Per cercare la vita su altri corpi del Sistema solare (e magari altrove) dobbiamo avere la miglior conoscenza possibile della vita sulla Terra, andando a sondare i luoghi che offrono le condizioni più estreme, simili a quelle che incontreremo su Marte o sui satelliti ghiacciati di Giove e Saturno. Noi viviamo sulla superficie di un pianeta che offre un ambiente molto favorevole, abbiamo un’atmosfera da respirare e un campo magnetico che ci protegge dalle radiazioni cosmiche, ma sappiamo che altrove non è così. La vita extraterrestre potrebbe doversi nascondere al sicuro, sotto la superficie.
Per questo siamo interessati a capire cosa succede in profondità nella nostra Terra, un pianeta che noi crediamo di conoscere bene, salvo scoprire che può ancora riservarci delle sorprese.
Per esempio, sappiamo fino a quale profondità è possibile trovare forme di vita? È una domanda alla quale hanno cercato di rispondere più di 1200 scienziati, provenienti da 52 diverse nazioni, che partecipano al progetto Deep Carbon Observatory. Sono geologi, microbiologi, chimici e fisici che hanno dedicato ben 10 anni a studiare il ciclo del carbonio biologico sotto la superficie terrestre, con l’ambizioso scopo di definire quali siano le condizioni che separano un ambiente abitabile da uno non abitabile.
Per fare questo hanno esplorato le più profonde miniere della Terra e hanno perforato il fondo degli oceani spingendosi alle maggiori profondità mai raggiunte. Sono arrivati fino a 5 km, sondando tutti i continenti e tutti gli oceani del pianeta per cercare di capire fino a che profondità fosse possibile trovare qualche forma di vita elementare. Pensavano che, andando sempre più giù, a un certo punto le condizioni di temperatura e di pressione sarebbero divenute tali da rendere impossibile lo sviluppo, o anche solo la sopravvivenza, di qualsiasi forma di vita. Invece sono stati stupiti dallo scoprire che la Terra è molto più viva di quanto si fosse sempre pensato. In effetti, sulla Terra c’è molta più biomassa sotto la superficie che sopra. Noi umani, e tutti gli organismi che vivono sulla superficie della Terra, siamo soci di minoranza nel club degli esseri viventi. Nonostante il calore, l’oscurità totale, la pressione e la scarsità di nutrienti, sotto i nostri piedi la vita è ovunque.
Di particolare interesse è capire il limite di temperatura tollerabile. Mentre il Deep Carbon Observatory ha incontrato strati sempre più caldi, c’è chi, in Antartide, studia la vita in condizioni di freddo estremo.
Mentre leggete, probabilmente comodamente seduti in una casa riscaldata, pensate agli eroici biologi che stanno perforando il ghiaccio antartico per raggiungere le acque del lago Mercer, a circa 1 km di profondità.
Si tratta di uno dei molti laghi subglaciali che affascinano gli scienziati perché si pensa che siano sistemi isolati da centinaia di migliaia di anni. Sono dei fantastici banchi di prova per capire se, e come, la vita possa adattarsi a condizioni estreme, quali la mancanza di luce e la bassa temperatura.
Gli scienziati vogliono arrivare a raccogliere campioni dell’acqua del lago (che è liquido, nonostante le temperature gelide) per vedere cosa contengono. Se troveranno qualche forma di vita, cercheranno di capire su quali nutrienti sia basata e che origine abbiamo questi nutrienti. Vogliono raccogliere i sedimenti depositati sul fondo del lago per ricostruire la sua storia, in particolare da quanto è stato tagliato fuori dalle comunicazioni con il resto del mondo. Infine vogliono vedere cosa succede in questo ambiente così peculiare con un mini sottomarino che verrà fatto scendere nel foro del ghiaccio e trasmetterà immagini in superficie.
Non sarà come andare ad esplorare l’oceano sotto la superficie ghiacciata di Europa o Encelado, ma ci aiuterà a sviluppare le tecniche che poi potremo esportare su altri corpi del Sistema solare.
Capire quello che succede sotto i nostri piedi può guidarci nella ricerca di vita extraterrestre.