La scorsa settimana abbiamo dato notizia, su Media Inaf, di un interessante risultato ottenuto grazie alla seconda release dei dati di Gaia: la scoperta di Antlia 2, una “galassia fantasma” – così l’hanno definita i ricercatori nella press release dell’università di Cambridge – nana ma enorme, di dimensioni pari a quelle della Grande Nube di Magellano, in orbita attorno alla Via Lattea. Lo studio che illustra la scoperta, guidata da Gabriel Torrealba e Vasily Belokurov, ancora deve essere accettato (è stato sottoposto per la pubblicazione a Monthly Notices of the Royal Astronomical Society), ma nel frattempo, come spesso avviene in questi casi, è stato reso disponibile in rete il cosiddetto preprint: una copia liberamente accessibile destinata alla consultazione da parte della comunità scientifica, che può così commentare, offrire suggerimenti e segnalare eventuali errori.
Ed è proprio ciò che è accaduto: due esperti dell’analisi dati del telescopio spaziale Gaia dell’Esa, Vincenzo Ripepi dell’Inaf di Napoli e Gisella Clementini dell’Inaf di Bologna, si sono accorti che qualcosa non tornava: il dato dal quale è partito lo studio di Torrealba e colleghi – la distanza di alcune stelle variabili molto particolari note come RR Lyrae – era sbagliato. «Io e Vincenzo ci occupiamo proprio di caratterizzare le RR Lyrae osservate da Gaia», spiega Clementini a Media Inaf, «e quel dato non ci tornava perché sappiamo che Gaia non riesce ad arrivare a osservarle alla distanza indicata nell’articolo: 130 kiloparsec sono troppi, anche per Gaia».
«Siamo dunque rimasti molto sorpresi», continua la ricercatrice, «perché la galassia scoperta dovrebbe avere oggetti tipo RR Lyrae di magnitudine 21: troppo debole per Gaia, purtroppo. Quindi abbiamo rifatto i calcoli e ci siamo accorti che, nel calcolare la distanza delle RR Lyrae, gli autori hanno sbagliato un segno – mettendo un più al posto di un meno. In tal modo hanno reso le RR Lyrae intrinsecamente più brillanti di quello che dovevano essere: di una magnitudine, sostanzialmente».
L’aspetto più curioso dell’intera vicenda è che senza questo errore – segnalato da Clementini e Ripepi agli autori dello studio e prontamente riconosciuto, come ha confermato via email Belokurov a Media Inaf – questa nuova galassia dalle caratteristiche insolite – da ultra diffuse galaxy – descritte dagli autori nell’articolo forse non sarebbe stata scoperta. «Quando hanno trovato le quattro RR Lyrae e hanno visto che avevano gli stessi moti propri», ricostruisce Clementini, «si sono detti: andiamo a vedere – poiché in genere, quando ci sono delle RR Lyrae, sotto c’è una galassia, o è facile che ci possa essere, perché quasi tutte le galassie nel gruppo locale contengono questo tipo di stelle variabili. E sono andati a vedere usando immagini di archivio più profonde. Prendendo i dati da un’altra survey, DECam, hanno così identificato quella che potrebbe essere la galassia cui quelle RR Lyrae apparterrebbero».
Insomma, la “galassia fantasma” è stata scoperta per caso: solo perché le RR Lyrae – che senza quell’errore nel calcolo della magnitudine non avrebbero probabilmente attirato l’attenzione – forse sono casualmente in quella direzione. Colpo di fortuna a parte, ciò che conta è ora capire se la correzione sulla distanza delle RR Lyrae può avere qualche conseguenza sulla caratterizzazione di Antlia 2. «Ritengo che l’errore sulla distanza delle RR Lyrae non abbia alcun impatto sulle proprietà della galassia nana», sostiene Belokurov, «perché non abbiamo utilizzato la RR Lyrae per misurare la distanza da Antlia 2: il calcolo è stato fatto utilizzando le stelle blu del ramo orizzontale (blue horizontal branch stars) identificate dalle immagini di campo profondo della survey DECam».
Negli ultimi giorni c’è stato un ulteriore scambio di email con gli autori del paper sulla scoperta di Antlia 2, che stanno preparando una nuova versione in cui correggono l’errore fatto nel calcolo della distanza delle RR Lyrae identificate da Gaia. Ora convengono che esse si trovano a circa 80 kiloparsec (pari a 260mila anni luce, quindi circa 50 kiloparsec – o 160mila anni luce – più vicine della distanza che hanno stimato per Antlia 2 usando le blue horizontal branch stars), racconta Clementini a Media Inaf, ma ipotizzano che appartengano comunque ad Antlia 2 e che facciano parte dell’estremità a noi più vicina di una nube di detriti mareali che fuoriesce dalla galassia.
Ma la discussione su questo oggetto dalle caratteristiche insolite continua.
Per saperne di più:
- Leggi il preprint dell’articolo “The hidden giant: discovery of an enormous Galactic dwarf satellite in Gaia DR2”, di G. Torrealba, V. Belokurov, S. E. Koposov, T. S. Li, M. G. Walker, J. L. Sanders, A. Geringer-Sameth, D. B. Zucker, K. Kuehn, N. W. Evans e W. Dehnen