla rivista Nature Astronomy e guidato da un giovane ricercatore italiano, Mattia Bulla, dell’Università di Stoccolma, al quale hanno partecipato anche Stefano Covino e Vincenzo Testa dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).
Il team internazionale ha utilizzato le più avanzate tecniche di simulazione per produrre uno schema interpretativo delle possibili osservazioni di kilonove, incluse quelle condotte su At2017gfo. «É stato estremamente entusiasmante applicare tecniche e concetti che avevo sviluppato in passato per altri fenomeni altamente dinamici, come le supernove, a questa nuova ed intrigante classe di sorgenti. Abbiamo dovuto muoverci in un territorio pressoché inesplorato e per questo enormemente interessante», commenta Bulla. «Questo studio ha in effetti permesso di scoprire importanti informazioni riguardanti il ruolo giocato dalla geometria della sorgente, la composizione chimica delle sue varie componenti – cioè la ricchezza o meno degli elementi più pesanti, i cosiddetti lantanidi, che si pensa si formino proprio in gran parte in fenomeni di questo genere – e l’evoluzione delle stesse nel tempo, a partire dalla coalescenza delle due stelle di neutroni progenitrici fino a pochi giorni dopo quando la radiazione dovrebbe essere totalmente depolarizzata» prosegue Covino.
La polarizzazione della luce è un fenomeno che in realtà fa parte dell’esperienza quotidiana di ciascuno di noi. Ad esempio, osserviamo luce polarizzata ogni volta che guardiamo un cielo azzurro, siamo abbagliati da luce riflessa o guardiamo un film 3D con gli appositi occhialini che ci restituiscono l’illusione della profondità della scena. In astrofisica, la polarizzazione è un potente indicatore di alcune importanti proprietà delle sorgenti celesti: permette di analizzare la modalità con la quale viene prodotta la radiazione che osserviamo, consente di studiare i diversi fenomeni che ne hanno perturbato la propagazione come riflessioni e diffusione e, inoltre, fornisce preziose informazioni sulla geometria della sorgente che l’ha prodotta, fondamentali nel caso in cui le sorgenti stesse siano così lontane da non poter essere risolte nemmeno con i più potenti telescopi esistenti.
Lo studio del team di ricercatori dimostra che la presenza di due distinte componenti del materiale espulso in un evento di kilonova produce anche radiazione elettromagnetica polarizzata. «I risultati delle nostre simulazioni forniscono predizioni davvero molto importanti, oltre che le prime mai sviluppate in questo scenario» aggiunge Testa. «Predizioni che saranno verificate negli eventi futuri che gli interferometri Ligo/Virgo osserveranno alla imminente ripresa delle attività di acquisizione dati, prevista nei prossimi mesi».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo The origin of polarization in kilonovae and the case of the gravitational-wave counterpart AT 2017gfo di M. Bulla, S. Covino, K. Kyutoku, M. Tanaka, J. R. Maund, F. Patat, K. Toma, K. Wiersema, J. Bruten, Z. P. Jin e V. Testa.