Quasi come l’eroe di una saga fantasy, il “falco pellegrino” Hayabusa-2 – la sonda giapponese che sta esplorando l’asteroide Ryugu – ha estratto stanotte un altro oggetto “magico” dal suo arsenale. In asciutto termine tecnico viene definito Small Carry-on Impactor (Sci), una sorta di cartuccia auto-innescante, con un proiettile da due chilogrammi di rame. Questo proiettile, definito liner, è stato progettato per impattare sulla superficie dell’asteroide a una velocità superiore ai 7mila chilometri all’ora, non molto inferiore a quella a cui avviene lo scontro tra asteroidi nello spazio.
L’impatto dovrebbe scavare sull’asteroide Ryugu un cratere artificiale, sul fondo del quale la sonda Hayabusa-2 andrà poi a prelevare un campione di terreno, in maniera simile a quanto già fatto sulla superficie solo un mese fa.
Per avere la conferma definitiva che tutto è andato come previsto bisognerà aspettare qualche giorno, quando saranno arrivate al centro di controllo e saranno state valutate dai tecnici della missione tutte le riprese effettuate dalla Dcam3, una sorta di action-cam che la navicella Haybusa-2 ha lasciato come testimone dell’impatto, prima di andarsi a nascondere dietro l’asteroide.
Dopo avere rilasciato lo Small Carry-on Impactor, la navicella Hayabusa-2 correva infatti il rischio di essere investita da eventuali frammenti dell’esplosione a mezzaria che ha lanciato il proiettile di rame verso l’asteroide, nonché da polveri sollevate nell’impatto del liner con la superficie.
Per questo motivo, dopo aver sganciato l’impattore Hayabusa-2 ha compiuto una manovra evasiva, per poi ricollocarsi a fine operazioni in “casa base”, la Home Position a 20 chilometri di distanza dall’asteroide.
«Da quanto si sa, tutte le operazioni sono andate secondo quanto programmato e lo spacecraft si è messo in una posizione di sicurezza», conferma a Media Inaf Ernesto Palomba dell’Inaf Iaps di Roma, membro del team di Hayabusa-2, che sta seguendo in diretta l’evolversi dell’esperimento. «Sul fatto che il proiettile abbia generato un cratere o meno c’è ancora un po’ incertezza, prima di avere pronte tutte le immagini della Dcam3 ci vorrà qualche giorno».
Lo scopo dell’operazione è di analizzare il materiale “fresco” sotto la superficie, rimasto quasi immutato dai tempi della creazione del Sistema solare, mentre lo strato più esterno dell’asteroide veniva trasformato da agenti esterni, come raggi cosmici e micrometeoriti.
«Dal punto di visto scientifico ora avverrano due cose», spiega Palomba. «Prima sarà fatta un’analisi del cratere, di questa zona che sarà stata scavata dal proiettile, per cercare di capire la differenza con quello che c’era in precedenza, per verificare sotto la superficie dell’asteroide come si è conservato il materiale, che sarà sicuramente originario e sarà quello che ha avuto meno interazioni con lo spazio. Quindi si procederà a una nuova fase di avvicinamento della sonda, che farà esattamente lo stesso tipo di operazione di campionamento già eseguita qualche settimana fa, raccogliendo alcuni granelli di polvere attraverso una sorta di imbuto. Seguirà un’ulteriore fase in cui Hayabusa-2 resterà a studiare l’asteroide per poi ripartire verso la Terra e riportare a casa i campioni fra circa un anno e mezzo».
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