SCOPERTA ANNUNCIATA DAL MINOR PLANET CENTER

Farout: il transnettuniano più lontano di tutti

Forma probabilmente sferica, tonalità rosata, diametro stimato attorno ai 500 km e distanza record: 120 unità astronomiche. Questo l’identikit provvisorio di 2018 Vg18, l‘oggetto celeste più distante che sia mai stato osservato nel Sistema solare. I ricercatori ritengono che si possa trattare di un pianeta nano

     18/12/2018

Si chiama 2018 Vg18 – soprannominato “Farout” (da far out, in inglese) dal team internazionale di ricerca che l’ha scoperto – il primo oggetto del Sistema solare scoperto a una distanza che è più di 100 volte quella della Terra dal Sole: 120 unità astronomiche, vale a dire oltre 17 miliardi di chilometri. A scovarlo, grazie alle osservazioni fatte con il telescopio giapponese Subaru, è stata la squadra di astronomi costituita da Scott Sheppard del Carnegie Institution for Science, David Tholen dell’Università della Hawaii e Chad Trujillo della Northern Arizona University. Il corpo celeste è stato annunciato ieri, lunedì 17 dicembre 2018, dal Minor Planet Center della International Astronomical Union.

Sistema solare in scala che mostra la distanza di 2018 Vg18 – soprannominato “Farout” – a confronto con quella degli altri oggetti noti. Crediti: illustrazione di Roberto Molar Candanosa e Scott Sheppard, gentile concessione della Carnegie Institution for Science

Con la scoperta di Farout, Eris – fino a ieri il più distante oggetto noto del Sistema solare, con 96 unità astronomiche (Ua) – è costretto a cedere la cima del podio e ad accontentarsi dell’argento. Fra i corpi minori più noti (vedi schema qui sopra), seguono Sedna, Biden, Goblin e infine Plutone, il pianeta nano più famoso del Sistema solare, a circa 34 Ua. Ma quali sono le caratteristiche più peculiari di Farout? La sua luminosità suggerisce che abbia un diametro di circa 500 km, probabilmente di forma sferica e con una tonalità rosata – un colore generalmente associato a oggetti ricchi di ghiaccio. Che cos’è? Probabilmente, un pianeta nano.

Immagini di 2018 Vfg18 “Farout”, ottenute dal Subaru Telescope il 10 novembre 2018. Confrontando le due immagini si osserva il movimento di Farout nell’arco di un’ora mentre le stelle di sfondo e le galassie rimangono ferme. Crediti: Scott S. Sheppard e David Tholen

I ricercatori non conoscono ancora bene quale sia l’orbita di 2018 Vg18, e quindi non sono, al momento, in grado di determinare se esso mostra segni di un’influenza da parte di altri pianeti, ad esempio dell’ipotetico Pianeta X. «2018 VG18 è molto più distante e lento rispetto a qualsiasi altro oggetto osservato del Sistema solare. Ci vorranno quindi alcuni anni per determinare completamente la sua orbita», dice Sheppard. «È stato trovato in una posizione del cielo simile ad altri oggetti noti ai confini del Sistema solare, suggerendo che potrebbe avere lo stesso tipo di orbita della maggior parte di loro. Sono state queste somiglianze orbitali mostrate dai corpi piccoli e distanti del Sistema solare a ​​catalizzare la nostra ipotesi originale, quella secondo la quale esiste un pianeta distante e massiccio, a diverse centinaia di unità astronomiche, che accompagna questi oggetti».

«Tutto ciò che attualmente conosciamo di 2018 Vg18 sono la sua estrema distanza dal Sole, il suo diametro approssimativo e il suo colore», osserva Tholen. «E poiché 2018 Vg18 è così distante, orbita molto lentamente, probabilmente impiegando più di mille anni per completare una rivoluzione intorno al Sole».

Ma come è avvenuta la sua scoperta? Anzitutto grazie alle osservazioni compiute il 10 novembre 2018 con il telescopio giapponese da 8 metri Subaru, situato in cima a Mauna Kea, alle Hawaii. Ma è stato necessario un ulteriore passaggio. Una volta trovati, infatti, questi oggetti devono essere riesaminati per confermare la loro natura molto lontana e determinarne le  proprietà fisiche, cosa che richiede più notti di osservazione. E così è stato: 2018 Vg18 è stato visto per la seconda volta all’inizio di dicembre da uno dei due telescopi gemelli Magellano (il Baade), presso l’Osservatorio di Las Campanas di Carnegie, in Cile. Grazie a queste osservazioni – eseguite dallo stesso team di ricerca in collaborazione con Will Oldroyd, neolaureato della Northern Arizona University – i ricercatori hanno monitorato 2018 Vg18 per sincerarsi del suo percorso attraverso il cielo e ottenere così le sue proprietà fisiche di base, come la  luminosità e il colore del corpo celeste. Le osservazioni con il telescopio hanno confermato ciò che abbiamo già anticipato: Farout dista 120 Ua, ha una luminosità che suggerisce un diametro di circa 500 km con una probabile forma sferica e ha una tonalità rosata. Per quanto concerna la sua classificazione, invece,  l’ipotesi più plausibile è appunto che sia un pianeta nano, dunque niente tessera del club dei pianeti.

2018 Vg18 è stato scoperto grazie alla continua ricerca di oggetti estremamente distanti del Sistema solare – incluso appunto Pianeta X, da alcuni chiamato anche Pianeta 9. E proprio grazie a queste ricerche, nell’ottobre del 2018 lo stesso gruppo di ricercatori aveva annunciato la scoperta di un altro oggetto distante del nostro Sistema solare, chiamato 2015 Tg387 e soprannominato “The Goblin” perché scoperto in prossimità di Halloween. Goblin è stato individuato a circa 80 Ua e ha un’orbita che si ritiene sia coerente con l’influenza del misterioso Pianeta X: un pianeta molto lontano – ai confini del Sistema solare – dalle dimensioni di una super Terra,  la cui esistenza fu proposta per la prima volta da questo stesso gruppo di ricerca nel 2014. Lo stesso periodo nel quale scoprirono 2012 Vp113, conosciuto anche come “Biden”. The Goblin e Biden non si avvicinano mai abbastanza ai pianeti giganti del Sistema solare, come Nettuno e Giove, da avere significative interazioni gravitazionali con loro. Ciò significa che questi oggetti estremamente distanti possono essere trattati come sonde per capire ciò che sta accadendo ai confini del Sistema solare. «Questa scoperta è il risultato di una ricerca internazionale effettuata tramite telescopi gestiti dal Giappone, situati nelle Hawaii e in Cile, e da un consorzio di istituti di ricerca e università negli Stati Uniti», dice Trujillo. «Con le nuove fotocamere digitali wide-field montate su alcuni dei più grandi telescopi del mondo stiamo finalmente esplorando oltre i confini del Sistema solare, ben oltre Plutone».

Per saperne di più:

Integrazione del 19.12.2018: abbiamo specificato quale dei due telescopi Magellano ha compiuto l’osservazione