Le immagini scattate dall’Hubble Space Telescope hanno documentato, per la prima volta, la formazione di una grande macchia scura su Nettuno. Come la Grande macchia rossa di Giove, le grandi macchie scure di Nettuno sono tempeste che si formano in zone di alta pressione atmosferica, al contrario di quanto avviene sulla Terra, dove le tempeste si formano attorno alle aree di bassa pressione.
Nel corso degli anni, gli scienziati hanno visto un totale di sei macchie scure su Nettuno. La sonda Voyager 2 ha identificato due tempeste nel 1989 e Hubble, da quando è stato lanciato nel 1990, ne ha viste altre quattro.
In un nuovo studio, pubblicato oggi sulla rivista Geophysical Research Letters, sono riportati i risultati ottenuti analizzando le foto di Hubble del gigante di ghiaccio scattate negli ultimi anni, che mostrano la crescita di una nuova grande macchia scura, diventata visibile nel 2018. Studiando le nubi comparse due anni prima, in prossimità di dove poi si è venuta a formare la nuova grande macchia scura, i ricercatori hanno concluso che queste macchie si originano molto più in profondità nell’atmosfera di Nettuno di quanto si pensasse in precedenza.
Le immagini di Hubble hanno anche permesso di individuare con quale frequenza queste macchie scure si presentano e per quanto tempo persistono sul pianeta. Queste nuove scoperte non solo forniscono intuizioni sul funzionamento interno dei pianeti giganti di ghiaccio ancora poco conosciuti, ma hanno anche implicazioni per lo studio di pianeti extrasolari di dimensioni e composizione simili.
«Se studi gli esopianeti e vuoi capire come funzionano, devi prima capire come funzionano i nostri, di pianeti», dice Amy Simon, planetologa del Goddard Space Flight Center della Nasa a Greenbelt, nel Maryland, e prima autrice dell’articolo. «Abbiamo pochissime informazioni su Urano e Nettuno».
La storia delle macchie su Nettuno
Gli scienziati hanno visto per la prima volta una grande macchia scura su Nettuno nel 1989, quando la sonda Voyager 2 della Nasa volò oltre il misterioso pianeta blu. Mentre il satellite passava accanto al pianeta, immortalò due gigantesche tempeste che si stavano creando nell’emisfero sud, che soprannominarono The Great Dark Spot e Dark Spot 2. Solo cinque anni dopo, il telescopio spaziale Hubble scattò immagini di Nettuno dalle quali era evidente che sia la grande macchia scura, delle dimensioni della Terra, che la più piccola Dark Spot 2 erano scomparse. «È stata una sorpresa», ricorda Simon. «Eravamo abituati alla Grande macchia rossa di Giove, che presumibilmente sta lì da più di cento anni».
Una nuova grande macchia scura è apparsa su Nettuno nel 2018, quasi identica per dimensioni e forma a quella ripresa della sonda Voyager nel 1989. Simon e i suoi colleghi stavano analizzando le immagini di Hubble di una piccola macchia scura apparsa nel 2015, quando scoprirono piccole e luminose nuvole bianche nella regione in cui la grande macchia scura del 2018 sarebbe apparsa in seguito. «Eravamo così occupati a osservare la tempesta più piccola», racconta Simon, «che non ci aspettavamo assolutamente di vederne un’altra così grande».
Le nubi ad alta quota sono costituite da cristalli di metano ghiacciato, che conferiscono loro il caratteristico colore bianco brillante. Gli scienziati sospettano che queste nuvole di metano accompagnino le tempeste che formano le macchie scure, sospese sopra di loro come le nubi lenticolari che coprono le alte montagne sulla Terra.
La durata delle macchie
Simon – insieme a Michael Wong e Andrew Hsu, che lavorano a Berkeley, Università della California – ha tenuto d’occhio le nubi di metano dal 2016 al 2018, scoprendo che erano più brillanti nel 2016 e nel 2017, prima che la nuova grande macchia scura diventasse visibile.
I modelli computerizzati dell’atmosfera di Nettuno hanno dimostrato che più profonda è la tempesta, più luminose sono le nubi che l’accompagnano. Secondo il nuovo studio, il fatto che queste nubi bianche, apparse due anni prima della grande macchia scura, abbiano perso luminosità quando la macchia è diventata visibile suggerisce che le macchie scure possano originarsi molto più in profondità nell’atmosfera di Nettuno di quanto si pensasse in precedenza.
Simon, Wong e Hsu hanno anche utilizzato immagini del telescopio spaziale Hubble e del Voyager 2 per individuare la durata di queste tempeste e la frequenza con cui si verificano. In un secondo studio pubblicato sull’Astronomical Journal riportano il sospetto che su Nettuno si scatenino nuove tempeste ogni quattro o sei anni. Ogni tempesta può durare fino a sei anni, anche se, in base ai loro risultati, una durata di due anni sembra essere la più probabile.
Le nuove scoperte mostrano come le grandi macchie scure di Nettuno differiscano dalla Grande macchia rossa di Giove. La Grande macchia rossa è stata osservata dal 1830 e potrebbe avere fino a 350 anni. Le sottili correnti che scorrono su Giove sostengono la Grande macchia rossa e impediscono un cambio della sua latitudine: lei ruota attorno a Giove senza muoversi verso nord o verso sud. Ma i venti nettuniani operano in bande molto più ampie su tutto il pianeta, quindi tempeste come la grande macchia scura si muovono lentamente attraverso diverse latitudini. Queste tempeste si aggirano tipicamente tra le correnti equatoriali, verso ovest, e quelle che sfiorano le latitudini più alte, verso est, prima che i forti venti le distruggano.
I planetologi sperano di studiare i cambiamenti nella forma del vortice e della velocità del vento nelle tempeste che formano le macchie scure. «Non abbiamo mai misurato direttamente i venti all’interno dei vortici scuri di Nettuno, ma stimiamo che le velocità del vento siano vicine a 100 metri al secondo, abbastanza simili alle velocità del vento all’interno della Grande macchia rossa di Giove», ha affermato Wong, concludendo che osservazioni più frequenti da parte dell’Hubble Space Telescope aiuteranno ad avere un’immagine più chiara di come evolvono i sistemi di tempeste su Nettuno.
Per saperne di più:
- Leggi su Geophysical Research Letters l’articolo “Formation of a new Great Dark Spot on Neptune in 2018” di Amy A. Simon, Michael H. Wong, Andrew I. Hsu