Ormai è trascorsa una settimana dall’ultimo contatto con uno fra i più grandi telescopi mai lanciati nello spazio: è dal 10 gennaio scorso, fa infatti sapere l’Astro Space Center del Lebedev Physical Institute, che i tecnici della compagnia aerospaziale russa Lavochkin non riescono a comunicare con il radiotelescopio spaziale RadioAstron – alias Spektr-R, un osservatorio per onde radio con un’antenna da 10 metri di diametro. Una settimana durante la quale i responsabili della missione hanno cercato in tutti i modi di ristabilire i contatti, fino a oggi senza successo. La speranza di riuscirci è tutt’altro che perduta, anche perché le parabole di Pushchino (in Russia) e del Green Bank (negli Usa) continuano a ricevere un segnale a 8.4 GHz proveniente dall’antenna ad alto guadagno da 1.5 metri a bordo del satellite – segno che l’alimentazione è presente. Ma il sistema non risponde più ai comandi.
La sua perdita rappresenterebbe un serio problema per la radioastronomia interferometrica, quella che si avvale della tecnica Vlbi (Very Long Baseline Interferometry): si tratta infatti di una modalità osservativa a due o più antenne nella quale, più le antenne sono distanti fra loro, migliore è la risoluzione che si riesce a ottenere. E RadioAstron, orbitando attorno alla Terra a distanze che arrivano fino a 360mila km, lavorando in tandem con i radiotelescopi terrestri offre la possibilità di ottenere una baseline di lunghezza senza rivali, spiega a Media Inaf il rappresentante italiano nel RadioAstron International Science Advisory Council, l’astrofisico dell’Inaf Ira di Bologna Gabriele Giovannini, al quale ci siamo rivolti per comprendere quale potrebbe essere l’impatto scientifico di un’interruzione forzata della missione.
Ecco, la missione: a che punto è, attualmente?
«RadioAstron lanciato il 18 luglio 2011, ha iniziato le prime osservazioni scientifiche nel 2012 (Early Science Program) seguite da regolari osservazioni. Al momento le osservazioni con il Vlbi spaziale riguardavano le proposte presentate alla AO-6 call (sesto anno di osservazioni) e a fine gennaio scade il termine per proposte osservative da effettuare nel 2019-2020 (AO-7)».
Proposte che, anche se approvate, con RadioAstron che continua a non rispondere rischiano di non poter avere alcun seguito. Dobbiamo darlo per perso?
«Malgrado gli attuali problemi di comunicazione che sta attraversando, la speranza è che sia possibile un recupero dei contatti tra terra e satellite, onde continuare il programma scientifico. RadioAstron ha lavorato a tempo pieno per un periodo maggiore del previsto, mostrandosi robusto e affidabile, da cui la speranza di continuare a utilizzarlo».
Ma perché fare radioastronomia dallo spazio? Le onde radio non vengono fermate dall’atmosfera terrestre: che vantaggio offre, dunque, l’impiego di un’antenna spaziale?
«La radioastronomia è ancora oggi la banda con la quale si possono ottenere le immagini e le osservazioni con la più alta risoluzione angolare. La risoluzione angolare si può ottenere aumentando la frequenza radio con cui si osserva (osservazioni quindi a oltre 100 GHz, nella banda millimetrica, con Alma e altre antenne terrestri: il cosiddetto Vlbi millimetrico) o aumentando la distanza fra le antenne, come viene fatto lanciando un’antenna nello spazio. Al momento, il record della più elevata risoluzione angolare appartiene a RadioAstron in coppia con la nostra antenna di Medicina, che con RadioAstron ha rivelato l’emissione di un megamaser nella galassia Ngc 4258 alla lunghezza d’onda di 1.3 cm. La distanza RadioAstron-Medicina era di 340mila km (26.7 volte il diametro della Terra), per cui l’osservazione ha una risoluzione di 8 microarcosecondi. Il record precedente, ottenuto con il Green Bank Radio Telescope e RadioAstron, era di 11 microarcosecondi».
Ci può fare qualche esempio di campi dell’astronomia nei quali siano richieste risoluzioni così spinte?
«Nei nuclei delle quasar 3C 273 e 3C 279 sono state trovate strutture compatte con diametri dell’ordine di 12 microarcosecondi: questi risultati sono di cruciale importanza per lo studio della fisica dei megamasers e dei nuclei delle quasar estremamente brillanti e compatti. Tra i progetti scientifici di RadioAstron, quello più impegnativo è stato senza dubbio la survey di 248 nuclei galattici attivi a 18, 6, e 1.3 cm e a distanze Terra-Spazio fino a 350mila km e risoluzione angolari fino a 11 microarcosecondi. Alcuni di questi nuclei mostrano una compattezza e luminosità superiore a quella fisicamente possibile dalle nostre attuali conoscenze, e richiedono quindi una più approfondita conoscenza delle proprietà dell’emissione radio nelle vicinanze dei buchi neri».
Cosa comporterebbe la rinuncia a RadioAstron, per voi scienziati?
«Un eventuale arresto delle osservazioni di Vlbi spaziali è sentito dalla comunità scientifica internazionale come una grave perdita, anche perché al momento non è prevista una sostituzione di RadioAstron: sostituzione alla quale le comunità europea e americana sarebbero fortemente interessate, ma si discute di progetti a lungo termine. Il Giappone rinunciò anni fa per motivi di costo al progetto Vsop-2, mentre la Cina ha riproposto, anche ultimamente, il progetto di 2 o 3 satelliti in orbita allo stesso tempo per avere un salto di qualità, ma ancora nulla di concreto si sta realizzando. La Russia sta procedendo allo sviluppo di Millimetron, l’antenna spaziale che verrà utilizzata sia per osservazioni come antenna singola che in modo Vlbi a lunghezze d’onda millimetriche. Anche in questo caso, però, data la complessità dell’esperimento – che comunque è finanziato e procede – si parla di previsioni a lungo termine».