CON IL MICROLENSING, UN MONDO DI MASSA INATTESA

Netturno, la “terra di mezzo” dei giganti gassosi

Un team di ricercatori dell'Università del Maryland e del Nasa Goddard Space Flight Center ha trovato, grazie al microlensing, un esopianeta di massa pari a circa 39 masse terrestri, dunque compresa fra quella di Nettuno e quella di Saturno. Una massa inattesa, al punto da mettere in crisi l’attuale modello di formazione planetaria

     10/01/2019

Rappresentazione schematica del metodo di microlensing usato per rilevare “Netturno”. Crediti: Lco/D. Bennett (trad. it. di Media Inaf – cliccare per ingrandire)

Il nome ufficiale è impronunciabile: Ogle-2012-Blg-0950Lb. Chiamiamolo dunque per comodità “Netturnio” (presto vedrete perché): è un esopianeta del quale è stata ora determinata la massa da un gruppo di ricercatori capeggiato da Aparna Bhattacharya, prima autrice dell’articolo pubblicato sulla rivista The Astronomical Journal. Il pianeta, un gigante gassoso, è stato osservato per la prima volta utilizzando i telescopi per il rilevamento di microlenti Optical Gravitational Lensing Experiment (Ogle) e il Microlensing Observations in Astrophysics (Moa) mediante il metodo del microlesing (vedi schema qui a fianco).

Nello studio, i ricercatori, usando la fotocamera near-infrared del telescopio Keck II di 10 metri dell’Osservatorio Keck di Maunakea, alle Hawaii, e lo strumento Wide Field Camera 3 (Wfc3) del telescopio spaziale Hubble, hanno condotto osservazioni di follow-up, ovvero successive alla scoperta, che come dice David Bennett, ricercatore all’Università del Maryland e co-autore dell’articolo, «hanno permesso di determinare che il pianeta subsaturniano,  o supernettuniano, ha una massa pari a 39 volte quella della Terra», compresa dunque tra quella di Nettuno e quella di Saturno (da cui il nostro “Netturno”), «e che la sua stella ospite è 0,58 volte la massa del Sole».

«Siamo rimasti sorpresi nel vedere che la massa cadeva proprio a metà dell’intervallo previsto fra le masse dei pianeti giganti», osserva Bhattacharya. «È stato come imbattersi in un’oasi nel bel mezzo del deserto degli esopianeti!».

Illustrazione artistica che mostra il confronto tra Saturno, Nettuno e il pianeta Ogle-2012-Blg-0950Lb. Crediti: Nasa / Jpl / Goddard / F. Reddy / C. Ranc

Non solo: il pianeta si trova oltre la “linea di neve“, la linea di demarcazione tra la regione occupata dai pianeti terrestri e quella occupata dai giganti gassosi. Una zona dove i materiali più leggeri, come i gas, sono in gran parte spinti verso le regioni esterne, accumulandosi e rendendosi disponibili per la formazione dei giganti gassosi.

Un altro mondo alieno gassoso, dunque, con una massa più piccola di quella attesa, che si aggiunge ad altri già scoperti con analoghe caratteristiche. Una classe di pianeti meno rari di quanto si riteneva, e che proprio per questo potrebbe, secondo gli autori, mettere addirittura in crisi l’attuale teoria della formazione dei pianeti gassosi.

Che questi pianeti potessero essere più comuni di quel che si pensasse lo aveva già indicato un’analisi statistica condotta da un’altra squadra di astronomi, in un lavoro comprendente la stessa Bhattacharya, e pubblicato su The Astrophysical Journal Letters lo scorso mese. La scoperta fatta oggi potrebbe dunque essere una conferma di quell’analisi.

Rappresentazione artistica di un sistema planetario in formazione. Crediti: Pat Rawlings / Nasa

Ma perché la scoperta  di una tale massa per questo esopianeta – circa 39 masse terrestri, dicevamo – potrebbe mettere in crisi l’attuale teoria della formazione dei pianeti, quantomeno di quelli gassosi? «Un processo chiave della teoria di accrescimento dei pianeti è il cosiddetto accrescimento per gas in fuga», spiega Bennett. «Si pensa che i pianeti giganti inizino il loro processo di formazione raccogliendo prima nel loro nucleo una massa – pari a di circa 10 volte quella terrestre – di rocce e ghiaccio. A questo punto inizia un lento accumulo di idrogeno ed elio gassoso. Accumulo che andrà avanti fino a quando la massa non è raddoppiata, per poi procedere esponenzialmente. Il processo si interrompe quando il gas si esaurisce. Se questo gas si esaurisce prima che si concluda l’accrescimento», continua Bennet, «otteniamo pianeti simili a Nettuno, con masse di 10-20 masse terrestri: dei Giove mancati».

Questo processo di accrescimento per gas in fuga dal disco protoplanetario, così come descritto nel modello “core accretion” di formazione dei pianeti, prevede circa dieci volte meno pianeti giganti con massa come quella di Ogle-2012- Blg-0950Lb rispetto a quanti se ne vedono nei risultati ottenuti con il microlensing. Questo perché i pianeti giganti, raggiunta una massa di 39 volte quella della Terra, dovrebbero crescere rapidamente, formando corpi molto più massicci. Raramente la crescita si arresta a tale massa. Ecco il motivo per cui i pianeti comeOgle-2012- Blg-0950Lb dovrebbero essere rari. Tuttavia, la discrepanza tra valori attesi e quelli osservati in questo studio implica che la formazione dei giganti gassosi possa coinvolgere processi che sono stati trascurati dai modelli di “core accretion” esistenti – modelli che, nel caso, dovrebbero subire una revisione – oppure che l’ambiente di formazione dei pianeti vari considerevolmente in funzione della massa della stella ospite.

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