Allacciatevi le cinture, stiamo per atterrare sulla Luna. Con questo titolo aveva avuto inizio la diretta su YouTube della fase finale di approdo della navicella spaziale israeliana Beresheet sulla Luna. Ma le cinture non sono bastate: dopo quasi due mesi di navigazione, proprio durante gli ultimissimi minuti della fase di discesa, a pochi km dalla superficie del nostro satellite naturale – come una rete subita al novantesimo – qualcosa è andato storto.
“Pare che ci sia un problema al motore principale”, si sente dire dal commentatore al minuto 36:24 della diretta YouTube. Il problema, stando agli indicatori, è che il motore non va. I responsabili della missione decidono a questo punto di tentare una manovra disperata: un reset completo di Beresheet per riavviare il motore. Per un istante il miracolo sembra avverarsi: le spie si accendono, scatta l’applauso. Ma dura meno di un secondo: subito le luci tornano grigie. “No, no”, si sente, mentre l’applauso ancora deve smorzarsi.
La persistenza del problema la si intuisce osservando la brusca impennata nella velocità verticale di discesa del modulo, passata dai 25 metri al secondo prima che si interrompesse la telemetria – quando la sonda era ancora a 13 km di distanza dal suolo – ai 60, poi 70 e infine oltre i 100 metri al secondo. La telemetria si interrompe definitivamente quando la navicella è a 149 metri dal suolo.
È la fine del sogno di Israele di posarsi sulla Luna. Per ora. Un grande sogno per un piccolo paese che ambiva a diventare il quarto – dopo l’ex Unione sovietica, gli Usa e la Cina – a posare un proprio lander sulla Luna. Soprattutto, un grande sogno per un minuscolo budget: la cifra investita nell’impresa – 100 milioni di dollari di costo complessivo, versati quasi interamente da privati – era forse troppo ridotta rispetto all’ambizioso obiettivo. Ma essere arrivati così vicini alla meta significa che non è un sogno impossibile: superata la delusione iniziale, Israele potrà riprovarci. Comunque è entrato a far parte del ridotto club di paesi che sono riusciti a entrare in orbita lunare. E insieme al dispiacere, insieme alle congratulazioni – a partire da quelle del capo della Nasa Jim Bridenstine – per esserci arrivati a un soffio, è già giunto anche un primo segnale concreto di incoraggiamento a riprovarci: il presidente della X Prize Foundation, Peter Diamandis, ha infatti annunciato con un tweet che SpaceIL riceverà in ogni caso il milione di dollari del Moonshot Award per continuare a lavorare su Beresheet 2.0.
Don’t stop believing! We came close but unfortunately didn’t succeed with the landing process. More updates to follow.#SpaceIL #Beresheet pic.twitter.com/QnLAwEdKRv
— Israel To The Moon (@TeamSpaceIL) April 11, 2019