Il nostro pianeta è costantemente bombardato dai cosiddetti raggi cosmici, particelle energetiche provenienti dallo spazio. Ma a volte questo flusso di particelle risulta particolarmente forte: quando imperversa una tempesta solare.
Quando sono dirette verso la Terra, tali particelle vengono incanalate dal campo magnetico terrestre verso le aree polari, dove generalmente danno luogo al fenomeno spettacolare delle aurore polari ma, in alcuni casi, possono rappresentare un rischio per i sistemi satellitari di comunicazione, per il volo aereo alle latitudini più alte e per le reti elettriche. Due esempi notevoli di interruzione della distribuzione di energia elettrica a causa di tempeste solari hanno avuto luogo nel 1989 in Quebec, Canada, e nel 2003 a Malmö, in Svezia.
Se negli ultimi decenni gli strumenti degli scienziati hanno potuto osservarle direttamente e misurarne gli effetti, nei ghiacci polari sono conservate prove indirette di grandi tempeste solari avvenute in passato. Come quelle del 774/775 d.C. e del 993/994 d.C., che presentano livelli di intensità di gran lunga superiori a qualsiasi evento estremo di space weather registrato in epoca contemporanea – come dimostrava nel 2015 una ricerca (della quale abbiamo parlato su Media Inaf) guidata da ricercatori dell’Università di Lund, in Svezia, tra cui il professore di geologia Raimund Muscheler.
Lo stesso Muscheler ha ora progettato una nuova ricerca internazionale – i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences – che ha permesso di scoprire nelle “carote” di ghiaccio estratte in Groenlandia le tracce isotopiche di un’altra tempesta solare estremamente potente, questa volta risalente a 2610 anni fa: avvenuta, quindi, attorno all’anno 660 a.C.
«Se quella tempesta solare avvenisse oggi, potrebbe avere gravi conseguenze per la nostra società ad alta tecnologia», commenta Muscheler, sottolineando che, anche se tempeste solari di quella portata sono rare, la nuova scoperta dimostra che rappresentano comunque un effetto ricorrente dell’attività solare.
Un motivo, secondo il ricercatore, per incrementare i sistemi di protezione della nostra società contro le tempeste solari. La valutazione del rischio è attualmente basata in gran parte su osservazioni dirette fatte negli ultimi 70 anni, ma i tre grandi eventi del passato, di cui siamo ora a conoscenza, suggeriscono di rivalutare i rischi connessi.
«La nostra ricerca suggerisce che i rischi sono attualmente sottovalutati», conclude Muscheler. «Dobbiamo essere più preparati».
Per saperne di più:
- Leggi su Pnas “Multiradionuclide evidence for an extreme solar proton event around 2,610 B.P. (∼660 BC)”, di Paschal O’Harea, Florian Mekhaldia, Florian Adolphia, Grant Raisbeckc, Ala Aldahand, Emma Anderberga, Jürg Beere, Marcus Christlf, Simon Fahrnif, Hans-Arno Synalf, Junghun Parkg, Göran Possnerth, John Southoni, Edouard Bardj, ASTER Team e Raimund Muscheler