Quando le stelle collassano possono dare origine a buchi neri, oggetti misteriosi delimitati da un bordo chiamato orizzonte degli eventi in grado di intrappolare tutto, compresa la luce. I buchi neri sono ovunque nell’universo e sono oggetti molto importanti e affascinanti da studiare. La teoria della relatività generale di Einstein prevede che quando un oggetto cade all’interno dell’orizzonte degli eventi finisca nel centro del buco nero, chiamato singolarità, dove rimane completamente schiacciato dall’attrazione gravitazionale infinita. In quel luogo e in quel tempo, tutte le leggi della fisica conosciute non valgono più, compresa la teoria di Einstein.
Negli ultimi decenni, i fisici teorici hanno messo in discussione, senza grande successo, l’esistenza delle singolarità attraverso complesse equazioni matematiche. Parampreet Singh, professore associato al Department of Physics & Astronomy della Louisiana State University (Lsu), e i suoi collaboratori Javier Olmedo e Abhay Ashtekar hanno sviluppato nuove equazioni matematiche che vanno oltre la teoria della relatività generale di Einstein, superando il suo limite principale: la singolarità al centro dei buchi neri. Questa ricerca è stata pubblicata di recente su Physical Review Letters e Physical Review D e ha avuto grande rilievo anche dagli editori della American Physical Society.
Le radici di questa nuova ricerca affondano negli anni ’90, quando i fisici teorici svilupparono una teoria chiamata gravità quantistica a loop (Loop Quantum Gravity), una teoria quantistica dello spazio-tempo che cerca di unificare la meccanica quantistica e la relatività generale. Le nuove equazioni di Ashtekar, Olmedos e Singh descrivono i buchi neri nella gravità quantistica a loop e sembrano dimostrare che la singolarità al centro del buco nero non esiste.
«Alla base della gravità quantistica a loop c’è la scoperta di Einstein che la geometria dello spazio-tempo non è solo una fase in cui si svolgono gli eventi cosmologici, ma è essa stessa un’entità fisica che può essere piegata», ha detto Ashtekar, uno dei padri fondatori della gravità quantistica a loop. «Come entità fisica, la geometria dello spazio-tempo è costituita da alcune unità fondamentali, proprio come la materia è costituita da atomi. Queste unità geometriche fondamentali – chiamate “eccitazioni quantiche” – sono ordini di grandezza più piccole di quelle che possiamo rilevare con la tecnologia odierna, ma abbiamo precise equazioni quantistiche che predicono il loro comportamento, e uno dei migliori posti nei quali cercare i loro effetti è al centro di un buco nero».
«Alla Lsu abbiamo sviluppato innovative tecniche computazionali per derivare le conseguenze fisiche di queste equazioni usando supercomputer, portandoci più vicino a testare in modo affidabile la gravità quantistica», afferma Singh. «Nella teoria di Einstein, lo spazio-tempo è un tessuto che può essere diviso in parti piccole a piacere. Questa è essenzialmente la causa della singolarità in cui il campo gravitazionale diventa infinito. Nella gravità quantistica a loop, il tessuto dello spazio-tempo ha una struttura a tessera, che non può essere divisa in parti più piccole della tessera stessa. I miei colleghi ed io abbiamo dimostrato che questo è quello che succede all’interno dei buchi neri e che pertanto non c’è nessuna singolarità».
Al posto della singolarità, la gravità quantistica a loop prevede l’esistenza di un imbuto che collega lo spazio-tempo a un altro ramo dello spazio-tempo.
Secondo la relatività generale, al centro di un buco nero la gravità diventa infinita, quindi tutto ciò che entra, comprese le informazioni necessarie per i calcoli fisici, viene perso. Ciò porta al celebre paradosso dell’informazione, che i fisici teorici hanno affrontato per oltre 40 anni. Tuttavia, le correzioni quantistiche della gravità quantistica a loop contemplano una forza repulsiva capace di sopraffare anche la forza di gravità classica e permettere alla fisica di continuare ad avere senso.
La teoria di Einstein fallisce non solo al centro dei buchi neri ma anche quando cerca di spiegare come l’universo abbia avuto inizio dalla singolarità del Big Bang. Pertanto, un decennio fa, Ashtekar, Singh e collaboratori hanno iniziato a estendere la fisica oltre il Big Bang e fare nuove previsioni utilizzando la gravità quantistica a loop. Usando le equazioni matematiche e le tecniche computazionali della gravità quantistica a loop, hanno mostrato come il Big Bang possa essere sostituito dal Big Bounce (il Grande Rimbalzo), una teoria cosmologica pubblicata nel 2007 che si occupa dell’origine e della fine dell’Universo visibile e di cosa ci potrebbe essere stato prima del presunto inizio.
È interessante notare che, sebbene la gravità quantistica a loop continui a funzionare laddove la relatività generale fallisce – le singolarità dei buchi neri e il Big Bang – lontano da queste due circostanze estreme le sue previsioni coincidono proprio con quelle della relatività generale. «Non è assolutamente banale riuscire a descrivere entrambe le situazioni», conclude Singh. «Nell’ultimo decennio, diversi ricercatori hanno esplorato la natura quantistica della singolarità del buco nero, ma o la singolarità ha prevalso oppure i meccanismi che lo hanno risolto hanno scatenato effetti innaturali. Il nostro nuovo lavoro è privo di tutte queste limitazioni».
Per saperne di più:
- Leggi su Physical Review Letters l’articolo “Quantum Transfiguration of Kruskal Black Holes” di Abhay Ashtekar, Javier Olmedo, and Parampreet Singh