Fine anno, tempo di top ten. Quella di Nature, come da tradizione, non propone ricerche o scoperte, bensì persone. Dieci scienziate e scienziati who mattered – che abbiano lasciato il segno. C’è il 22enne Yuan Cao, studente di dottorato al Mit e mago del grafene: ha trovato il modo di domarne gli atomi per controllarne la superconduttività, portandoli a 1.7 kelvin e ruotandone i fogli fino a raggiungere quello che Nature chiama l’angolo magico – 1.1 gradi. C’è una paleontologa, Vivian Sloan, protagonista della scoperta di un frammento osseo così anomalo che, guardando per la prima volta i risultati dell’analisi del genoma, ha pensato che ci fosse un errore: metà Neanderthal, metà Homo di Denisova. E ancora He Jiankui, genetista al centro di mille polemiche per aver impiegato la tecnica Crispr sul genoma di due embrioni umani. C’è Jess Wade, la fisica che a colpi di pagine Wikipedia – una al giorno – ha tentato di rimettere almeno lì un po’ di equilibrio, di genere e non solo, dopo aver scoperto che le voci dedicate a protagoniste donne sono solo 18 per cento. C’è Valérie Masson-Delmotte, la climatologa dell’Ipcc che ha messo in guardia l’intero pianeta sull’innalzamento delle temperature che ci attende nella prossima dozzina d’anni. Un’altra paladina dell’ambiente entrata in classifica è Bee Yin Yeo, ministra della Malesia per l’energia e l’ambiente impegnata nell’arginare l’inquinamento dovuto alla plastica. Ancora una donna, Barbara Rae-Venter, questa volta per aver incastrato – standosene in laboratorio e avvalendosi di analisi genetiche – niente meno che un serial killer degli anni Settanta e Ottanta. Poi c’è un leader dell’open access, Robert-Jan Smits, l’ideatore di Plan S, il piano per rendere ad accesso libero, nell’arco di due anni, tutte le pubblicazioni scientifiche (ne abbiamo parlato anche su Media Inaf).
Infine, ben due astrofisici. Uno è lo scienziato alla guida di una missione seguitissima dalle nostre lettrici e dai nostri lettori: Hayabusa2, la sonda ora in orbita attorno all’asteroide Ryugu, e che presto tenterà l’approdo per raccoglierne alcuni campioni da riportare sulla Terra. Lui si chiama Makoto Yoshikawa, è della Jaxa (l’agenzia spaziale giapponese), pare riesca ad affrontare e risolvere anche gli imprevisti spaziali più seri con creatività e sangue freddo, e chiunque lavori con lui ne resta affascinato. «È una persona splendida, uno scienziato di rara gentilezza e soprattutto
umiltà», conferma a Media Inaf Ernesto Palomba, ricercatore all’Inaf Iaps di Roma, membro del team di scienziati italiani che lavorano ai dati raccolti dalla sonda e co-investigator della camera Onc e dello spettrometro Nirs3. «Yoshikawa-san ha coordinato il team internazionale (ricordiamo che Hayabusa 2 è una cooperazione tra Giappone ed Europa) con grande intelligenza e pazienza. È stato sempre disponibile e pronto a risolvere ogni tipo di questione molto velocemente, non passava mai
più di un giorno per attendere la sua risposta alle mail, anche a quelle contenenti le richieste più banali».
L’altro astrofisico, a chiudere la top ten, si chiama Anthony Brown: sconosciuto ai più, è una e vera e propria celebrità fra chi lavora al telescopio spaziale Gaia. C’è infatti lui alla regia del Data Processing and Analysis Consortium (Dpac), la squadra di oltre 400 scienziate e scienziati che, il 25 aprile scorso, ha sfornato l’oramai mitica Gaia Dr2: l’impressionante catalogo da oltre un miliardo di stelle che sta rivoluzionando le nostre conoscenze sulla Via Lattea. «È una notizia magnifica», dice a Media Inaf Antonella Vallenari, astronoma all’Inaf di Padova e deputy chair del Dpac executive board. «Anthony è una persona che unisce una grande preparazione a una grande semplicità. È stato tra i primi a entrare nella missione Gaia, molti anni fa. In effetti abbiamo cominciato insieme. Lo conosco da molti anni. Lavorare con lui è una esperienza molto positiva: ha saputo creare all’interno del consorzio Gaia un’atmosfera collaborativa e di grande entusiasmo. Sono molto emozionata: questo è un riconoscimento meritatissimo per lui, ma che sento anche come un riconoscimento per tutto il team Gaia».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature lo speciale “Ten people who mattered this year”