La missione dedicata a Saturno e al suo sistema di lune è terminata già da un anno e mezzo (il 15 settembre 2017), ma i dati scientifici raccolti dalla sonda Cassini (Nasa/Esa/Asi) prima del Grand Finale, ovvero il suo fatale tuffo nell’atmosfera del pianeta gigante, sono ancora in fase di analisi da parte degli scienziati. Qualche mese prima dell’ultima, estrema e pericolosa manovra, la sonda ha effettuato sei passaggi ravvicinati attorno alle piccole lune Pan, Dafni, Atlante, Pandora ed Epimeteo, finora mai osservate con sufficiente dettaglio. In un articolo pubblicato sulla rivista Science, un gruppo di 35 ricercatori guidati da Bonnie Buratti del Jpl (Nasa) ha pubblicato i dati relativi a morfologia, struttura, ambiente e composizione di questi satelliti naturali, nonché le immagini nell’ultravioletto e nell’infrarosso termico. Allo studio hanno partecipato anche Gianrico Filacchione e Mauro Ciarniello dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) di Roma.
Sono emersi nuovi interessanti dettagli sulle cinque minuscole lune annidate tra e vicino gli anelli di Saturno. Le superfici di questi insoliti satelliti sono ricoperte da materiale proveniente dagli stessi anelli del pianeta e dalle particelle ghiacciate che fuoriescono da una delle lune più grandi del sesto pianeta del Sistema solare, Encelado. La porosità emersa dalle osservazioni aiuta anche a spiegare la loro forma: piuttosto che essere sferiche, le lune sono simili a dei grandi ravioli, con del materiale eccedente attaccato ai loro equatori.
«Gli audaci sorvoli attorno a queste strane e piccole lune», dice Buratti, «ci permettono di osservare come interagiscono con gli anelli di Saturno. Abbiamo scoperto che queste lune stanno raccogliendo particelle di ghiaccio e polvere dagli anelli per formare le piccole conformazioni a “gonna” attorno ai loro equatori. Un corpo più denso sarebbe più simile a una palla perché la gravità ne modellerebbe il materiale».
I risultati sono stati ottenuti tra dicembre 2016 e aprile 2017, durante la fase cosiddetta “ring-grazing” (cioè le 20 orbite vicine al bordo esterno degli anelli). «Alcune di queste lune, come Pan e Dafni, che orbitano nelle zone vuote (le cosiddette gap) dell’anello A e Atlante subito al di fuori di esso, mostrano forme peculiari», spiega Filacchione, «con un nucleo irregolare centrale e una cintura di accrescimento lungo il piano equatoriale dove le particelle sottratte dai vicini anelli si accumulano preferenzialmente. Il resto delle loro superfici appare relativamente liscio, con pochi e piccoli crateri da impatto mentre estese fratture e scarpate testimoniano gli effetti delle accelerazioni mareali causate dal campo gravitazionale di Saturno su questi corpi irregolari con il conseguente riposizionamento del materiale accumulato nelle cinture equatoriali».
Durante questa breve ma intensa campagna osservativa, la sonda Cassini si è dedicata anche a Pandora, uno dei satelliti “pastore” dell’anello F, e a Epimeteo, co-orbitante con Giano. «Grazie all’elevata risoluzione (fino a 36 metri per pixel) delle immagini raccolte», prosegue Filacchione, «le superfici di queste due lune mostrano numerosi crateri di impatto. In genere tutti questi corpi hanno delle densità molto basse, tra i circa 300 e 500 chilogrammi per metro cubo, che le rende quindi molto porose e poco compatte». Come paragone, la densità dell’acqua sulla Terra è di 1000 chilogrammi per metro cubo.
Molti dei dati sono stati raccolti con lo spettrometro Vims (Visual and Infrared Mapping Spectrometer) per il quale l’Italia ha fornito il canale visibile, grazie al quale è stato possibile misurare le proprietà spettrali di queste lune confrontandole con quelle delle particelle dei vicini anelli. Per la prima volta nella sua lunga carriera, Cassini si è trovato abbastanza vicino alla luna Pan da poterne creare una mappa spettrale della superficie. Vims ha inoltre visto che le lune più vicine a Saturno si mostrano con un forte colore arrossato, simile al colore degli anelli principali. Gli scienziati non conoscono ancora l’esatta composizione di questo materiale rosso, ma credono che sia probabilmente un mix di materiale organico, composti ferrosi e silicati. Le lune appena fuori dagli anelli principali, d’altra parte, appaiono più blu, simili al colore dei pennacchi ghiacciati di Encelado.
«Tra le lune investigate nell’articolo, Pan, che orbita nella Encke gap dell’anello A, è quella con il colore più simile agli anelli», osserva Ciarniello, «visto che la sua superficie riceve un flusso continuo di pulviscolo sottratto dai bordi della gap stessa. I satelliti interni all’anello A appaiono relativamente rossi, a indicare la presenza di cromofori (come materiale organico e particelle microscopiche di ferro) frammisti al ghiaccio d’acqua. Al contrario, le lune più vicine ad Encelado, come Epimeteo, appaiono meno arrossate essendo le loro superfici soggette maggiormente al flusso di particelle di ghiaccio dell’anello E rilasciate dai plumes di Encelado».
I sei voli ravvicinati hanno impegnato tutti gli strumenti che studiano lo spettro elettromagnetico, lavorando in sinergia con gli strumenti che hanno esaminato la polvere, il plasma e i campi magnetici. L’articolo di Science sembra confermare l’enorme potenziale scientifico degli anelli di Saturno, un laboratorio unico all’interno del Sistema solare. «Essi si sono probabilmente formati in tempi recenti dalla distruzione di una piccola luna, ma al tempo stesso le loro particelle sono soggette a continui processi di aggregazione e disgregazione che hanno portato alla formazione di piccoli corpi dalle forme peculiari, embrioni in accrescimento destinati alla formazione di nuovi satelliti», conclude Ciarniello.
«L’articolo in uscita oggi rappresenta solo l’ultimo reso possibile dai dati della Cassini. Questa straordinaria missione, frutto degli sforzi congiunti di Nasa, Esa e Agenzia spaziale italiana (Asi), ha rivoluzionato la nostra comprensione del sistema di Saturno su ogni possibile aspetto, dalla struttura interna del pianeta ai fenomeni unici delle sue lune, fra le quali ricordiamo i geyser di Encelado e i laghi di Titano», dice Christina Plainaki, Asi scientist per il progetto Cassini. «Questo studio interdisciplinare sui satelliti minori di Saturno dimostra quanto sia importante capire in dettaglio il ruolo dell’ambiente spaziale in vicinanza dei satelliti minori di Saturno per comprendere le caratteristiche delle loro superfici. In particolare, il fatto che gli anelli siano contaminati da particelle di ghiaccio o di vapore di acqua, supporta lo scenario di una loro formazione recente, come già indicato da un altro recente studio Cassini a guida italiana (Iess et al., Science, 2019). In vista di future missioni ai sistemi dei pianeti giganti è necessario caratterizzare il più possibile l’interazione delle particelle e dell’ambiente magnetosferico con i satelliti, cioè le condizioni del cosiddetto planetary space weather».
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “Close Cassini Flybys of Saturn’s Ring Moons Pan, Daphnis, Atlas, Pandora, and Epimetheus”, di B. J. Buratti et al.