Partita dalla base di Cape Canaveral l’8 settembre 2016, la sonda della Nasa Osiris-Rex (Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer) è arrivata a destinazione ieri, lunedì 3 dicembre, come da programma. Dove? L’asteroide 101955 Bennu, un oggetto di circa 510 metri di diametro che fa parte di quel gruppo di asteroidi che si avvicinano fino a 1,3 unità astronomiche dal Sole (ricordiamo che un’unità astronomica è la distanza media che c’è tra il Sole e la Terra, cioè circa 150 milioni di chilometri). La sua composizione è simile alle meteoriti conosciute come condriti carbonacee, perfette per studiare i mattoni primitivi che hanno formato la Terra.
Il viaggio è durato due anni e le manovre di avvicinamento sono iniziate lo scorso agosto. Durante questo periodo, Osiris-Rex ha completato quattro manovre che hanno rallentato la sua velocità da 491 m/sec a 0,04 m/sec. La sonda impiegherà quasi un anno ad analizzare l’asteroide con i suoi cinque strumenti scientifici con l’obiettivo di selezionare un luogo che sia sicuro e scientificamente interessante per raccogliere un frammento di regolite (in pratica un pezzo di asteroide di circa dai 65 grammi ai due chili) che gli scienziati saranno in grado di studiare fra qualche anno quando la sonda tornerà indietro nel 2023.
Nelle prossime due settimane, Osiris-Rex effettuerà cinque fly-by, arrivando su un’orbita a 1,5 chilometri dalla superficie di Bennu. A fine luglio 2020 avverrà l’atterraggio sulla superficie e quindi il prelievo dei campioni.
L’Istituto nazionale di astrofisica è molto coinvolto nel progetto: tra i ricercatori italiani nel team ci sono Maurizio Pajola dell’Osservatorio di Padova, Elisabetta Dotto dell’Osservatorio di Roma e John Robert Brucato dell’Osservatorio di Arcetri