Ecco qui a fianco, nel riquadro in alto, la prima immagine dell’area dell’asteroide Ryugo sulla quale si è calata la sonda giapponese Hayabusa2 giovedì scorso. Scattata a circa 25 metri dal suolo un minuto dopo il touchdown, dunque già in fase di risalita, è stata acquisita con lo strumento Onc-W1, la Optical Navigation Camera grandangolare a bordo della sonda.
Oltre all’ombra della stessa sonda, si possono notare due dettagli interessanti. Il primo è quel puntino bianco indicato dalla freccia: è il target marker, un piccolo riferimento artificiale (Hayabusa2 ne trasportava cinque) che viene posato sul suolo prima di ogni touchdown per facilitare la sonda durante la manovra di avvicinamento. Lo stesso target è mostrato anche nel pannello in basso a sinistra con una crocetta bianca. In questo secondo caso l’immagine è stata scattata prima del touchdown, e il cerchio viola evidenzia l’area pianificata per l’approdo e la raccolta dei campioni.
Ed è proprio confrontando la fotografia scattata prima (visibile più chiaramente in basso a destra, senza il cerchio viola sovraimposto) con quella scattata dopo il touchdown che emerge il secondo dettaglio degno di rilievo: la diversa colorazione del suolo. Differenza dovuta ovviamente al touchdown, osservano i responsabili della missione, anche se non è ancora certa l’esatta causa. L’ipotesi più probabile è che sia dovuta al materiale sollevato durante l’operazione – da parte dei propulsori di risalita, oppure a seguito dell’esplosione del proiettile di tantalio, o ancora per entrambe le ragioni.
In ogni caso, la diversa colorazione suggerisce che l’approdo sia avvenuto esattamente dove era stato programmato. E suggerisce anche che sia stato sollevato materiale dal suolo, dunque con buona probabilità un campione è stato effettivamente raccolto. Insomma, gli indizi disponibili sembrano proprio indicare che sia andato tutto per il meglio.